Prologo
Nipotini del secolo ventuno
che siete nati
col telefonino,
col computer (a
volte anche più d'uno),
lo schermo
piatto come un tramezzino,
che non sapete
più cos'è la guerra
e non la
combattete inutilmente,
voi che vivete
sopra questa Terra
in pace ed
armonia con l'altra gente,
un giorno,
quando voi ritroverete
in un cassetto
vecchio e polveroso
e, chi lo sa? magari leggerete
questo poema lungo
e un po' palloso,
vi direte:
"Però, quest'antenato…
aveva visto giusto
nel futuro.
Magari, a dirla in versi, era… suonato,
ma ci vedeva
chiaro di sicuro!".
Questo poema è come un rompicapo:
ogni
"canto" è una tessera a sé stante,
solo alla fine ne
verrete a capo,
ma ci vuole
pazienza - sono tante.
Ed alla fine ne
verrà un racconto,
un racconto un
po' triste, v'assicuro,
una specie di
strano resoconto
per voi, cari
nipoti del futuro,
di come i
vostri nonni hanno ridotto
la Vita sulla
Terra in fin di vita.
Sapevano di fare un gran casotto,
però non hanno
mosso quelle dita.
Ma per fortuna
poi, voi nipotini,
le maniche vi
siete rimboccati
salvando tutto in
"zona Cesarini",
mandando… gli
accidenti agli antenati.
E quando leggerete questi versi,
maledicendo
quelli del passato,
per esser stati
stupidi e perversi,
allora, questo
nonno, un po'… picchiato
vi guarderà dal
fondo dell'Inferno,
oppure da lassù,
dal Paradiso,
(dovunque l'abbia messo il Padreterno)
e gli verrà da
dir, con un sorriso,
con un sorriso
stretto un po' tra i denti,
a quelli della
sua generazione:
"NOI siamo stati
proprio deficienti,
ma LORO
hanno imparato la lezione!"
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