Dr.
Pandora
La
strada per l'inferno è già spianata,
a percorrerla
non ci vuole niente
e c'è il detto
ch'è pure lastricata
con le buone
intenzioni della gente.
La
Scienza, ce lo dicono assai spesso,
è fatta di
successi e di errori.
I
primi sono il cibo del progresso,
mentre i secondi
sono i suoi… dolori.
Purtroppo,
della Storia del Progresso
ci ricordiamo
solo le vittorie,
è bene quindi raccontarvi adesso
d'un paio di
sconfitte. Ecco le storie:
La
prima storia ordunque, cari miei,
(non so se fu
d'agosto, o a mezzo aprile,
ma certamente
nel cinquantasei),
ci porta in
Sudamerica, in Brasile,
dove facevan certi esperimenti
per migliorar la
qualità del miele
e far gli
apicoltori più contenti.
Giocavano
con questo e quell'allele
creando specie d'api
più consone
al clima caldo
ed umido locale,
'ché l'ape allora usata in quelle zone
a questo clima
s'adattava male.
Qualche
secolo prima lì portata,
quest'ape, la mellifera
ligustica,
veniva dall'Italia
dov'è usata
(salvo
Sicilia occidentale ed Ustica).
Il
dottor Kerr (di origini scozzesi)
di fare un nuovo
ibrido tentò
incrociandola per
alcuni mesi
con l'ape che
dall'Africa portò:
la sottospecie
detta scutellata
ch'è più piccola
e meno produttiva,
ma al clima
tropicale più adattata,
però, purtroppo è
pure più cattiva
e difende la
casa con ardore
quando sente che c'è
qualche minaccia,
se infatti un
animale predatore
s'avvicina
durante la sua caccia
vicino a casa, l'ape
scutellata
gli impedisce
d'andare a far man bassa,
suona l'allarme,
chiama l'adunata,
e tutto
l'alveare attacca in massa.
Un
secondo difetto (a quanto pare
grosso difetto per
gli apicoltori)
è che quest'ape
ama traslocare
non soltanto per scarsità
di fiori.
Il
dottore incrociò la scutellata
e l'Italiana:
un ibrido… mulatto
chiamato l'ape
africanizzata,
ma, Dio ci
scampi, cosa aveva fatto!
Fu
forse colpa d'un apicoltore
il quale, stanco
un po' di lavorare,
fece purtroppo un
madornale errore:
si sbagliò
nell'aprire un alveare
e ventisei
regine liberò.
Quel
che seguì, la triste conseguenza
di cui
-ovviamente in versi - parlerò
è un capitolo
triste della scienza.
L'ibrido
nuovo aveva ancor, purtroppo,
le due
caratteristiche africane:
la cattiveria ed
il migrare troppo
-
come ho detto - non solo per il pane.
La
giovane regina appena eletta
quando sente
nell'aria odor di pioggia
"Governo ladro! -
dice alla mammetta -
Siamo già in troppe, quindi adesso… sloggia!"
Con
questo vizio che le api hanno
di mettersi
spessissimo a sciamare
potete figurarvi che
in un anno
ben lontano ti
possono arrivare
ed infatti in
due lustri (il sessantotto)
già ballavan la samba per Bahìa,
passata l'Amazzonia
poi di botto
in vent'anni a Caràcas (mamma mia!).
A
questo punto, negli Stati Uniti
pensaron di
fermarle sul canale,
ma a causa degli
sforzi poco uniti,
il tentativo
andò a finire male.
Proprio
nell'anno che laggiù in Iràq
Israele
il reattore bombardò
a
Panama successe il patatrac
e l'ape in Nordamerica sfondò.
Attraversando
il Messico veloce
s'affacciò sulle
sponde del Rio Grande
e nel novanta
lo passò alla foce
sorprendendo i
Texani in… mutande.
Alamo cadde la
seconda volta,
ma proprio al
triste suono del "Deguello"
la storia prese
invece un'altra svolta,
e
all'America andò stavolta… mejo:
I
Texani non fecero un bel niente,
ma forse senza
un'ape Santa Anna
a comandarla,
improvvisamente
s'arrestò quell'apicola fiumana.
Di
fatto, è molto chiara la ragione:
al clima tropicale
era adattata,
e nel suo volo
verso settentrione
era giunta alla
zona temperata
che non gradiva
(senza un'altra scusa),
infatti nella pampa
argentina
non c'era andata,
né s'era diffusa,
benché fosse al
Brasile più vicina.
Siam
giunti adesso alla seconda storia,
la cui sintesi è
presto detta e fatta:
come avvenne che
il gran Lago Vittoria
si potrebbe
chiamar Lago Disfatta.
Il Vittoria è un
gran lago circolare
tra la Tanzania,
il Kenia, e l'Uganda.
è vasto, e dentro ci potrebbe stare
nientemeno che l'isola
d'Irlanda.
Visto
dall'alto, o sopra un mappamondo,
sembra che sia
sospeso come a un filo:
dal Vittoria,
benché poco profondo,
nasce infatti il
famoso e lungo Nilo.
Quando
gli Inglesi, con gli esploratori,
lo raggiunsero
verso l'800
c'erano là
soltanto pescatori
che vivevan mangiando poco e a stento,
catturando con reti
primitive
dei pesciolini
che in codesti lidi
nuotano lì nei pressi
delle rive:
i cíclidi (è un errore dir ciclídi).
Queste
specie piuttosto magroline
che vivono
nuotando in mezzo ai sassi
danno ai nativi un
po' di proteine
(la carne), ma contengon pochi grassi.
I
cíclidi, benché un po' "deperiti",
pieni d'ossa e
piuttosto mingherlini,
si cibano di
alghe e di detriti,
e fanno le
funzioni di spazzini,
come una sorta
di "Nettezza Urbana "
che mantiene
quell'acqua assai pulita,
e quindi
certamente pure sana,
e adatta a
favorire lì la vita.
Ma proseguiamo
questa triste storia.
Dell'Europa
"civile" ogni nazione
s'accaparrò un
bel pezzo del Vittoria,
chiamando il furto
"Colonizzazione".
L'Inghilterra
andò in Kenia ed in
Uganda,
mentre invece
l'Impero di Germania
s'insediava nei
pressi (in Ruanda)
e in Tanganika,
detta poi Tanzania.
In
seguito, però, il Ruanda-Urundi,
dove scorron Kagèra e Ruvubù
(gli immissari del
lago, e quindi oriundi
dalle Fonti del
Nilo), non fu più
dei Tedeschi,
perché, persa la guerra,
al Belgio lo
dovettero passare.
(mi domando, in
quell'angolo di terra
che cacchio il
Belgio ci venisse a fare…).
Dato
che a voi non ve ne frega niente,
a che pro qui
vi faccio 'sto riassunto
di Storia e
Geografia del continente?
Pensate
giusto, quindi vengo al punto:
l'esposizione
fatta sopra, orbene,
ci servirà più
avanti per capire
da dove l'acqua
del Vittoria viene
e dove questa
storia… va a finire.
L'Europa
portò in Africa il progresso
sotto
forma di gran coltivazioni
e, come accadde
in altri siti spesso,
anche in quel luogo
tutte le nazioni
pensavano soltanto ai
profitti:
lo zucchero, il
caffè, più qualche spezia
coltivati dai negri
derelitti
e pagati assai cari
dalla… Svezia.
E
per far posto alla coltivazione
usarono il sistema
noto a tutti,
chiamato oggi
deforestazione:
tagliar le piante che
non danno frutti,
sostituendo i
campi alla foresta.
Per poter fare tutti
quei lavori
e far fronte all'aumento
di richiesta
non bastavano
pochi pescatori,
e i coloni
portarono sul posto,
gente dalle colonie
più lontane,
agricoltori,
sempre a basso costo:
un pugno di
manioca e un po' di pane.
Ma questo non
bastò, dacché fin fine
il servo, per
poter ben lavorare,
deve mangiare pure
proteine:
o carne o pesce
tu gli devi dare.
E
per dar da mangiare a quella gente
immisero (così narra
la storia)
un pesce grosso,
grasso e più nutriente
nelle acque del
gran Lago Vittoria:
il Persico del
Nilo, l'Anatema
che sconvolse,
facendo immani danni,
il molto
delicato Ecosistema
che sussisteva da
migliaia d'anni.
Il
Persico è un carnivoro e, introdotto
nel Vittoria,
mangiò quei pesciolini
e il numero a
tal punto fu ridotto
che il lago restò
a corto di spazzini.
E
non c'era momento più sbagliato,
'ché le nuove colture di quei siti
avevan di
gran lunga aumentato
nell'acqua la
presenza di detriti.
Inoltre
– e questo è proprio il paradosso –
il Persico,
mangiando quei pescetti,
crebbe e divenne un
pesce tanto grosso
(duecento
kili, non un paio d'etti),
al
punto che dai poveri nativi
non si faceva
certo catturare
coi loro mezzi
troppo primitivi,
anche perché
nuotava in… alto mare.
Altro
che reti! ci volevan cavi!
Degli
uomini d'affari intraprendenti,
che avevano nel
lago alcune navi,
di fare soldi
furono contenti,
sfruttando l'immancabile
occasione,
presentatasi lì
per caso, in fondo,
e le carne di
Persico - il pescione -
vendettero da allora a
mezzo mondo.
Ma non finisce
qui la nostra storia.
Ci
si misero i Belgi a completare
la Disfatta del
gran Lago Vittoria.
Sono
trascorsi, voglio ricordare,
già duecent'anni
circa, guarda un po',
dalla battaglia in
cui Napoleone,
in Belgio, fu
sconfitto a Waterlo,
ma l'Uomo non
impara la lezione
che quella che
sembrava una vittoria
fu alla fine
sconfitta dei Francesi
(non appresero
nulla dalla Storia
stavolta proprio i
vincitori Inglesi,
che avevan le colonie attorno al lago).
E
da chi fu il grandioso lago vinto?
Da
un fiore d'acqua, bello, viola e vago,
che risponde al
bel nome di Giacinto.
Il
fiore fu portato dal Brasile
(forse
in cambio dell'ape scutellata?)
perché è un bel
fiore, con parecchio stile,
e - proprio
come l'ape ricordata -
l'intenzione era
buona: solamente
sfruttare la bellezza
di quel fiore
per abbellir la
casa a un possidente
d'origini
fiamminghe, e dar colore
alla villa d'un
Belga, nel Ruanda.
Ma finì nelle
acque del Kagèra
e si gettò nel
lago in Uganda,
propagandosi poi
in cotal maniera
da coprirlo,
causando addirittura
un grande intralcio
alla navigazione.
Vuoi
veder che stavolta la Natura
all'Uomo volle
dare una lezione?
Ripensando
di nuovo al Vittoria
all'ape, al pesce
persico e al giacinto,
da dove cominciò
tutta la storia?
Soltanto
da una cosa, son convinto:
la voglia umana
detta Sfruttamento.
Ma c'è tanto da
dir su questo tema,
per cui
dedicheremo all'argomento
una cantica
intera del poema.
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