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La Bibbia tra le righe

 

Alcuni passi del Vecchio e del Nuovo Testamento

riletti e descritti in visione laica e personale

da NON prendere assolutamente sul serio

 

 

1.     Gli Hittiti, questi sconosciuti

2.     Gli Hyksos, questi fantasmi

3.     I Profughi Palestinesi del Passato

4.     I Dieci Comandamenti (riveduti e corretti)

5.     5000 anni di Geografia

6.     L’Unto del Signore

7.     Ufomiracoli

8.     Vietato mangiare i gamberetti!

9.     Tappando i buchi della Storia

10. La Morale (relativa) della favola

11. Il Giorno del Giudizio

12. Il Big Bang Biblico (BBB)


 

1. Gli Hittiti[1], questi sconosciuti

 

La Mezzaluna Fertile segna quella zona del Medio Oriente dove, secondo la tradizione storica, si svilupparono, a partire circa dal terzo millennio A.C., le più grandi civiltà del Mondo Antico. Le due punte della mezzaluna sono rappresentate, l’una dalla valle del Nilo, l’altra dalla Mesopotamia. La parte interna della falce (la lama) segna il confine con il deserto di Arabia, mentre la “gobba”, non ben definita, sfiora l’Anatolia. Egiziani, Sumeri, Assiri, Babilonesi e Fenici occuparono il Medio Oriente  contemporaneamente od a turno, creando città-stato e grandi imperi, inventarono varie forme di scrittura, con le quali ci tramandarono la loro scienza, la loro religione e la loro storia. Nella Mezzaluna Fertile troviamo anche Popoli Minori, uno dei quali, avendo avuto la fortuna (o la jella) di giungere fino a noi, ci ha tramandato la sua storia, magari un po’ romanzata, a partire dalla seconda metà del secondo millennio A.C.: il Popolo Ebraico.

La Bibbia, oltre ad essere un libro di leggi e di costumi, è anche il libro storico di un insignificante cratere della Mezzaluna Fertile. Vale quindi la pena di ridare un occhiata ad acuni passi delle Sacre Scritture, per scoprire che, anche in passato, i grandi scrittori di Storia, questa storia ce la tramandarono un po’ come piaceva a loro.

Gli Egiziani, per esempio, erano specialisti nell’arte di “accomodare” gli avvenimenti come faceva comodo a loro. Anche ai loro tempi i fatti incresciosi venivano censurati a dovere e, purtroppo per i posteri, cessarono di far parte della Storia. In questo contesto la Bibbia può far luce su alcune cosette lasciate in bianco da quegli scribi scrupolosissimi (per tutto quello che faceva comodo a loro).

Uno degli episodi più incresciosi della storia egiziana è quello della battaglia di Kadesh (nell’odierna Siria), nella quale il famoso Ramses II (che poi sarebbe il Faraone che litigò con Mosè), rischiò di prendere una sonora batosta dal re degli Hittiti. Gli Egiziani, penetrati baldanzosamente in Palestina (mentre i figli di Israele se la giravano nel deserto del Sinai, per evitare rogne), tentarono di stabilire la loro supremazia sulla costa orientale del Mediterraneo e si scontrarono con un nemico che la guerra la sapeva fare altrettanto bene: I Figli di Het, ovverosia gli Hittiti.

Gli scribi egiziani tramandarono il racconto di una grande vittoria, in cui Ramses II in persona aveva dato una dura lezione al nemico, ma i veri fatti storici ci dicono che l’esercito Egiziano fu attratto in un imboscata e riuscì a salvarsi a stento, grazie al valore di qualche eroico centurione. Il Faraone imparò la lezione: I Turchi è meglio lasciarli stare. Eh sì, perché gli Hittiti, Turchi erano.

I figli di Het avevano la loro base già da diversi secoli nella zona centrale dell’Anatolia, proprio nella ‘gobba’ della Mezzaluna Fertile. Evidentemente non ci tenevano troppo a conquistare i popoli vicini, anzi preferivano mantenere buone e corrette relazioni di vicinato. Erano, insomma un popolo di commercianti, piuttosto che di generali? La verità è che non lo sappiamo. A quanto pare la Storia la scrivono solo i Generali, oppure gli Hittiti erano gente poco loquace. Di loro si sa ben poco: Gli Egiziani ne parlarono male, se ne parlarono affatto, ma noi sappiamo che almeno con i residenti della Palestina erano in buonissimi rapporti, non di conquistatore-conquistato, ma piuttosto di minoranza residente e ben accetta. Gente di buona volontà, che sparì dalla storia forse per essere stata ‘troppo tenera’. In Inglese li chiamerebbero Losers.

 

Apriamo la Bibbia al Libro della Genesi, capitolo 23.

 

Un grosso allevatore nomade di origini curde (si fa per dire: proveniva dalla Mesopotamia settentrionale) è rimasto vedovo. Siccome non ha terreni di sua proprietà, decide di comprarne uno, per farne la tomba di famiglia.

L’allevatore si rivolge al proprietario delle terre circostanti, uno Hittita di nome Efron, e gli chiede di vendergli una grotta ed il campo circostante.

Secondo i buoni costumi dell’epoca (era buona educazione prima fare le cerimonie e poi parlare di soldi) Efron fa i complimenti: “Ma ci mancherebbe pure! Per seppellire tua moglie il campo te lo regalo. Condoglianze!”.

Abramo insiste ed Efron “accetta” i quattrocento sicli.

 

Il passo biblico ha molta importanza nella tradizione ebraica, perché dimostra che il patriarca aquistò legalmente, a Hebron, il primo pezzo di terra di quello che sarà, millenni dopo, lo Stato di Israele, ma a noi interessa solo notare che il proprietario era uno Hittita.

 

Apriamo la Bibbia molti secoli dopo, al capitolo 11 del Libro Secondo di Samuele.

 

I discendenti di Abramo sono scesi in Egitto, ne sono usciti, hanno conquistato la Palestina ed hanno fondato un regno. Il re è un roscio privo di scrupoli, in un certo senso un ‘winner’. Prima di arrivare a sedersi sul trono ne ha fatte di tutti i colori. Anche adesso che ha il Potere e la Popolarità, non conosce limiti. Una bella sera se ne va alla finestra della reggia e chi ti vede? Un bel tocco di ragazza che si fa il bagno in piscina (la Bibbia non ce lo dice, ma probabilmente il bagno lo faceva senza il bikini).

Il re si informa. Gli suggeriscono di scordarsela, perché è sposata. Con un mercenario al soldo del suo esercito, un certo Uria lo Hittita.

Il Re Davide non sente ragioni: “Sono il Re e faccio quello che mi pare!”. Se la prende lo stesso, la mette incinta e, per far tacere lo scandalo, la fa diventare vedova. Uria lo Hittita è abbandonato nel pieno di una battaglia dai suoi commilitoni, per ordine del re, e ci lascia la pelle.

 

Stando ai libri di Storia, a quel tempo (900 A.C.) si combatteva, un po’ più in su, la Guerra di Troia. Gli Hittiti sarebbero già dovuti sparire dalla cartina, conquistati dai “Popoli del Mare”, cioè dagli Achei… Ma allora cosa ci faceva uno Hittita a Gerusalemme?


2. Gli Hyksos, questi fantasmi.

 

La Storia ci racconta che più o meno attorno al 1650 A.C. (XVI Dinastia) il Delta del Nilo fu conquistato da un popolo nomade, proveniente da Est: I Re Pastori, ovverosia gli Hyksos. Un paio di secoli dopo (XVIII Dinastia), però, gli Egiziani buttarono fuori gli invasori, riprendendo le redini del potere in terra loro. Le date sopracitate sono molto insicure: alcuni libri allungano la supremazia Hyksos in Egitto fino a quattrocento anni, facendoli arrivare prima. Degli Hyksos sappiamo, purtroppo, molto poco, perché gli unici a parlarne sono, ovviamente, proprio quegli Egiziani che certamente non li amavano troppo, e che sicuramente si curarono, con la loro notoria scrupolosità, di farne sparire le tracce, nei limiti del possibile. Quello che sappiamo degli Hyksos, dunque, è solo che erano ottimi guerrieri. Possedevano, infatti la ‘cavalleria pesante’, paragonabile ai moderni carri armati. Gli Hyksos erano sicuramente di origini Semitiche e provenivano da Est. Il resto è rimasto un mistero, perché questo popolo non ci lasciò per iscritto la sua storia precendente all’invasione (oppure gli Egiziani ne bruciarono i papiri) né si sa dove siano andati a finire dopo essere stati buttati fuori dalla Terra delle Piramidi. Insomma gli Hyksos sono i fantasmi del Medio Oriente Antico.

 

Facciamo qualche considerazione che sicuramente farà accapponare la pelle agli Storici seri: La Storia, quando non ci può portare fatti concreti, ci fornisce analogie tutte da comprovare. E noi, da bravi alunni, non sapendo cosa controbattere, abbocchiamo all’amo, lasciandoci convincere. Una di queste analogie è quella delle antiche invasioni di Popoli Nomadi. Nel nostro caso l’analogia con le Invasioni Barbariche che misero fine all’Impero Romano d’Occidente. Gli Hyksos sono paragonati, insomma ai Visigoti ed gli Unni. Però c’è un ma: i nostri cari nomadi conquistarono l’Egitto grazie alla  cavalleria pesante. Ve lo immaginate un popolo nomade a gironzolare per il deserto con le Quadrighe? Qualcosa non quadra. Cosa ne pensate della supposizione che gli Hyksos non fossero una grossa tribù di nomadi, ma piuttosto un popolo ben organizzato, tanto da possedere un esercito regolare? Ho detto ‘per il deserto’. Eh, già. Gli Hyksos non potevano essere arrivati nella zona del Delta da nessun altro  posto, se non dal Deserto di Arabia. Provenivano da Est, ce lo dicono gli stessi Egiziani, dunque arrivarono in Egitto passando per l’odierno Canale di Suez. Ma il fatto di provenire da Est è relativo solo al Delta del Nilo. Dobbiamo cercare le origini degli Hyksos da qualche altra parte della Mezzaluna Fertile, o magari più lontano. Dove? Pensiamoci: in Mesopotamia c’erano i Sumeri. Sulla costa libanese i Fenici. In Siria e Turchia c’erano gli Hittiti. Insomma non c’era molto posto per un altro impero. Rimane la possibilità che provenissero dalla Persia, ma… i Sumeri li avrebbero lasciati passare impunemente? Ne dubito. E se gli Egiziani avessero menato tutti per il naso? Perché escludere in partenza che gli Hyksos fossero proprio quei prodi cavalieri che, cento anni dopo la loro cacciata dalla Terra delle Piramidi, dettero una sonora batosta, a Kadesh, al Faraone Ramses II, insomma… gli Hittiti?

 

Supponiamo che gli Hittiti, avessero creato un impero nella zona comprendente la Turchia, la Siria e la Palestina. Non avendo confidenza con il mare, quegli ‘uomini di terra’ aggirarono la Fenicia (mantenendo buone relazioni con quei marinai). Vinti gli Egiziani, si stabilirono nel Delta del Nilo, fino a che, forse pressati dal nord, si ritirarono dall’Africa, lasciando ai locali la gloria di esserseli scrollati di dosso.

Un momento… non abbiamo letto da qualche parte della Storia Antica lo stesso racconto?

Mille anni dopo. Italia Centrale. Un’insignificante città-stato di popolazioni locali è ‘inglobata’ nell’Impero, ai cui confini meridionali è stata fondata un paio di secoli prima. I conquistatori mettono sul trono una loro dinastia. Tre re fanno in tempo a succedersi, finché i locali, approfittando della pressione fatta sull’Impero da popolazioni provenienti dal Nord, se li scrollano di dosso. Più avanti riescono addirittura a conquistare l’Impero ed a farne sparire le tracce dalla Storia.

Gli Etruschi, al massimo della loro espansione, arrivarono fino a Napoli ed al mare di Adria. Ma dovettero fare i conti con I Galli Bolognesi e con i Quirito-Sabini, che con i Re di Tarquinia avevano certi conti in sospeso…

E così, fino ad oggi, degli Etruschi sappiamo molto poco. I Romani ne hanno coscenziosamente cancellato le tracce. Non sappiamo da dove venissero. C’è chi suppone che provenissero dall’odierna Turchia. Non sappiamo neppure che lingua parlassero, ma gli esperti pensano ad una lingua medio-orientale, il che rinforza l’ipotesi dell’origine turca. Una cosa è certa: la loro lingua conteneva un suono gutturale sconosciuto ai Quiriti: quell’H aspirata tanto Medio-orientale e tanto… Toscana era di Hasa tra gli Etruschi…

Si dice anche che provenissero dal mare. Ma con il mare sicuramente avevano poca confidenza. Magari i loro antenati erano arrivati in Toscana, sì dal mare, ma aiutati da qualche popolo amico che con il mare aveva una gran confidenza. Non i Greci, questo è certo (erano Turchi, dopo tutto!) ma, magari dai Libanesi, che avevano già colonizzato la Sicilia occidentale, la Sardegna e la Tunisia, fondando la “Città Nuova” (in Fenicio ed in Ebraico ‘Kèret-Hadàsh’ cioè Carthago).

 

L’Impero Hittita era finito per l’invasione dei ‘Popoli del mare’ (gli Achei).  Ma forse la storia di Enea il Dardano, fuggito da Troia in fiamme, è solo un esempio di quello che avevano fatto molti altri suoi compaesani: Erano fuggiti dall’Anatolia, aggirando la Grecia Dorica con la complicità dei bravi Sidoni (Didone e compagnia bella) e si erano stabiliti, prima ancora che sulla foce del Tevere, su quella dell’Arno e dell’Ombrone.

 

Magari un Domani, quando impareremo a decifrare l’Etrusco, scopriremo che i nostri cari Tarquini, altri non sono stati che i discendenti  dei Figli di Het, in cerca di una nuova Hasa!

 

È un ipotesi molto romanzata. Magari completamente assurda, lo ammetto, ma se poi alla fine scopriremo che gli Etruschi sono stati i discendenti degli Hyksos/Hittiti, faremo giustizia al tentativo degli Egiziani, dei Greci e dei Romani di cancellarli dalla Storia. Degli Etruschi non ci restano ora che le Necropoli, e degli Hyksos/Hittiti nemmeno le Piramidi, ma, se giustizia sarà fatta, Ramses II, Omero e Furio Camillo avranno di che rivoltarsi nelle tombe.

 

Dopotutto anche i Filistei sono passati alla storia come ‘I Cattivi’. Ma anche loro erano Profughi Cretesi, che scappavano dai compari di Agamennone e di Achille…


3. I Profughi Palestinesi del Passato.

 

Ogni lingua ha i suoi suoni. Molte consonanti e vocali sono comuni a tutti gli idiomi, altri suoni, invece, presenti in alcune lingue, sono assenti in altre. Quando un popolo che parla una lingua si incontra (o si scontra) con un altro che ne parla un’altra, alcune parole vengono tradotte, altre lasciate così, adattandone il suono. La maggior parte degli ‘adattamenti’ sono di origine popolare, anche se non mancano le ‘traduzioni ufficiali’. Quando gli Italiani fecero conoscenza con il Pudding inglese, lo trasformarono in Budino. Gli Spagnoli, invece, cacciati gli Arabi dalla penisola Iberica, adattarono alla loro lingua i nomi dei luoghi, facendone perdere il significato originale, ma mantenendone vagamente il suono. Quando, attorno al 700 D.C. il Capo Arabo Tarìk passò dal Marocco in Europa, diede il suo nome al promontorio che si innalza di fronte al luogo del passaggio: “Jabel ‘l Tarìk” (monte di Tarìk), diventato poi Gibilterra. Continuando la loro conquista verso l’interno, gli Arabi si trovarono (per la prima volta dopo il Nilo) di fronte a qualcosa di più che un rigagnolo. Senza molta  fantasia lo chiamarono “Il Fiume Grande”: Uadi-el-Cabìr, cioè Guadalquivir.

Spesso e volentieri la ‘castrazione’ dei nomi originali deriva dalla mancanza del suono appropriato nella lingua ‘ricevente’. Gli Antichi Romani, come anche i Greci, non avevano nella loro lingua il suono Sh (come in sciare), che è proprio delle lingue semitiche. Quando cominciarono a rivaleggiare per la prevalenza sul Mediterraneo, dovettero fare i conti con quegli ottimi marinai libanesi, che spadroneggiavano quel mare, fino alle Colonne d’Ercole ed oltre. I nemici avevano anche la pessima abitudine di non scrivere le vocali, cosicché i Quiriti riuscirono a pronunciare a stento, e tantomeno a trascrivere il nome della loro capitale, che nella lingua originale significava “Città Nuova” e che veniva scritto Krt-Hadsh. Il meglio che i Romani seppero fare fu di chiamarla Carthago, per distinguerla dall’altra “Città Nuova” di fondazione Greca, già in loro possesso: Neapolis.

I Romani, per evitare di intrecciarsi la lingua più del necessario non chiamarono i cittadini della città rivale “Carthaginenses” ma semplicemente Poeni (leggi Puni) copiando i Greci, che li avevano chiamati FoenikeV (Fenici). Eh sì, perché oltretutto i Romani avevano difficoltà ad aspirare la P all’inizio delle parole. Questa questione P/F è un discorso a parte nei problemi di traslitterazione delle lingue. L’alfabeto Latino ha la lettera F, ma tutte le parole di origine greca contenenti la F sono scritte in latino con il Ph. Evidentemente tra la F ed il Ph c’era originalmente qualche differenza di suono, che si è persa nel tempo. Anche l’Ebraico non ama aspirare la P all’inizio delle parole. In Ebraico non esistono parole che cominciano per F. Per gli arabi succede il contrario. Non riescono a pronunciare la P, percui la trasformano in B od in F.

Confusi? Andando avanti nella scrittura, porterò degli esempi concreti, che riveleranno il significato recondito di vari nomi ben conosciuti.

Il pezzetto di Mezzaluna Fertile che si stende tra la costa orientale del Mediterraneo ed il fiume Giordano è stata chiamata, a seconda dei vari periodi storici, Canaan, Terra di Israele, Terra Santa o, più comunemente Palestina. Quest’ultimo appellativo deriva, ovviamente da ‘Filistina’, il paese dei Filistei. Ma chi erano costoro?

 

Apriamo la Bibbia qua e là, tra il Libro della Genesi e quello dei Re.

 

Al tempo dei Patriarchi (metà del II Millennio A.C.) dei Filistei non se ne parla punto. Abramo, Isacco e Giacobbe citano solo gli Egiziani, gli Hittiti,  e una miriade di tribù nomadi e seminomadi, corrispondenti ai Beduini di oggi. Quando Mosè fece uscire i Figli di Israele dall’Egitto, non prese la via più diretta, quella della costa, ma fece il giro. Perché? A parte le scuse scritte nel libro dell’Esodo, sul cattivo comportamento del Popolo Eletto, evidentemente c’era un problema di carattere concreto: la costa tra il Delta del Nilo e la Fenicia era occupata da qualcuno che non li avrebbe fatti passare. Questo qualcuno ce lo ritoviamo di fronte nel Libro dei Giudici quando, sottomesse le deboli tribù della montagna, i Figli di Israele cercarono di impossessarsi della costa. I Plishtìm (Filistei) occupavano la zona corrispondente (con sorprendente precisione) alla metà occidentale dello stato Arabo-Palestinese proposto nella divisione del 1947 del mandato Britannico. Zona ridotta, in seguito alla Guerra di Indipendenza Israeliana, all’odierna Striscia di Gaza. La loro città più settentrionale era Giaffa, le altre Ashdòd, Ashqelòn, Gaza e, nell’interno, Gat ed Ekròn.

I filistei erano senza dubbio un popolo più evoluto dei Figli di Israele e delle tribù limitrofe, perché queste erano ancora all’età del Bronzo, mentre I Filistei erano già in quella del Ferro. Nel Libro dei Giudici si trovano esplicite testimonianze di questo fatto. I Figli di Israele non poterono conquistare la pianura, perché i suoi abitanti avevano dei carri di ferro[2]. Altrove è detto che i paesani della collina scendevano in pianura per farsi confezionare gli attrezzi agricoli di ferro. I Filistei, giustamente, si guardarono bene dall’insegnare loro la tecnologia per fabbricare le spade e le lance. Un po’ come oggi gli Americani non vendono gli armamenti tecnologicamente più avanzati ai potenziali nemici. Il che dimostra che tutto il mondo è paese e che, come dice l’Ecclesiaste, non c’è nulla di nuovo sotto il Sole.

I Filistei spariscono dalla scena della Bibbia al tempo di Re Salomone. Facendo i conti, dunque, occuparono la costa sud-orientale del Mediterraneo per poco più di trecento anni. Ma chi erano, questi  Filistei, da dove venivano e… dove sono andati a finire?

Gli Storici pensano che i Filistei fossero di origine cretese. I conti tornano: le popolazioni di quell’isola, discendenti di Minosse, non erano certamente Greci. Quando Creta fu conquistata dagli Acheo-Dori (che vi portarono la tecnologia del ferro), una parte di essi fuggì, per via mare, dalla dominazione, ovviamente in direzione opposta, cioè verso sud-est. Non potendo approdare nè in Egitto (dove c’erano gli Egiziani) né in Libano (dove c’erano i Fenici), si dovettero adattare ad insediarsi in mezzo, dalle parti dell’odierna Striscia di Gaza. Insomma i Filistei erano veramente Profughi Palestinesi, fuggiti… in direzione opposta!

I Giudici ed i re Saul e Davide si scontrarono  con i Filistei/Palestinesi  per anni ed anni, con esito incerto, a volte sconfiggendoli, a volte prendendo serie batoste (non sembra di leggere un giornale contemporaneo?), poi, con l’avvento del ricco ed oculato regno di Salomone, dei Filistei non se ne parla più. La cosa è un po’ strana. Perfino gli Hittiti sono ricordati nella Bibbia fin quasi al tempo di Alessandro Magno. Siccome dalle Sacre scritture non ci risulta che i Filistei siano mai stati annientati militarmente, o che siano stati decimati da qualche epidemia o da altre catastofi naturali, sembra proprio che si siano volatizzati nel nulla. E se fossero ripartiti via mare per una meta ignota? Ma per dove? Il mistero persiste fino al giorno d’oggi.

 

Dove si sono sono rifugiati i Profughi Palestinesi del Passato?

 


4. I Dieci Comandamenti (riveduti e corretti).

 

Una vecchia storiella ebraica spiega perché i Comandamenti sono dieci e le Tavole della Legge due.

 

Quando l’Eterno decise di scegliersi il Popolo Eletto, andò dai re della Mezzaluna Fertile e propose loro l’affare.

Cominciò a fare il giro, ovviamente, dal popolo più grande e civile di allora: gli Egiziani. Il Padreterno fu accolto dal Faraone con tutto il rispetto dovuto alla Sua posizione. Ecco la sintesi del dialogo:

Faraone:      “Certamente, sarà per me un grande onore diventare il Re del Popolo  Eletto!”

Dio:             “Però c’è una condizione. Dovrete accettare La Legge”

F.:               “Beh, sì, è logico. Un popolo ha sempre bisogno di leggi… cosa Richiedi di speciale, per considerci il Popolo Eletto?”.

D.:               “Da’ un occhiata. Sono solo pochi Comandamenti. È tutto scritto qui”.

F.:               “Dunque… vediamo… -  Non Avrai altro Dio all’infuori di Me – Beh, questo è logico… - Onora il padre e la madre – Ovvio!...

                   Non farti immagini… Rispetta il giorno del Riposo… - mica tanto bene! Vedi, Padreterno, Tutta la mia autorità è basata su un sistema di marketing alla Pavlov. Gli Egiziani mi rispettano perché vedono le mie statue un po’ da per tutto. Io sono come il Grande Fratello. Osservano le leggi, perché si sentono osservati. Se mi imponi di distruggere le mie immagini, io perdo il rispetto del popolo, e Tu lo perdi insieme a me… Poi c’è anche questa questione del Riposo Settimale: ho già messo nel Bilancio Quinquennale la costruzione di un paio di piramidi. Si comincia col Diritto allo Sciopero del Quarto Comandamento e si finisce in mano ai Sindacati… e l’Economia Egiziana va a schifìo in men che non si dica… Con tutto il rispetto che ho per Te, caro Padreterno, non mi pare che la cosa si possa combinare. Grazie, comunque per essere venuto a farmi la proposta”.

 

L’Eterno, un po’ deluso, andò a fare visita al re di Tiro. Questa volta  erano l’Ottavo ed il Nono Comandamento a fare problemi: “Vedi – Disse il Tiranno – l’economia dei Fenici è basata sul Commercio. E nel commercio non si può fare a meno di truffare un po’, di saccheggiare qua e là, eccetra… se mi metti i Comandamenti Non Rubare e Non Dire Falsa Testimonianza… i  miei sudditi mi spodestano ed io divento un Tiranno disoccupato! Grazie tante, Padreterno, ma, con i Fenici, questi Comandamenti non si possono applicare. Sarà per un’altra volta…”

 

L’Eterno decise di lasciar perdere i popoli maggiori e si rivolse al Re di Sodoma.

“Caro Padreterno – Gli fu risposto- i Tuoi Comandamenti sono proprio ottimi: ’10!’, ma lo Sai, Qui a Sodoma abbiamo costumi un po’… libertini. Se impongo al popolo di Non Fornicare, quelli, scusa l’espressione sconcia, mi pigliano, m’inc… e mi buttano in mezzo ad una strada!”.

 

La storia si ripeté con gli altri popoli del circondario. Alla fine l’Eterno si sedette sconsolato su un cespuglio  in mezzo al deserto del Sinai. Di lì a poco passò un vecchio capotribù male in arnese, che  pascolava le pecore:

“Togliti i sandali! – Ordinò l’Eterno – Stai calpestando il Suolo Sacro!”

Il vecchio, intimorito, ubbidì immediatamente.

L’Eterno si rabbonì: “Non è percaso che la tua tribù abbia voglia di diventare il Popolo Eletto?” – Chiese  a Mosè.

“Beh… dipende…” - ribbattè sospettoso il vecchio.

“Ma bisogna accettare le Tavole della Legge!”…

“Quanto costano?”

“Ma niente! È la Legge che conta: il Popolo Eletto dovrà solo camminare dritto, basandosi sui Comandamenti… le Tavole sono gratis!”

“Va be’, se Ci Tieni tanto, le posso provare… e già che adesso cammino scalzo, dammene un paio….”

 

Da allora, e fino al giorno d’oggi i Figli di Israele seguono i Comandamenti dell’Eterno, che suonano così:

 

I        IO SONO L’ETERNO, TUO DIO

II       NON AVRAI ALTRO DIO ALL’INFUORI DI ME. NON FARTI IMMAGINI

III      NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO

IV      RICORDATI DEL SABATO (giorno di riposo) E DI SANTIFICARLO

V       ONORA IL PADRE E LA MADRE

VI      NON ASSASSINARE

VII     NON FORNICARE

VIII   NON RUBARE

IX      NON DIRE FALSA TESTIMONIANZA

X       NON CONCUPIRE LA ROBA (e soprattutto) LA DONNA DEL TUO PROSSIMO.

 

Quando il Cristianesimo li prese in consegna, per insegnarli ai sudditi dell’Impero Romano, i Padri della Chiesa si trovarono di fronte ad una difficoltà: proprio come i sudditi del Faraone, menzionati prima, il popolino dell’Impero Romano era troppo abituato a vedere ed a rispettare le statue e le fotografie delle divinità. I Profeti erano ormai riusciti a far entrare in testa agli Ebrei che l’Eterno era un Essere Superiore Incorporeo, del quale si deve osservare la Legge, Un Dio che ti Vede, ma che tu non puoi, anzi ti è proibito di vedere, ma per i Pagani bisognava usare un sistema di Marketing al quale erano già abituati, altrimenti non avrebbero capito la Morale.

Così i Padri della Chiesa si videro costretti a fare alcuni ritocchi ai Comandamenti. Presero la prima parte del Secondo Comandamento e la inserirono nel Primo, che suonava ora: IO SONO L’ETERNO, TUO DIO, NON AVRAI ALTRO DIO ALL’INFUORI DI ME. Fecero finta di ignorare la questione delle immagini e si trovarono… con un Comandamento di meno! Come far tornare i conti? Lapalissiano, Watson! Presero l’ultimo Comandamento e lo divisero in due! Per questo il Concupire (o se preferite il Desiderare) la Donna del tuo Prossimo (d’Altri), che era originariamente un caso particolare della Roba d’Altri, finì per diventare un Comandamento indipendente.

 

Nella versione Cristiana, bisogna dirlo, ci furono anche dei miglioramenti. Il Sesto Comandamento originale dice: “Non assassinare”. Badate bene, non dice: “Non Uccidere”. Anche in Ebraico i due verbi sono ben distinti e provenienti da radici completamente diverse. L’intenzione del Legislatore (che io presumo un uomo, senza offendere la Fede del lettore) era molto precisa: si vieta di commettere l’Omicidio Premeditato, ma il Comandamento non vieta, per esempio, di uccidere in guerra. C’è di più: se il Comandamento fosse stato Non Uccidere (privare della vita), avrebbe automaticamente compreso anche gli animali. Nel Quarto comandamento il riposo settimanale è chiaramente esteso anche “al tuo servo, alla tua domestica, al tuo bue ed al tuo asino”, nonché “allo straniero che si trova sulle tue terre”. Insomma vale per tutti, uomini, animali ed… extracomunitari. La legge di una certa comunità vale per tutti e difende tutti quelli che si trovano in seno di essa.

 

Il Cristianesimo, sulla questione dell’uccidere, fece certamente un grande passo avanti, tranne poi scordarselo dopo, quando, prese le redini del Potere e diviso il mondo in buoni (Cristiani) e cattivi (tutti gli altri), ritornò al fatto che i Miscredenti si potessero uccidere senza problemi. Dopotutto non venivano “Assassinati”, cosa vietata dai Comandamenti… 


5. 5000 anni di Geografia

 

Sin da piccolo ho imparato che l’Italia è divisa in tre zone geografiche: L’Italia Settentrionale, quella Centrale e quella Meridionale. Già alle Elementari questa suddivisione assunse una forma ben definita: le Regioni alle falde delle Alpi, la Liguria e l’Emilia-Romagna facevano parte del Nord. Il centro era rappresentato da Toscana, Umbria, Marche e Lazio, mentre il Sud comprendeva le Regioni da Abruzzo e Campania in giù, isole comprese.

Crescendo, però, mi resi conto che questa suddivisione geografica non corrispondeva affatto all’opinione etnologica degi Italiani. All’inizio dell’adolescenza, infatti, ebbi modo di fare conoscenza con coetanei provenienti da Milano, Genova, Firenze ed altre città italiane, e scoprii che se per un Romano come me, i Fiorentini erano ‘Settentrionali’, ed i Napoletani ‘Meridionali’, per i Milanesi e per i Veneziani il ‘Meridione’ cominciava... a Bologna!

Nonostante le differenze di opinione interregionali, i confini etnici dell’Italia sono definiti con esattezza dallo spartiacque alpino. Al di qua esso siamo tutti Italiani, al di là ci sono i Francesi, i Tedeschi e gli Slavi. L’unica regione italiana che non è compresa nella attuale Repubblica è il Canton Ticino, che fa da sempre parte della Svizzera per ragioni storiche, ma è sicuramente popolato da Italiani. Notate che il Canton Ticino si trova al di qua dello spartiacque alpino. Per le Isole (Corsica compresa) bisognerebbe fare un discorso a parte. Gli Isolani sono, infatti, Italiani... Autonomi.

Dove si trovano gli esatti confini (se ce ne sono) tra l’Italia del Nord, quella del Centro e quella del Sud? Trovai la risposta alcuni anni fa, durante un viaggio in macchina: Ero partito da Padova un sabato pomeriggio, in direzione Firenze. Non per la solita strada che passa per Bologna, ma per quella che passa dalla Liguria e dalla Versiglia. Non ero mai andato a visitare le Cinque Terre né Portofino, e mi volevo togliere questa soddisfazione. I Veneti ed i Trentini li conoscevo già abbastanza bene. Sono gente ordinata, precisa e cortese, ma quando ti rivolgono la parola,  si legge loro in faccia che ti guardano con quel senso di superiorità, con il quale un professore guarda uno scimpanzè. Se non fossero così beneducati, ti direbbero sicuramente: “ma cosa ci sei venuto a fare qui? Torna in Africa!”. E si sente che lo pensano. Insomma sono Tedeschi che parlano Italiano.

Mi fermai a pernottare a Mantova. Non c’ero mai stato prima. Ovviamente comprai una Sbrisolona. Chiesi al portiere dell’albergo se c’era qualcosa da fare quella sera in città. Mi suggerì di andare a piedi ad una Fiera Agricola che si teneva sotto i portici di un palazzo del centro. Era una specie di mercatino. Poche bancarelle che offrivano i prodotti del circondario. C’era ben poco da vedere. Un quarto d’ora al massimo e sarei tornato in albergo. Si era in Agosto e la piacevole frescura serale si trasformò improvvisamente in un violento nubifragio, che colse tutti senza ombrello.

Fu così che mi ritrovai, insieme a qualche decina di visitatori, imprigionato sotto il colonnato dei portici, senza la possibilità di andarmene. Quando, dopo un po’, fu chiaro che il temporale sarebbe andato per le lunghe, gli agricoltori si rivelarono di una cordialità degna di menzione. Offrirono thè, caffè e pasticcini a tutti gli ‘imprigionati’ e rinunciarono di buona voglia perfino alle poche seggiole, in favore delle signore. Non c’era altro da fare, se non chiaccherare del più e del meno, così tra una cosa e l’altra rivelai di essere un ex Italiano, residente da anni in Terra Santa. Gli agricoltori colsero l’opportunità, facendo un mucchio di domande sulla situazione Medioorientale. Non erano affatto domande stupide. E nemmeno ‘Politiche’. Quei ‘contadini’ non avevano forse fatto l’Università, ma erano tutt’altro che stupidi o ‘buzzurri’. Si rivelarono estremamente assetati di allargare le loro vedute e di sentire una campana diversa. Erano, insomma gente completamente differente dai Veneti e dai Lombardi che avevo conosciuto. Può darsi che i Mantovani siano gente speciale. In fondo Mantova è stata per quasi quattro secoli uno stato indipendente, sotto i Gonzaga. Una cosa è certa: quella sera, mi sono accorto che, passando il Mincio, avevo passato il Confine.

L’indomani attraversai la Pianura Padana in diagonale ed arrivai alla Riviera di Levante. Cercai una pensione per la notte successiva (mi avevano consigliato di lasciare la macchina e di visitare le Cinque Terre in treno). Era domenica, ed a Chiavari e dintorni fu molto difficile trovare un albergo per una sola notte. Provai in diverse pensioni, ma le padrone mi risposero con una sgarbatezza tutta... Meridionale: a voce alta e senza farsi scrupolo di usare parole condite con Italum Acetum. Avevo fatto solo poche decine di chilometri di autostrada attraverso l’Emilia, ed ero arrivato sulle sponde del Mediterraneo. Qalassa! Qalassa!  Finalmente a casa... nel ‘Profondo Sud’!

 

Dopo questa esperienza capii che l’Italia del Nord va dalle Alpi al Po, quella centrale dal Po agli Appennini e quella del Sud, dagli Appennini in giù, Liguria Compresa. Lo sapevano gli Antichi Romani, che misero il confine sul Rubicone. Lo sapeva Napoleone che divise l’Italia in Repubblica Cisalpina ed in Repubblica Cispadana. Lo sapevano perfino Talleyrand e Metternich, che centosessant’anni dopo il Congresso di Vienna, la Lega avrebbe avuto il suo caposaldo nel Lombardo-Veneto. W VERDI!

 

Il lettore si chiederà cosa c’entra questa dissertazione italico-risorgimentale con la Bibbia? C’entra: un po’ per volta.

 

Osservando i fatti storici dell’Europa dell’ultimo decennio del Ventesimo Secolo, ci si accorge che l’assetto politico del continente si è ultimamente riavvicinato a quello stabilito dal Congresso di Vienna. Non saltate su con un immediato: “Stai dicendo delle cazzate!”. Mi spiego meglio. Non fermatevi sui confini nazionali, pensate in termini di Regioni Geografiche, dove per regione geografica intendo un territorio delimitato da confini naturali ben chiari. A volte il teritorio della regione geografica può essere pari a quello di una Regione Amministrativa, a volte più grande di uno Stato. Pensandoci bene, proprio come tra le altre popolazioni animali, anche quelle umane si stabiliscono nelle nicchie naturali, secondo i confini che il Padreterno ha creato: fiumi, montagne, pianure, eccetra. Le somiglianze e le differenze tra le popolazioni adiacenti, sono determinate dalla Geografia. Non deve far specie, quindi, che anche certi usi e costumi dei popoli di un determinato tipo di regione geografica, conservino delle caratteristiche comuni attraverso i secoli, anche se dal punto di vista della Storia si tratta di popoli e di culture, le une delle quali non hanno mai conosciuto le altre. Bisogna dare un’occhiata alla Storia alla luce della Geografia.

Tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo hanno qualcosa in comune, come spiegò, nell’omonimo film, il Pope al Tenentino: i Greci, quando incontrano gli Italiani dicono “mia faccia, mia razza!”. I ‘Polentoni’ non amano il peperoncino. I Tedeschi (e gli Inglesi e gli Svedesi) non capiranno mai cosa ci sia di buono nel sedersi sotto il sole a far... niente. Poveracci!   

 

Gli uomini in riva al mare diventano pescatori e commercianti. Quelli della Pianura, agricoltori, ingegneri ed uomini di scienza. Quelli della Montagna, pastori e soldati invincibili.

Ritornando finalmente alla nostra Mezzaluna Fertile, alias Medio Oriente, scopriamo che i conflitti di oggi sono gli stessi di tremila anni fa. I Babilonesi (uomini della pianura) erano più evoluti dei Persiani. Quando decisero di fare a botte, vinsero gli Uomini della Montagna (Ciro e compagnia). Quando Saddam Hussein credette di aver partita facile con lo stato degli Aiatullà, non riuscì ad andare oltre Lo Shat-el-Arab. Crasso ci rimise le penne contro i Parti e l’Impero Romano non riuscì mai a conquistare la Scozia. Si fermò sul Danubio e sul Reno. Gli Egiziani non fecero una bella figura al di fuori della valle del Nilo, contro gli Hittiti, ma furono loro a costruire le Piramidi nella pianura del Delta. Così come gli ingegneri della Mesopotamia costruirono gli Ziggurat (per permettere ai loro astronomi di osservare le stelle e redigere il calendario) ed i giardini Pensili di Babilonia (per divertimento).

 

Quando la pianura è costiera e stretta, i popoli residenti quella regione si ‘gettano nel mare’. Gli ingegneri Fenici costruirono navi, i loro letterati una scrittura più concisa dei geroglifici: mica potevano caricare sui vascelli il libro della contabilità ogni volta su... un obelisco diverso!

 

La zona centrale del Medio Oriente, chiamata nell’antichità Aràm e comprendente la maggior parte della Siria di oggi, è deserto. Non fa specie quindi che la popolazione di quella regione geografica abbia cercato, nei secoli, di impossessarsi delle fertili regioni limitrofe. Ma la Mesopotamia è sempre stata occupata da popoli grandi ed evoluti, mentre a Nord, in Anatolia e Kurdistan, c’erano gli invincibili Uomini della Montagna. L’unica speranza di uscire dal deserto era quindi rappresentata dallo sbocco al mare: Libano e Palestina, dove risiedevano popolazioni costiere evolute, ma piccole e militarmente deboli. Già cinquemila anni fa la Siria considerava la costa mediterranea parte indivisibile di Aràm. Non fa specie, quindi, che anche oggi i Siri mettano gli occhi (e le mani) sui poveri (o si dovrebbe dire: i ricchi) Fenici/Libanesi, e che si prendano a botte con i Cananei/Israeliani, per il predominio della costa Palestinese.

 

Dice l’ecclesiaste: “Una Generazione va, un’altra viene. Quello che è stato, è quello che sarà, e non c’è nulla di nuovo sotto il sole”

 

Non è la Storia che si ripete. È  la Geografia che non cambia, generazione dopo generazione. E è la Geografia a determinare la Storia.


6. L’Unto del Signore

 

La parola greca CristoV, trascritta in latino Christus, significa unto, o meglio l’Unto (del Signore). I Vangeli chiamano Gesù con questo appellativo, traducendo la parola ebraica “Mashìach”, che ha lo stesso significato, e dalla quale è poi derivato il termine “Messia”.

È ormai fuori dubbio che Gesù di Nazareth, a prescindere dalle questioni strettamente legate alla Religione Cristiana, che lo considera il Figlio di Dio, è stato una figura storica, una persona realmente esistita, vissuta ed operante in Terra Santa al tempo dell’imperatore Tiberio.

 

Una delle più importanti cerimonie della Tradizione Ebraica è la cena della Pasqua (in Ebraico Pèsach, dal verbo Passach=Passare Oltre), che ricorda l’uscita dei Figli di Israele dalla schiavitù d’Egitto. Il verbo Passare Oltre si riferisce alla Decima Piaga, quando l’Eterno in persona (e non l’Angelo della Morte in vece Sua) passò oltre le case degli Ebrei, che avevano contrassegnato le porte con sangue di agnello, e non ne uccise i primogeniti.

Questa Piaga fu quella che convinse il Faraone a togliersi dai piedi i Figli di Israele, che erano già sulle valige (per questo non fecero in tempo a far fermentare la pasta e cenarono con le gallette (le azzime) invece che con i panini all’olio.

La settimana della Pasqua Ebraica, detta anche Festa della Libertà, comincia con la cena tradizionale chiamata Sèder (ordine), perché il pasto vero e proprio è preceduto da una cerimonia che si tramanda da secoli e che segue un ordine ben preciso di benedizioni e preghiere: All’inizio si versano gocce di vino in una bacinella, nominando le Dieci Piaghe, la prima delle quali è quella del Sangue (l’acqua nel Nilo trasformata in sangue). Più avanti nella cerimonia si benedice il pane azzimo, spezzandolo, come in ogni pasto, e poi si dicono altre benedizioni sulle quali non ci fermeremo.

Fose avrete già notato la somiglianza: la famosa Ultima Cena altro non era se non il Sèder di Pèsach.

La Tradizione Ebraica vuole anche che durante la cena della Pasqua si metta a tavola una sedia ed un piatto in più e che si lasci la porta aperta. Perchè? Perché possa entrare e sedersi a tavola il Profeta Elia, che secondo l’antico Testamento era  salito in cielo e del quale gli Ebrei aspettano il ritorno. Il Profeta Elia, secondo la tradizione, ritornerà sulla terra al momento opportuno, entrerà in incognito da qualche Buon Ebreo, si siederà a mangiare e, rifocillato dal viaggio, si  rivelerà ai presenti e comunicherà loro le ‘buone notizie’ (ovvero la buona novella), cioè l’imminente arrivo del “Melech Ha-mashiach”: il Re - l’Unto.

 

Nella Tradizione Ebraica la ‘sedia’ del Profeta Elia appare anche altrove: nelle sinagoghe c’è un seggio, occupato in certe cerimonie solenni dal Gran Rabbino e durante il rito della circoncisione, il neonato viene messo in grembo al Padrino, che siede su una sedia sulla quale è scritto ‘Questa è la sedia del Profeta Elia’. Cosa significa tutto questo ‘riservare il posto’? Molto semplice: la sedia è di fatto un Trono. Il Trono del Re Messia, sul quale verrà messo a sedere, con tutti gli onori, il Profeta che ne annuncerà il prossimo arrivo. Nel frattempo il trono è occupato (temporaneamente) dall’uomo più onorato della comunità (il Rabbino od il Padrino, o in alcuni casi, l’Ospite d’onore, che potrebbe essere il Profeta Elia in incognito). Insomma il trono è occupato dal reggente, in attesa del Ritorno del Re.

È facile vedere che il Cristianesimo originale è nato proprio dalla tradizione del Re Messia, ma che in seguito ha trasformato questa tradizione, fondendola con le credenze dei sudditi dell’Impero Romano. Gli Ebrei hanno invece mantenuto la tradizione originale, trovandosi ad un certo punto a ‘dare fastidio’ con la stessa alle Autorità Politiche Cristiane. L’antisemitismo e compagnia bella sono il diretto risultato del rifiuto degli Ebrei a conformarsi alle nuove credenze. A rimanere anticonformisti, se vogliamo. Come mai gli Ebrei hanno tenuto duro per duemila anni? Il discorso sarebbe troppo lungo, e lo rimandiamo ad un altra occasione. Basterà per ora accennare che il segreto sta nel Quarto Comandamento (e non è un caso che il Cristianesimo e l’Islam abbiano sostituito il Sabato con un altro giorno della settimana). Tutta la religione ebraica è fondata sul concetto di Distinzione. Prima tra tutte la distinzione tra Un Solo Dio e ‘tutti gli altri dei’ (la storia del Profeta Elia e dei Profeti di Baal sul Carmelo ed altri racconti biblici ci rivelano che Gli Ebrei non discutevano l’esistenza di altri dei, ma ne sminuivano soltanto il potere).

Poi c’è la grande invenzione del Giorno Sacro del Riposo. All’Uscita del Sabato gli Ebrei celebrano un rito chiamato ‘Avdalà’, che significa Distinzione. In questo rito si benedice l’Eterno che ha Distinto (cioè separato nettamente) tra il (giorno) santo ed il (giorno) feriale, tra la luce ed il buio, tra (il popolo di) Israele e gli altri popoli, tra il settimo giorno (il Sabato di Riposo) e i sei giorni di attività (la Creazione).

Gli Ebrei si sono da sempre ‘autodistinti’, cioè autodichiarati diversi dagli altri, e questo, si sa, ha creato tutti quei problemi se si creano quando si è una minoranza in seno ad una maggioranza. In ogni società la maggioranza ama il conformismo e non sopporta i ‘diversi’.

 

Ma ritorniamo al Re Messia, l’Unto del signore. Nell’Antico Testamento e nella tradizione ebraica posteriore (quindi anche al tempo di  Gesù), la figura dell’Unto era completamente diversa da quella che ne ha fatto il Cristianesimo dopo Costantino. L’Unto è chiamato più precisamente ‘Mashìah-ben-Davìd’, cioè Figlio (del Re) Davide. L’Unto altri non è che il discendente della casa di Davide, il legittimo erede al trono temporale, secondo la promessa fatta al Re Davide dall’Eterno in Persona.

Che il re Davide fosse un poco di buono, in termini di morale moderna, poco conta.

Con un ottimo marketing egli e suo figlio Salomone erano riusciti a convincere soprattutto la propria tribù (quella di Giuda) di essere il casato dei Leader per eccellenza. Con la conquista del regno di Israele per mano degli Assiri e la sparizione delle altre dieci Tribù, al ritorno in Terra Santa, decretato da Ciro, rimasero del popolo di Israele solo due Tribù, Giuda e Levi. Quest’ultima non aveva diritto a possedere un potere temporale, ma si occupava delle cose di Legge e Religione, quindi i figli di Israele diventarono gli ‘Yehudìm’, i Giudìi (sulla differenza tra Giudìi e Giudei si tornerà in seguito) come verranno ancora chiamati del Belli e del Trilussa gli Ebrei romani.

 

Nei sei secoli che passano da Ciro il Grande a Gesù, il popolo Giudìo non godette di uno stato indipendente, quindi il Re dei Giudìi era un re virtuale. Ne siamo sicuri? Non è detto. Durante l’effimero regno dei Hashmonaìm, nato dalla temporanea vittoria contro i Diadochi di Alessandro Magno, la ledership fu presa da in certo Yehuda il Maccabeo. L’ultimo discendente della sua stirpe fu deposto da Eroda l’Idumeo. Insomma il popolo aveva sempre saputo chi fosse il legittimo erede al trono, o come minimo sapeva quale era la famiglia che discendeva più direttamente dal Re Davide in persona. A prescindere dalle condizioni politiche che ne impedirono l’insediamento di fatto a capo di uno stato indipendente, anche allora, come oggi in Inghilterra, i Giudìi hanno sempre saputo (almeno fino alla distruzione del Secondo Santuario ad opera di Tito) chi fosse il Re di diritto , colui che una volta consacrato nel potere temporale (unto) dall’Uomo di Dio (il Profeta Elia, tornato in terra), avrebbe riportato il Popolo all’Indipendenza (Redenzione) Temporale  o, se vogliamo al Risorgimento.

 

Per diventare l’Unto c’era un ‘Catch’. Conditio sine qua non restando la discendenza, il Re doveva dimostrare di essere degno di assumere il Potere di Fatto. Il Popolo di Israele aveva fatto da tempo una scoperta molto importante, tra l’altro applicata indipendentemente anche dagli Imperatori Romani. Il Figlio di Papà (ritorneremo anche su questo concetto) non era necessariamente la persona più degna. La noblesse oblige, dicono i Francesi. Ma non basta. I Figli di Israele avevano capito da molto tempo che il figlio del Leader spesso e volentieri non vale il padre. Si autoconvince di essere onnipotente e, da dittatore, comincia a fare fesserie. Per evitare le grane, i figli di Israele crearono l’Onbusman che, a differenza di quanto si creda, non è un invenzione  svedese. Questo ‘controllore del Potere Esecutivo’ altri non era che il Profeta, un uomo integgerrimo, ma completamente privo di potere temporale, conditio sine qua non per mantenere la sua integrità di giudizio. Il Profeta era un poveraccio, la cui funzione era quella di avvertire il Leader temporale ed il popolo, quando questi si allontanavano dalle regole e cominciavano a fare le fesserie. Che poi il Re ed il Popolo non li stavano a sentire... beh, questo è un altro paio di maniche.

 

Fu proprio per dimostrare che essere degno di fare il re non doveva essere un fatto scontato da parte dei nobili (le famiglie influenti) che Samuele andò a cercare il primo re  (Saul il Beniaminita) dei Figli di Israele nella più piccola famiglia della più piccola tribù. Non fu un caso che, quando si vide costretto a cambiare scelta, unse Davide, che era il figlio minore (l’ultimo di otto fratelli) di Ishai di Betlemme di Giuda.

 

Come anche nel Mondo Cristiano, è l’Uomo di Dio (di Chiesa), riconosciuto come quello che ne capisce di più, ad investire il Re del potere temporale. Una volta in potere, il leader deve comportarsi come si deve nella sua maestà, se no Dio provvederà a spodestarlo.

 

Ritorniamo a Gesù. Il popolo Giudìo, sottomesso ai Romani, aspettava l’arrivo del Profeta, che avrebbe significato l’imminente arrivo del Re Redentore, quello che avrebbe portato il popolo all’Indipendenza Temporale. Una parte dell’Intellighenzia, però, aveva capito che questo sogno di indipendenza era ormai un’utopia. Si venne quindi a formare una setta che indirizzò la speranza di redenzione nella forma spirituale che conosciamo. La Redenzione non è di questo mondo. Piano piano la Nuova Fede prese piede e conquistò il Mondo Romano.

Ma all’inizio la nuova Fede dovette fare i conti con una tradizione secolare: Nessuno in Terra di Giuda poteva autonominarsi Leader, senza passare il tirocinio.

Prima condizione: essere un membro legittimo della Casa Regnante. Un Figlio di Davide.

Gli scrittori dei Vangeli[3], a scanso di equivoci, cominciano proprio da qui: Gesù è dichiarato diretto discendente del Re Davide, da parte di Padre...(Giuseppe, il marito di Maria!). In Luca, c’e scritto ‘come si credeva’, ma in Matteo, che è stato scritto prima, la paternità di Giuseppe non è messa in discussione, almeno all’inizio, dove era essenziale dimostrare la Leggittimità di Gesù di esere investito Re.

Andiamo avanti. Il popolo Giudìo aspettava il Re. Si guardò intorno e rivolse gli occhi alla Famiglia Reale. I Giudìi sapevano bene a chi rivolgersi, ma non trovarono un Leader.  Qualcuno cominciò a spargere la voce che il futuro Re-dentore era già nato, da una giovane donna (in Ebraico Almà, tradotto in Greco parqenoV e da lì erroneamente in Latino Virgo)  della Famiglia reale. Eroda, l’Idumeo, che legittimo re dei Giudìi non poteva essere, per non essere nemmeno giudìo, andò in tilt: “Dov’è il Re dei Giudìi... trovatemelo... che ci penso io!”. La casa Reale leggittima, per evitare grane, se la squagliò temporaneamente in Egitto, il più lontano possibile da Eroda...

 

In famiglia c’era però anche un cugino più anziano, che si prese la briga di fungere da... Profeta Elia: Giovanni. Cominciò a fare proseliti per il Partito Indipendentista, in attesa che il cuginetto (più diretto in lignaggio) diventasse grande. Ma siccome sapeva di non essere il Profeta, non osò usare l’Olio Sacro. Si limitò ad usare l’acqua. Arrivato il Grande Giorno, passò le redini del potere al Re: l’Unto, che era stato riconosciuto, pur non essendo stato consacrato da nessuno. La gente lo aspettava, e lui prese il Comando, ben capendo che la sua leadership non sarebbe potuta diventare un Potere Temporle, ma solo Spirituale. Gesù fece quindi quanto la sua posizione in seno ai Giudìi richiedeva, con tutta l’anima e la responsabilità di un vero leader. Nonostante l’opposizione degli altri partiti, i Sadducei e i Farisei. Il terzo partito, mai nominato nei vangeli, si chiamava Esseni.

Gesù di Nazareth, nato in Betlemme, della Casa di Davide, fece il suo ‘Lavoro’ fin troppo bene. La sua Filosofia fu presa in prestito dai suoi discepoli e trasformata, trecento anni dopo nel Cristianesimo.

 

Proseguiamo con la figura storica di Gesù. Alcune idee riportate nelle prossime righe non sono mie originali, ma sono state riprese dal libro “The Jesus Scrolls” di Donovan Joyce. L’autore dei “Rotoli di gesù” sostiene il ritrovamento di un Quindicesimo Rotolo del Mar Morto, nel quale sarebbe stata scritta la vera Storia di Gesù. A detta dell’autore questo rotolo sarebbe, però, stato “fatto sparire” da una collaborazione Israelo-vaticana, per non mettere in imbarazzo la Chiesa. Nonostante lo stile categorico dell’autore, il libro non può essere preso seriamente come testo storico per due ragioni: primo, l’autore non presenta fatti o reperti concreti a dimostrare la sua teoria; secondo, l’autore fa alcuni imperdonabili strafalcioni di interpretazione dell’Ebraico[4], che minano la credibilità del racconto. Pur essendo “The jesus Scrolls” solo un romanzo, vale la pena di prendere in considerazione una parte dell’analisi fatta sulla figura storica di Gesù, perché alcune osservazioni sono tutt’altro che strampalate.

 

L’osservazione più importante riguarda il primo “miracolo” di Gesù, quello delle Nozze di Cana[5]. Secondo i Vangeli[6], Gesù tramutò l’acqua in vino ad un matrimonio al quale era stato invitato con la madre. L’avvenimento sarebbe accaduto prima che Gesù cominciasse a predicare la sua dottrina (il che avvenne, secondo la tradizione  quando aveva  già trent’anni).

Nemmeno Giovanni Evangelista, che pure è lo scrittore più tardo dei Vangeli, ci scrive espressamente che Gesù tramutò l’acqua in vino, ma solo che egli disse ai servitori (in termini moderni: gli addetti al catering) di riempire d’acqua sei serbatoi di pietra di circa cento litri ciascuno, “destinati alla purificazione degli Guidìi”. Ma il testo non ci dice se i serbatoi in questione fossero vuoti... É interessante notare che poco prima[7] Giovanni scrive: “Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non han più vino. E Gesù le disse: Che v’è fra te e me, o donna? L’ora mia non è ancora venuta. Sua madre disse ai servitori: Fate tutto quello che vi dirà...”.

Più avanti nel passo, il maestro di tavola “Chiamò lo sposo e gli disse:... tu hai serbato il vino buono fino ad ora...”.

L’aneddoto ha alcuni punti oscuri, che però diventano chiarissimi, se si osservano alla luce non della Liturgia Cristiana, ma a quella dello Status dell’Unto, secondo la Tradizione Ebraica.

Prima domanda: Chi era lo Sposo?

Seconda domanda: Perchè Maria si preoccupa tanto che il vino sia finito?

Terza, importante, domanda: Perché, rivolgendosi a Gesù, le viene risposto “l’ora mia non è ancora venuta”?

Infine Quarta, apparentemente insignificante domanda, perché il matrimonio fu celebrato a Cana, e chi e quanti erano gli invitati?

 

Poniamo che Gesù fosse già riconosciuto ufficiosamente come l’erede legittimo al trono di Giuda, essendo il discendente diretto della Casa Reale ed il Primogenito dei suoi fratelli. Quale condizione gli era richiesta per diventare l’Unto anche ufficialmente? Troviamo la risposta osservando le Case Regnanti di tutti i tempi: Non prima di avere un’erede al trono che assicurasse la continuazione della dinastia. Dunque la condito sine qua non per essere definitivamente accettato come Messia da tutto il popolo, era quella di avere un figlio maschio e, prima ancora, quella di essere sposato con una donna di buona famiglia.

Le nozze di Cana furono certamente un grosso matrimonio, con parecchi invitati, se si pensa che ben seicento litri di vino rappresentarono solo il “dulcis in fundo” della festa. Come minimo c’era tutto il villaggio, e anche molti invitati importanti che venivano da fuori. Chi poteva preoccuparsi più di tutti che la festa non fosse all’altezza dell’occasione? Ovvio: la Padrona di Casa, ovvero La Madre dello Sposo. E a chi si sarebbe potuta rivolgere lei, e poi il maggiordomo congratularsi? Ma via! Allo Sposo, naturalmente!

Le Nozze di Cana furono un gran matrimonio. Un matrimonio degno del legittimo Re (riconosciuto per lignaggio, anche se ancora ufficioso) degli Giudìi. E quando si sposa il Capotribù, tutti i Capifamiglia arrivano a fargli onore.

Il matrimonio fu fatto nel piccolo paese di Cana e non a Nazareth. Ci possono essere state varie ragioni: anche oggi le nozze spesso si fanno al paese della sposa. Forse la Sposa era di Cana. Oppure fu scelto un posto neutrale, dove magari c’era l’infrastruttura adatta per un matrimonio in grande stile (anche oggi si fa così). La terza possibilità, da non buttare via, potrebbe essere stata che gli organizzatori preferirono non dare nell’occhio al Governo, e scelsero di proposito un paese fuori mano.

Circa il “miracolo”: Un Re deve far vedere la sua opulenza. Gli invitati si aspettavano una bella festa. Vino a fiumi, se vogliamo, ma anche gli Antichi Romani il vino lo bevevano annacquato[8]. Il vino si conservava  puro nelle “botti”, per conservarlo, ma ci si aggiungeva l’acqua al momento di servirlo. Alle nozze di Cana il Re fece vedere la sua munificenza, facendo fare “l’ultimo giro” con il vino migliore, quello più caro sul mercato.

Ma prima discusse con la mamma. Era meglio essere prudenti, con alcuni invitati invidiosi... non gli era ancora nato un erede. Non era ancora giunto ancora il Suo Tempo. 

 

A questo punto sarete certamente curiosi di sapere chi  fosse la Sposa. Donovan Joyce ci propone Maria Magdalena, cioè Mariàm di Mìgdal. In Ebraico migdal significa torre. Nella valle (ebr. Emek) di Izreel ancora oggi, a pochi chilometri da Nazareth c’è il paese di Migdal-Ha-Emek (Tordivalle!). La cosa fa senso.

 

I Vangeli non ci dicono che età avesse Gesù al tempo delle Nozze di Cana. Accettando l’ipotesi del “lignaggio” si può presumere che il matrimonio sia stato “combinato” dai parenti[9] quando lui aveva circa diciott’anni, o forse meno. Allora ci si sposava presto. E presto nacque un figlio maschio, completamente ignorato dal Cristianesimo.

 

Al tempo di Gesù in Terra Santa si parlava l’Aramaico, che è una lingua un po’ diversa dall’Ebraico. L’Aramaico sta all’Ebraico circa come il Latino sta all’Italiano. L’Aramaico è molto ricco del suono “a”. Figlio in Ebraico di dice Ben (p.e. Ben-Hur=Figlio di Libero), in Aramaico figlio si dice Bar. Padre in Ebraico si dice Av o Ab (Abramo=Alto Padre), che in Aramaico diventò Abba[10].  Il famoso Bar-Abba, secondo Donovan Joyce è stato nientepopodimeno “Il Figlio di Papà”, che potrebbe esse stato ancora un ragazzetto, alle soglie della maggiore età di allora (tredici anni) al tempo in cui ce ne parla il Vangelo.

Il Vangelo ci racconta che Pilato, visto che Gesù era stato ormai “incastrato” dai suoi nemici politici, propose la scarcerazione di quel giovinotto prossimo erede al trono, che si era immischiato in qualche delitto politico. Il Figlio di Papà non era stato prudente come il padre, ma si era lasciato influenzare dall’ala più estremista del Partito. L’avevano arrestato, ma Pilato, conoscendo le usanze, propose di amnistiarlo, affinché la Dinastia continuasse. Pilato, da buon diplomatico preferiva non farsi del tutto nemica quella che, ora opposizione politica in seno agli Giudìi, sarebbe potuta diventare in futuro la maggioranza. Fece scegliere al popolino, che preferì liberare Bar-Abba.

 

A Pilato, da buon Romano, non interessava inguiarsi con Gli Dei del Prossimo. A lui interessava solo che non sorgesse un Leader che incitasse alla rivolta contro Cesare. Constatato che Gesù gli aveva fatto capire che da parte sua il pericolo non esisteva, se ne lavò le mani.

 

Sulla figura Storica di Gesù si potrebbe parlare indefinitivamente. Mi limiterò ad aggiungere che la scritta INRI sulla croce, non fu messa per “Sfregio”, come il Cristianesimo posteriore cerca di raccontarci, ma perché quello era il Titolo Ufficialmente accettato dai comtemporaneii: “Gesù di Nazareth, il Re degli Giudìi”.

 


7. Ufomiracoli

 

Per Miracolo si intende generalmente un avvenimento ‘meraviglioso’ la cui spiegazione esula dal comprendonio umano. Il miracolo è un Atto Soprannaturale, che avviene per diretto intervento dell’Essere Superiore, spesso per tramite di uomini che stabiliscono con Lui un contatto diretto. Il Cristianesimo è pieno di miracoli. Nei Vangeli è Gesù a compierli.  Più avanti sono i Santi, persone visitate dalla Grazia Divina, una parte dei quali sono considerati santi in vita, altri dopo morti, proprio perché, secondo la tradizione, hanno fatto dei miracoli. Un esempio classico di miracolo è la resurrezione di morti; un altro, la conversione di cattivi in buoni; un terzo, il parlare con gli animali. La lista è lunga: chi più ne ha, più ne metta.

 

È interessante notare che, a proposito di miracoli, esiste una fondamentale differenza tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento. Nel Vecchio Testamento, e nella concezione ebraica posteriore, i miracoli li fa solo Dio. I Profeti, da Mosè in poi, non compiono gli atti miracolosi, né, soprattutto, se ne prendono il merito. Raramente chiedono al Padreterno di compiere il miracolo. Più spesso è Dio che comunica loro che ne farà uno, e ordina loro di comunicarlo a loro volta, in anticipo, agli altri.

C’è di più: nel Vecchio Testamento quello che noi consideriamo miracolo è un fatto naturale, a volte spiegato come tale nello stesso testo della Bibbia. Il miracolo consiste solo in quello che gli Inglesi chiamano Timing. Il miracolo consiste, cioè, non tanto nell’avvenimento in sé, ma piuttosto nel fatto che quest’avvenimento avviene al momento opportuno. Alcuni fatti miracolosi non sono chiamati nemmeno miracoli. Altri vengono riportati così come sono. Raramente, poi, i miracoli sono riportati senza dare ulteriori spiegazioni e noi li consideriamo miracoli solo perché non sappiamo trovare una spiegazione logica dell’avvenimento.

Diamo un’occhiata ad alcuni ‘miracoli’ del Vecchio Testamento:

Nove delle famose Dieci Piaghe d’Egitto possono essere spiegate con fatti naturali conosciuti, tranne che nel racconto biblico questi fatti sono amplificati e, naturalmente, avvengono al momento opportuno. Nel film “I Dieci Comandamenti” il Faraone (Yul Brinner) capisce perfettamente che il ‘Sangue’ della prima piaga, altri non è se non argilla, proveniente dallo smottamento di qualche collina a monte del Nilo, e lo dichiara a Mosè (Charlton Eston). Le Cavallette, le Rane, il Buio ed i Pidocchi, poi, per non parlare della Morìa del bestiame, della Grandine  e della Scabbia, sono fatti naturali ben conosciuti al Mondo Antico. L’Ultima Piaga, quella dei Primogeniti, non è riducibile ad un fatto naturale, ed è più probabilmente un racconto inventato posteriormente. Anche qui, anzi, soprattutto qui (a differenza delle altre Piaghe, annunciate al Faraone tramite Mosè) è Dio in Persona ad attuare il ‘miracolo’.

I fatti miracolosi avvenuti nel deserto del Sinai sono meno riducibili a fatti naturali, ma non interamente. Volendo, si potrebbe pensare ad un avvenimento singolo, allargato poi dalla tradizione ad avvenimento ricorrente: la colonna di fumo può essere stata una semplice tromba d’aria, quella di fuoco forse un fuoco fatuo, o magari l’accensione del metano fuoruscente da qualche qualche pozzo di petrolio. La comprensione del miracolo della Manna è più problematica, a meno che il calore del deserto sui semi di qualche pianta, avesse prodotto... i pop-corn!

Andando avanti nel racconto biblico, troviamo la storia di Giosuè che ferma il sole. Anche qui è possibile dare qualche spiegazione di carattere astronomico sulla quale sarebbe troppo lungo soffermarsi.

In fatto di miracoli, il Libro dei Re è più interessante: Il Profeta Elia ed il suo discepolo Eliseo ne fecero alcuni singolari.

Durante la disputa con i profeti di Baal, sul Monte Carmelo, Elia prega il Signore di dare un Segno. Dal Cielo cade il Fuoco dell’Eterno[11] (un fulmine) che brucia l’olocausto e proscuga l’acqua che Elia aveva fatto gettare su di esso e sull’altare. Fu un vero miracolo? Per il ‘timing’ senza dubbio. Per la spiegazione ‘scientifica’,  non necessariamente: forse Elia ne sapeva qualcosa di elettricità statica e proprio con l’aver fatto gettare un ottimo conduttore sull’altare, aiutò a dirigere il ‘fulmine a ciel sereno’ nella direzione giusta. Chissà...

Nel Secondo Libro dei Re[12] il Profeta Eliseo, discepolo di Elia, resuscita un bambino morto. Ma lo era veramente? Leggiamo attentamente il passo, con occhi e la conoscenza di uomini moderni: il passo ci descrive con ricchezza di particolari una scena che potrebbe essere stata presa dalla Sala di Emergenza di un qualsiasi ospedale odierno.

Rimanderemo ad un’altra occasione la trattazione della Medicina nell’Antico Testamento[13], limitandoci qui a mettere tra parentesi, dopo il passo rilevante, l’interpretazione ‘moderna’ dello stesso.

Il bambino si era lamentato di avere avuto improvvisamente un forte mal di testa, mentre era andato nei campi dal padre che stava facendo la messe (ci sono due possibilità: la prima, che il bambino abbia avuto un colpo di sole, la seconda, che abbia avuto una trombosi cerebrale). Il testo non ci dice che il bambino morì sul posto, ma che un giovane lo riportò dalla madre, sulle cui ginocchia stette fino al mezzodì, e poi morì (ma forse semplicemente perse la conoscenza o, peggio, entrò in coma. Si può presumere che il popolino non fosse in grado di distinguere la differenza tra la morte e lo stato comatoso). Il fatto forse avvenne a Shunam, nei pressi di Gerusalemme, distante alcune decine di chilometri dal Monte Carmelo, dove stava Eliseo. Oggi ci vuole un’oretta di viaggio in macchina, allora forse ci voleva qualche ora, ma non giorni. Eliseo manda avanti il suo discepolo Ghehazi, ordinandogli di non salutare nessuno per via (cioè di non perdere tempo a chiacchierare: il Dottor Eliseo manda avanti l’ambulanza con il paramedico per preparare il Pronto Soccorso). Ghehazi mette il bastone sulla faccia del bambino[14] (ma l’Ebraico dice ‘mishènet’, che significa appoggio, e non ‘matè’ che significa verga. Si trattava forse di un apparechio ‘Ambo’ o di una spessa coperta? Ghehazi, con ogni probabilità, era stato mandato avanti per controllare se il bambino fosse veramente morto, o se fosse ‘solo’ in coma). Il testo dice letteralmente, poi, “[il bambino] Non [dette né] voce, né segno di attenzione”, erroneamente tradotto con “segno di vita” (cioè: Ghehazi riferisce ad Eliseo che il bambino non è morto, ma piuttosto che è in stato di incoscenza e che non si è ancora svegliato). Eliseo arriva sul posto e si chiude dentro col bambino, lasciando l’aiutante e la madre fuori (scena conosciuta al Pronto Soccorso, dove la presenza di estranei può interferire con l’applicazione della Terapia Intensiva di rianimazione). Eliseo pone innanzi tutto la sua bocca sulla bocca del bambino (ma, diamine!: respirazione bocca a bocca!), le sue mani sulle mani ed il suo corpo sul corpo (massaggio cardiaco?). Le carni del bambino si riscaldano (il bambino esce dall’ipotermia). Eliseo aspetta un po’ e poi si richina sul bambino (forse controlla il battito cardiaco o gli fa annusare i sali). Il bambino starnutisce sette volte (riprende la respirazione normale, tossendo per espellere l’acqua dai polmoni?) ed apre gli occhi (rinviene). La Terapia Intensiva ha successo. Il bambino è riconsegnato alla madre (dimesso dall’ospedale).

 

Ritorniamo al maestro di Eliseo, il Profeta Elia.

È questo l’unico caso dell’Antico Testamento nel quale un personaggio non muore[15], ma “sale la cielo su un carro di fuoco in un vento di tempesta[16]”. Il Profeta Elia non è considerato morto. Gli Ebrei ne aspettano ancora il ritorno, che annuncerà quello del Re Messia.

Probabilmente la salita in cielo del Profeta Elia è un’allegoria, della quale è inutile cercare una spiegazione logica, ma gli appassionati di ufologia hanno avanzato l’ipotesi che Elia fosse un’extra-terrestre salito, alla fine della sua missione, su un disco volante.

Questa di cercare E.T. nella Bibbia ed in altri scritti antichi è un po’ una mania. Bisogna riconoscere che alcuni testi e ritrovamenti archeologici ci lasciano perplessi. Dalle ‘Carrozze degli Dei’ di Erich von Daniken in poi, si è cercato di dimostrare che nel lontano passato i Terrestri hanno ricevuto la visita di esseri provenienti dallo Spazio.

Questa ipotesi, molto solleticante, è però declinata dalla Scienza seria per vari buoni motivi, soprattutto per quello delle distanze ‘astronomiche’ di altri possibili pianeti abitati, e perché la probabilità che esseri extraterrestri intelligenti siano di fattezze simili agli Uomini è praticamente... nulla.

Nonostante tutto, è impossibile ignorare che ritrovamenti archeologici quali le sculture rupestri delle Ande e le stesse piramidi, sembrano costruzioni fatte per segnalare il luogo dall’alto. Essi sembrano indicare la posizione di un campo d’atterraggio. La precisione con cui furono costruite le piramidi, poi, ci sembra a dir  poco ‘fantastica’ per quella che noi consideriamo la tecnologia umana del tempo in cui furono costruite.

A parte la ‘visita di E.T.’, sono state proposte altre ipotesi a dir poco ‘ferraginose’, come il viaggio nel tempo di generazioni umane future (cosa non negata dalla fisica quantistica, e concepibile al livello di particelle elementari, ma non di intere astronavi) o magari di contatti interdimensionali, tipo ‘Stargate’. Eroe di tutte queste ipotesi è quello che gli Inglesi chiamano Wormhole (la tana del verme), sul quale non ci soffermeremo. Diremo solo che, se dal punto di vista strettamente scientifico, la cosa non sia completamente assurda, è proprio la Scienza a negarla, sulla base di una probabilità praticamente pari a zero.

Dunque, se di allegoria non si tratta, Elia non è stato né un extraterrestre, né un Uomo del Futuro. Abbiamo un’altra possibilità? In effetti ce l’abbiamo: Elia potrebbe essere stato un ‘Uomo del Passato’. Mi spiego meglio:

 

La storia di Atlantide e quella del Diluvio ci fanno pensare che alla fine del ‘presunto’ Neolitico, qualche catastrofe naturale abbia distrutto una parte del genere umano. La cosa non sorprende, non più, dopo la presentazione della teoria  di Alvarez sulla caduta dell’asteroide che causò la fine dei Dinosauri alla fine del Cretaceo, 65 miloni di anni fa. Ho detto ‘presunto’ Neolitico. Poniamo l’ipotesi che una parte del Genere Umano avesse già raggiunto e superato, attorno al 10000 A.C., la tecnologia attuale, ma che qualche catastrofe ne abbia cancellato le tracce. Se un piccolo gruppo di ‘evoluti’ fosse riuscito a sopravvivere, non avrebbe tentato di trasmettere ai posteri la sua sapienza? Ma erano pochi. Forse avevano solo un paio di aerei, e li usavano con parsimonia. Li facevano vedere solo a qualche persona d’ingegno, agli occhi della quale si presentavano come dei. Forse insegnarono l’arte della Medicina a qualche Profeta e, perché no, gli insegnarono anche qualche trucchetto tecnologico. Poi, da bravi mortali, sparirono dalla scena, lasciando i ‘sottosviluppati’ all’Età del Bronzo.

 

Se questi ‘antenati tecnologici’ in via di estinzione avessero voluto tramandare le meraviglie della loro tecnologia, per conservarne almeno il ricordo, ed avessero voluto farle vedere ad un ‘sottosviluppato’ del loro tempo, avrebbero dovuto scegliere una persona che conosceva la scrittura, e soprattutto, una persona dotata di ottima memoria e di ottima capacità di osservazione. Le uniche persone su cui avrebbero potuto contare, con ogni probabilità, sarebbero stati i sacerdoti di qualche divinità, gente che a quei tempi rappresentava la ‘classe colta’ dei popoli semiprimitivi.

Certo che mostrare un aereo a reazione ad un uomo IV secolo A.C., avrebbe rappresentato per lui un grande shock, percui, sarebbe stato necessario ‘mascherare’ la presentazione tecnologica in forma di ‘Rivelazione Divina’, nella speranza che l’Uomo di Religione avesse poi trascritto quanto visto con parole adatte al suo tempo.

La situazione sarebbe stata simile a quella di ‘trasportarlo nel tempo’ ai giorni nostri.

 

Se un uomo del tempo della Bibbia fosse stato ‘fiondato’ a visitare il Salone Aereounatico di Le Bourget, proprio nel bel mezzo dell’esibizione di un quartetto di F-15 dell’Aeronautica Militare Americana, come avrebbe descritto l’esperienza?

 

Non bisogna lavorare di fantasia. Basta leggere quello che ci ha tramandato Don Ezechiele Di Busi, durante la sua visita al Salone Aereonautico Irakeno di Kebar [17] (tra parentesi la traduzione in lingua moderna):

 

“Nell’anno trentesimo [della cattività babilonese] il quinto giorno del quarto mese (il 5 Giugno del 557 A.C.) ... Guardavo, ed ecco, un vento di tempesta arriva dal nord, una grande nuvola accesa di fuoco, con un alone luminoso attorno, e dentro il fuoco come una lampada elettrica[18] (chi ha visto la fotografia di un nucleo cometario, noterà l’esatteza della descrizione. Il Nostro vide qualcosa che, inizialmente, gli sembrò un meteorite o una cometa, che volava lentamente)... Da dentro [la nuvola] apparve la figura di quattro (appunto un quartetto di aerei) esseri viventi simili a uomini (si muovevano, per chi non avesse visto mai prima un aereo, non potevano sembrare che uccelli o qualcosa di simile)... Ognuno di essi aveva quattro facce (ma in Ebraico può significare anche... quattro superfici) e quattro ali (due ali e due alettoni di direzione)... i loro piedi erano dritti (la parte posteriore, cioè, non finiva punta) e la pianta del piede era come quella di un vitello (gli alettoni di profondità erano di forma biforcuta a V)... brillavano come il rame lucido (probabilmente era una lega al Magnesio, ma il Nostro conosceva solo il Rame)... avevano delle mani d’uomo sotto le ali (agganciamenti dei serbatoi di riserva o antenne)... ogni ala era attaccata all’ala sua sorella (il Nostro nota la simmetria delle ali: ‘sorella’ sta per ‘gemella’)... non si voltavano, ognuno andava dritto davanti a sé (ovviamente si parla di volo o di rollaggio sulla pista)... le superfici avevano aspetto di uomo e di leone a destra, e di toro e di avvoltoio a sinistra[19]  (se gli aerei andavano veloci, al Nostro sarebbe stato difficile distinguere destra/sinistra da avanti/dietro, oppure si trattava dei contrassegni della squadriglia)... ... andavano dove il vento li faceva andare[20] (nella versione classica: “dove lo spirito...”. La parola Rùach in Ebraico significa sia vento, che spirito, che alito. Insomma andavano avanti grazie alla propulsione dei getti a reazione)... Gli esseri viventi avevano l’aspetto di carboni ardenti, brucianti come se una fiaccola camminasse tra gli esseri viventi. E [c’era] un’alone luminoso attorno al fuoco e dal fuoco veniva fuori un lampo (descrizione estremamente pignola dell’ugello di scarico. Basta pensare ai lanci da Cape Canaveral!)... E gli esseri viventi correvano avanti e indietro come il baleno (l’Ebraico usa qui la parola ‘Bazàk’ invece di ‘Baràk’. Sono termini simili, ma mentre il secondo indica la luce del fulmine, il primo ne indica la velocità. Dall’ugello di scarico usciva un ‘lampo di luce’, mentre gli aerei andavano ‘veloci come il fulmine’. Il Nostro è di una pignoleria esasperante!)... E, mente guardavo gli esseri viventi, ecco che [vidi] a terra, una ruota per ognuno dei quattro lati[21] (Gli aerei, prima di atterrare, avevano abbassato i carrelli all’ultimo momento)... La figura e l’azione delle ruote era simile le une alle altre... sembravano una ruota dentro l’altra... erano molto alte... ed avevano come occhi tutt’attorno... quando gli esseri viventi si muovevano, le ruote si muovevano con loro, quando essi si alzavano, le ruote si alzavano con loro... il vento degli esseri viventi era nelle ruote...[22] (continua la descrizione dettagliata, qui dei carrelli: erano attaccati alla fusoliera... avevano mozzo e copertone – cerchi concentrici-... erano imbullonate – gli occhi tutt’attorno-... si muovevano, ovviamente con velocità proporzionale alla velocità di rollaggio degli aerei).

 

e adesso... il meglio della meticolosa descrizione:

 

Sopra le teste degli esseri viventi[23] c’era come un Cappa del Cielo, simile ad un grande [pezzo di] ghiaccio, incurvato [proprio] sulle loro teste (mirabile decrizione del ‘Cockpit’! la versione classica dice ‘cristallo’, ma l’Ebraico usa ‘Ghiaccio’, forse perché un oggetto trasparente di quella grandezza ricordava di più il ghiaccio... il Nostro aveva descritto la forma rettilinea del ‘corpo’ degli aerei, qui invece ci tiene a sottolineare la forma semisferica: a ‘Cappa del Cielo’[24])...

 

Sentii il rumore delle loro ali, come il suono di [una] grande [cascata] di acque, come la Voce dell’Onnipotente, quando si muovevano; ed [invece sentii] il suono come della multidutine di un accampamento, quando stavano fermi[25] (mirabile distinzione tra il rumore dei reattori a pieno regime e quello dei motori a basso regime: quando si muovevano era come molte acque – probabilmente il Nostro si riferisce al suono di una cascata, enormemente amplificato, tanto da fargli ribadire che era ancora più forte – come la voce dell’Onnipotente -. Invece, quando gli aerei si fermavano, il rumore era più sordo e meno assordante, come quello prodotto da tanta gente che si muove e parla in una stazione ferroviaria, o, al tempo del Nostro, in un accampamento militare. In dialetto romanesco si userebe il termine ‘una caciara’)... 

 

Lascio al lettore il gusto di ‘interpretare’ il resto del passo[26] (la dettagliata descrizione della cabina di pilotaggio) da solo.

 

I nostri ‘antenati tecnologici’ non avrebbero potuto trovare un testimone più pignolo di Don Ezechiele Di Busi...


8. Vietato mangiare i gamberetti!

 

Uno dei più noti precetti degli Ebrei è quello di non mangiare... il prosciutto.

Il divieto di mangiare la carne di maiale non è unica prerogativa del Popolo Eletto. Anche i Musulmani osservanti hanno in abominio quel roseo suino, specie dopo morto. La regola Musulmana è senza dubbio una derivazione di quella Ebraica.

Presso le Fedi Monoteiste Semitiche, il porco è considerato un animale immondo, anzi l’Animale Immondo per eccellenza. Il Mondo Cristiano, invece, si limita a cosideralo sporco solo da vivo, godendosene, poi, la mortadella e i cotechini.

 

L’undicesimo capitolo del Levitico è tutto dedicato all’elenco degli animali commestibili e di quelli che è vietato mangiare. Queste regole sono state chiamate “Kashèr”, che significa grossomodo ‘consentito’. Il termine è posteriore alla Bibbia, e non appare nel passo.

 

L’undicesimo capitolo del Levitico è estremamente particolareggiato. In un modo o nell’altro, nell’elenco è compreso tutto il mondo animale, al punto da non lasciare fuori nessuno. I quadrupedi sono divisi in due gruppi: quelli permessi sono gli ovini ed i bovini, tutti gli altri sono ‘abominevoli’. Anche per gli animali acquatici la definizione non lascia ombra di dubbio: sono permessi solo quelli con pinne e squame, cioè quelli che sono chiaramente pesci. Per i volatili[27] sono elencati solo quelli proibiti, mentre per gli insetti[28] sono elencati quelli permessi, prima tramite una definizione generica, poi nominandone quattro espressamente. Il resto degli animali terrestri, quelli piccoli e piccolissimi, è vietato in generale, sottolineandone alcuni per nome.

 

È interessante soffermarsi sul passo proprio dal punto di vista zoologico, e cercare di scoprire le ragioni che hanno spinto i Legislatori a fare la nota Distinzione, di cui si è già parlato. Autori autorevoli hanno scritto interi trattati sul il valore ‘igienico’ della legge del ‘Kashèr’. Senza dubbio in questo valore c’è del vero, ma secondo la mia modesta opinione, il ‘valore igienico’ è più una conseguenza, se non addirittura una ragione creata posteriormente ad hoc. La maggior parte degli eruditi commentatori, infatti, si è concentrata sulla questione del maiale che, però, è proprio l’esempio meno appropriato in fatto di igiene, completamente ignorando che, se la legge era intesa a preservare l’igiene, questo fine è da cercare, semmai, proprio dove essa tratta gli altri ‘animali minori’. Cerchiamo di fare un ragionamento logico, evitando di essere influenzati dai Dotti, che ci hanno venduto l’Ufficio di Igiene per duemila anni:

siamo poi tanto sicuri che la carne di maiale sia stata meno sana della carne di mucca o di pecora? Non dimentichiamoci che si parla di tremila e rotti anni fa, quando i controlli veterinari, come li concepiamo oggi, non esistevano ancora. La risposta è negativa. Le pecore e le capre (e gli uomini) vivevano in un habitat sporco e pieno di malattie esattamente come i maiali, i cavalli ed i cammelli. Tanto è vero che i popoli limitrofi ai Figli di Israele allevavano, apprezzavano e mangiavano il maiale, esattamente come facevano con la mucca, la capra e la pecora. E non si può dire che i ‘mangiatori di prosciutto’ vivessero meno a lungo di quelli che lo abborrivano.  Dal ragionamento viene fuori che la ‘questione maiale’ ha ragioni che con l’igiene hanno a che fare poco o niente. La ragione dell’accanimento contro il povero porco va cercata altrove. Ritorneremo sull’argomento. Per ora ritorniamo al passo del Levitico e leggiamo attentamente le definizioni zoologiche.

 

“Questi sono gli animali che mangerete, tra il bestiame terrestre:[29]...”. La radice del termine ebraico ‘animali’ è la stessa della parola vita. porebbe essere tradotto anche con ‘esseri viventi’. Il termine che qui ho reso  con ‘bestiame’ indica i grossi quadrupedi. Si potrebbe rendere anche con ‘armenti’, perché direi che nel passo ci si riferisca soprattutto agli animali domestici. “Quelli che hanno gli zoccoli, il quale zoccolo sia diviso in due, e che siano ruminanti...” (come al solito la mia traduzione si distacca un po’ da quella classica). Notiamo attentamente l’ordine dei segni di riconoscimento: prima di tutto si parla di bestiame con gli zoccoli. Questo lascia automaticamente fuori tutti, tranne ovini, bovini, equini e suini. Poi viene la seconda regola, che chiamerei dello ‘zoccolo bifido’. Con questa regola cadono gli equini, cioè i cavalli, gli asini egli onagri[30]. Infine viene la regola dei ruminanti, che lascia fuori i suini. Per evitare dubbi, il passo procede con l’elenco di alcuni animali proibiti che hanno una delle caratteristiche, ma non tutte e tre: “Il cammello[31], perché rumina, ma non ha gli zoccoli[32]...”. Attenzione: il passo dice semplicemente “non ha gli zoccoli” ed ignora l’unghia spartita, che è un errore di traduzione: se il cammello non ha gli zoccoli, chi se ne frega di controllare che tipo di zoccolo abbia! Chi ha scritto il passo della Bibbia, conosceva il linguaggio scientifico molto meglio dei commentatori.

 “... Il procavia[33] e la lepre[34]...”  sono proibiti per la stessa ragione del cammello: ruminano[35], ma non hanno gli zoccoli.

Ed arriviamo finalmente al nostro maiale[36]: “... ché ha gli zoccoli, e questi sono bifidi, ma non rumina[37]...”. Tutto qui. Se i legislatori avessero trovato un altro animale con queste caratteristiche e lo avessero menzionato al suo posto, forse l’accanimento contro il nostro povero porco avrebbe preso una piega diversa...

È interessante notare come gli altri animali, su cui sarebbe potuto sorgere il dubbio (gli equini), non sono menzionati in particolare. Forse perché i nostri padri non usavano mangiare comunque la carne di cavallo...

Notiamo, a questo proposito che non sono nominati né gli Ippopotami (si presume che i Figli di Israele li avessero conosciuti in Egitto), né i grossi felini (i Leoni, a quei tempi, erano sicuramente presenti in Palestina, mentre i Leopardi ci sono ancora oggi), né gli Orsi (anche quelli allora c’erano). Più in là, comunque, il passo sintetizza che è vietato mangiare “Tutti i quadrupedi che camminano sulla pianta del piede...” cioè non sulle punte, come quelli con gli zoccoli. Questo escude i Leoni, gli Orsi, eccetra, ma può darsi che i Figli di Israele quando ne vedevano uno, piuttosto che pensare a farne un manicaretto, scappavano, per evitare di... diventane uno!

 

Passiamo agli animali acquatici[38]. Abbiamo già menzionato la definizione di pinne e squame, che lascia dentro solo i pesci. Qui forse, sì, c’entra la questione dell’igiene:

Qualunque animale con molte gambe, nelle pozzangere del deserto, probabilmente era uno scorpione o un millepiedi, e non un gamberetto... e uno con squame, ma senza pinne, magari era un serpente d’acqua. Insomma, se vai a pescare nei torrenti... fidati solo di quelli che riconosci chiaramente come pesci. Vada pure essere prudenti con i vertebrati e con gli artropodi acquatici, ma dove li mettiamo i molluschi? Cosa c’è di male con... le cozze? Probabilmente non c’è niente di male, tranne che... dove le trovi, le cozze, nelle oasi?

Abbiamo risolto il Busillis! I figli di Israele sono passati per gli interni del Deserto del Sinai, e sono entrati in Palestina passando il Giordano, a causa dei Filistei, che occupavano la costa. Se i Figli di Israele avessero preso la Via del Mare, pescando stradafacendo nella laguna di Bard-a-Wil[39], non avrebbero avuto nessuna difficoltà ad apprezzare le Aragoste e le Telline.

Se per gli Ebrei Osservanti ancora oggi è Vietato mangiare i Gamberetti... anche allora è stata tutta colpa dei... Palestinesi!!!

 

Sistemata rapidamente la questione degli animali acquatici (tanto di acqua ce n’era ben poca), il passo si dedica ai volatili. Qui la lista di quelli proibiti è piuttosto lunga: si passa dall’avvoltoio[40] a tutta una serie di rapaci diurni e notturni, poi si ricordano lo struzzo ed il corvo, “ogni specie di cicogna”, l’airone, il gabbiano, l’upupa e, per finire, il pipistrello. Probabilmente i nostri Padri sapevano benissimo che il chirottero in questione, pur volando, non è un uccello, ma Diobbono! Anche allora il pipistrello faceva veramente schifo!

Perché il legislatore si vide costretto a scendere in particolare circa i volatili? Probabilmente perché non era possibile trovare una definizione generale che distinguesse quelli permessi da quelli abominevoli. Oppure per evitare dubbi. Cosa hanno, dunque, di abominevole, in comune, i rapaci e gli uccelli acquatici?  La risposta, benché non specificata nel passo, è abbastanza ovvia: sono tutti... carnivori. Alcuni cacciano prede vive, altri si cibano di carogne, altri mangiano i pesci e... circa l’upupa, forse perché, con il suo lungo becco, stana i... lombrichi.

Facciamo un passo indietro: i quadrupedi  permessi sono certamente tutti erbivori, mentre i suini sono onnivori. In sintesi si sarebbe potuto definire semplicemente: non mangiate gli animali che si cibano di altri animali, ma questo avrebbe potuto creare confusione, per cui il legislatore preferì scendere in particolari, se necessario, animale per animale.

 

Andiamo avanti: è il turno degli ‘animaletti volanti’ cioè degli insetti[41]. Qui la definizione zoologica è un po’ curiosa: si ordina di ‘schifare’ quelli “che camminano sul terreno su quattro zampe” (i nostri padri certamente sapevano che gli insetti ne hanno sei!), ma poi il legislatore chiarisce: “Però potete mangiare quelli che camminano con quattro zampe, ma hanno  due zampe sovrastanti, per saltare. Alcuni traduttori hanno signifiticativamente usato “quattro piedi”  per camminare  e “due zampe” per saltare. Anche l’Ebraico usa due termini completamente differenti per indicare la distinta morfologia delle zampe posteriori delle cavallette[42]. Per evitare di confondersi il legislatore nomina espressamente “ogni specie di locusta, ogni specie di cavalletta” ed altre due specie di insetti che probabilmente sono anch’essi tipi di cavallette.

Beh... a me fa schifo l’idea di mangiarle, le cavallette, ma si vede che a quei tempi (in Yemen ancora oggi) le trovavano saporite. In fondo, in mancanza di gamberetti... perché no? Bisognerebbe fare la prova, prima di cancellarle dal menù!

 

La lista degli animali proibiti termina con un divieto generale per tutto ciò “che brulica sul terreno[43]”, mettendo nello stesso sacco topi, talpe e tartarughe. Come dire: non siamo sicuri di cosa si cibano quindi, nel dubbio, lasciateli stare. Sono proibiti espressamente anche gli animali che strisciano sulla pancia, senza elencarli tutti espressamente, insomma, serpenti, coccodrilli e ramarri vari.

 

A questo punto ci chiediamo: perché, nonostante la Bibbia tratti la distinzione tra gli animali ‘puri’ e quelli ‘abominevoli’ con tanta pignoleria, alla fine ce la prendiamo soprattutto col maiale? La ragione va cercata in quel famoso Quarto Comandamento che parla della Distinzione. La separazione netta tra Sacro e Profano, tra i Figli di Israele e gli altri popoli. La meticolosa definizione degli animali permessi non è compresa nei Dieci Comandamenti, che sono da considerare la ‘Costituzione’ della Bibbia, ma sono una legge aggiunta a parte, insieme a molte altre che definiscono le regole di vita in modo particolareggiato. La ‘Costituzione’ dice di Distinguersi dagli altri popoli, e questo è l’Essenziale. Il medoto applicato è quello di considerare ‘abominevole’ tutto quello che gli altri considerano ‘Sacro’.

Notiamo che molti popoli dell’antichità, forse sin dalla preistoria, consideravano sacri molti animali utili, dai quali si poteva ricavare un profitto in forma di lavoro e sprattutto di cibo. Se un animale era buono da mangiare, era considerato una Divinità, o sacro a qualche Divinità o, come minimo, un Dono della Divinità. Il maiale aveva, ed ha tuttora, il gran pregio di poter essere allevato con grande facilità. Mangia di tutto, ingrassa in fretta e, quando è grasso abbastanza, fornisce ottime cotolette e prosciutti. Il suo grasso fornice combustubile per le lampade e con la sua pelle si possono fare ottimi otri. Del maiale non si butta niente. Non fa specie, dunque che i popoli della Palestina ne fecero un animale sacro. Ma, per distinguersi dagli altri popoli limitrofi, i Legislatori dei Figli di Israele ne fecero un animale immondo. Per diventare il Popolo Eletto si dovevano fare certi sacrifici, uno dei quali fu quello di rinunciare al prosciutto. Peccato!

 

Mille e passa anni dopo, i Cristiani, che potevano ormai basarsi su leggi morali di tipo più spirituale, eliminarono questa regola, mentre gli Ebrei, e dopo di loro i Musulmani, la conservarono, forse per abitudine, o forse solo perché preferivano la tenera carne di agnello ai cotechini.

Chissà se, sotto altre condizioni, le cose sarebbero potute andare diversamente...

Ma la Storia e la Tradizione non si fanno con i “Se”.

 

 W i Gamberetti!


9. Tappando i buchi della Storia

 

Alcuni giorni fa stavo rivedendo alla televisione l’ennesima replica de “I Dieci Comandamenti” di Cecil B. De Mille. Come succede spesso in questi casi, questa volta feci caso più che alla trama, a certi particolari minori, uno dei quali era questo:

Ogni qualvolta che il Faraone Seti dava qualche disposizione importante, la sigillava con il detto: “Così sia fatto, così sia scritto!”. Quando poi lo stesso si vide costretto, suo malgrado, a scacciare il Principe Moses dal regno, ordinò perentoriamente di “cancellarne il suo nome da tutti gli scritti e da tutte le statue”. La scena drammatica del copione ha, ovviamente, una solida base storica: gli Egiziani solevano scrivere tutti gli avvenimenti di una certa importanza nelle Cronache del Regno, per tramandarne il ricordo alle Generazioni Future (e di cancellare quelli che non volevano che fossero tramandati). Gli Egizi sapevano bene, molto prima dei Romani che scripta manent. Grazie a questi scrupolosissimi scrivani (e alla Stele di Rosetta) oggi sappiamo la Storia Egizia con sorprendente precisione e ricchezza di particolari.

Questo uso di trascrivere la Storia Ufficiale non era, però, sola prerogativa degli Antichi Egizi. Se oggi siamo a conoscenza di importanti avvenimenti astronomici del passato, come le antiche eclissi, lo dobbiamo ai Cinesi ed ai Babilonesi[44]. Anche gli Antichi Persiani avevano l’abitudine di registrare tutti gli Atti di Corte di una certa importanza. Nel Libro di Ester, uno dei più tardi della Bibbia, ne troviamo alcuni esempi[45], uno dei quali ci apre uno spiraglio sulla ragione di tanta scrupolosità: il re di Persia di allora, un certo Ahashweròsh (traslitterato in Italiano Assuero), una notte, preso dall’insonnia, non trovò di meglio che farsi leggere proprio le ultime Cronache di Corte, scoprendo che un certo Mordechai (It. Mardocheo) gli aveva salvato la vita da una congiura di palazzo e non era stato ricompensato doverosamente. Il re decise di correggersi, seppure in ritardo, facendo andare in bestia il suo Primo Ministro Hamàn, che non sopportava questo Mordechai. Hamàn, nel racconto biblico, finisce male, mentre la minoranza etnica da cui proveniva la Regina Ester, nipote dello ‘spione’,  ottenne il favore del Re Ahashweròsh.

Il racconto del Libro di Ester, che diede origine al Carnevale Ebraico detto Purìm, qui ci interessa poco. Quello che ci interessa di più è che il Capo dell’Impero Persiano, che si estendeva dall’India all’Etiopia, su centoventisette province, sapeva fare buon uso delle Cronache, non tanto per trasmettere ai posteri la sua gloria, ma piuttosto per seguire da vicino quello che gli succedeva in casa.

 

Nel Libro di Ezra (Esdra, all’Italiana) troviamo ulteriori informazioni sul Regno Persiano. Il primo Re ad essere citato è ovviamente Kòresh (Ciro il Grande), che tra l’altro aveva un ministro del Tesoro di nome… Mitridate[46]. Poi sono menzionati, nell’ordine: Ahashweròsh/Assuero, un certo Artahshàshta (che nome!) e un Dariwesh, che poi sarebbe Darìus[47] (con l’accento sulla i). I Persiani avevano una spiccata predilezione per il suono sh (all’inglese, come sc di ‘sciare’) nei nomi propri. Non a caso la loro capitale si chiamava Shushàn, che poi sarebbe Susa o... meglio ancora... Susanna, che in Ebraico (e probabilmente anche in Antico Persiano) significa Giglio. Insomma... se vi dovessero chiedere il nome della capitale del Re Dario, potete liberamente dire: “ma, diamine: Firenze!!!”.

 

Scherzi a parte, questo suono sh, tanto amato dai Persiani, spezzava invece i denti ai Greci ed ai Latini che ci tramandarono i nomi storpiati a dovere: Koresh divenne Ciro, Dariwesh divenne Dario,  Artahshàshta divenne Artaserse e, sissignori!, il famoso Ahashweròsh/Assuero, marito di Ester l’Ebrea, altri non era, se non… Serse il Grande, quello che si prese la batosta dagli Ateniesi a Salamina. Tra l’altro possiamo pensare che i fatti del Libro di Ester furono proprio una delle ragioni dell’invasione Persiana in Grecia: alla fine del libro di Ester gli Ebrei sono premiati con i soldi provenienti da un tributo imposto “sul paese e sulle isole del mare”. Evidentemente si trattava delle Isole dell’Egeo, sottomesse di recente, che chiesero aiuto ai Greci. Serse si incazzò, passò i Dardanelli, annientò gli Spartani di Leonida alle Termopili e prese la batosta a Salamina. Il resto è… Storia Greca!

 

Dal punto di vista della Cronologia Storica i libri di Ester e di Ezra sono gli ultimi del Vecchio Testamento. Per gli Ebrei la Bibbia si chiude qui.

La Storia Ebraica riprende molto dopo, con il Libro dei Maccabei, che tramanda le gesta della lotta contro i vari Seleucidi e Tolomei, diadochi di Alessandro il Macedone, che volevano imporre a tutti i costi la Cultura Greca al popolo Giudìo in Palestina, contro tutti i Precetti della Religione Ebraica. I Maccabei (dalla parola Makevet, che in Ebraico significava martello), si ribbellarono con successo, ed eliminarono di di tra di loro quegli Giudìi collaborazionisti, chiamati con disprezzo “Grecizzanti”, fondando un regno indipendente, che tenne duro, alleandosi, forse anche con i Romani, fino al tempo di Pompeo. L’ultimo dei Maccabei fu deposto da Eroda, mentre forse i primi Giudìi arrivarono a Roma con qualche ambasciata dei Maccabei e, da allora, ci rimasero fino al giorno d’oggi.

 

Da bravo Italiano, io la Storia Antica, specie quella Greca e quella Romana, l’ho imparata a scuola nei minimi particolari: Date su date, battaglie su battaglie. La Storia, per via dei metodi di studio vigenti allora, era, però, insegnata a compartimenti stagni ed era completamente avulsa dal resto. Solo più avanti riuscii ad inserire l’Arte, la Scienza e la Filosofia nell’ambito storico appropriato. Lo sapevate, per esempio che il famoso Senofonte dell’Anabasi era un allievo di Socrate? E che Furio Camillo era un contemporaneo di Alessandro Magno? A scuola abbiamo imparato la Storia Greca, poi quella Romana, facendole convergere solo durante la Prima Guerra Punica, che poi era un guerra contro... i Fenici! .

 

A scuola ci hanno insegnato solo la Storia di una delle parti che si scontrarono a Canne e a Zama. Dei Fenici non ci hanno detto niente. Non sarebbe stato male, per esempio, darci un’infarinatura almeno della loro lingua e della loro religione. Avremmo scoperto, per esempio, che la maggiore Divinità fenicia era proprio quel Baal, ricordato spessissimo nella Bibbia, e che tutti quegli Annibale ed Asdrubale avevano nomi simili ai vari Daniele e Michele. Annibale, per esempio significa ‘Grazie a Dio’, Cartagine significa ‘Napoli’, mentre... Caltanissetta significa ‘Città Innalzata’, cioè... Acropoli.

 

Questo vizio di insegnare a scuola la Storia compartimenti stagni è probabilmente una  remora dello Spirito Nazionalista in vigore nel XIX ed nel XX secolo, ma oggi, con il mondo così piccolo,  sarebbe opportuno cercare di insegnare la Storia in forma più integrata. Pensiamo al Medio Evo: Ci hanno riempito la testa sui Carolingi, dimenticando che in Spagna, allo stesso tempo, visse Maimonide e quando ci raccontarono dei Crociati e dei Normanni, quasi si dimenticarono di dirci che in  Medio Oriente regnava a quei tempi il Grande Saladino[48]. Quando in Europa c’era la Buia Era Medievale, nei Paesi Arabi, a due passi da noi, sulle sponde di quello stesso Mediterraneo, si era all’Età dell’Oro. Si era al massimo del livello culturale. Se non fosse stato per gli Arabi, tutta la Scienza e la Filosofia Greca raccolte nella Biblioteca di Alessandria, sarebbero andate a farsi friggere. Se l’Europa, dopo essere stata colpita dalla Peste Nera, uscì dal Medioevo e divenne quella che divenne, gli Europei devono ringraziare proprio... gli Arabi di allora. Un po’ di rispetto, prima di dirne peste e corna, non guasterebbe.

 

Quello di tramandare ai posteri la Storia secondo il comodaccio della particolare società che la scrive, dunque, non è stato solo un vizio degli Antichi Egizi, ma un sistema in uso nelle Società Umane fino al “1984” di G. Orwell ed oltre, fino ai giorni nostri. Gli storici amano lasciare parecchi buchi, alcuni forse per letterale ‘ignoranza’, altri certamente di proposito. Leggendo la Bibbia dal punto di vista storico, troviamo informazioni ignorate dalla Storia Egizia e da quella Greca, anche se, devo ammetterlo, mi è successo di osservare anche il contrario. Tutto il mondo è paese.

 

Mia figlia non ha mai amato i libri di Storia. Quando alla fine delle Elementari arrivò il turno della Storia Greca, mi sentii ben felice di poterle dare una mano. Trenta e rotti anni prima mi avevano così tanto riempito la testa di date, che qualcosa era ancora rimasto. All’inizio dell’anno scolastico presi dunque in mano il libro di testo della Storia Antica di mia figlia, e diedi un’occhiata all’indice. I primi capitoli, ovviamente, trattavano gli antichi popoli della Mezzaluna Fertile. C’era qualche parola in più sui Fenici e sui Filistei. Beh, questo mi sembrò naturale, visto che mia figlia in fondo doveva studiare la Storia Antica del Medio Oriente e non... dell’Italia. Ma la Storia Greca è La Storia Greca, non c’è niente da fare... Troia, Maratona, Atene, Sparta... oppure... no?

Il quinto capitolo del libro trattava degli albori della Storia Greca: Creta, l’invasione Acheo-Dorica, la Guerra di Troia. Il sesto capitolo era dedicato alle Guerre Persiane: Maratona, Salamina ecc. Il settimo capitolo cominciava con... Alessandro Magno e ricordava il periodo Ellenista...

 

Dove era finito il capitolo... Sei e mezzo?

Nel libro di Storia di mia figlia c’era un evidente buco nero. Un abbisso, direi.

Dove era finita “L’Età di Pericle”!?

 

Cercai le pagine mancanti, ma non mancava proprio niente. L’Età di Pericle, nel libro delle Elementari di mia figlia, proprio non c’era!

Non denigriamo troppo. Alla fine del libro trovai un’appendice, dove si suggerivano degli approfondimenti facoltativi. Lì ci ritrovai i nomi di Socrate, di Fidia e di qualche altro illustre Greco dell’Epoca d’Oro di Atene, come a dire “non fa parte della nostra Storia, ma, se proprio volete saperne di più, l’argomento ha un certo interesse...”.

 

Non credevo ai miei occhi! Nel libro non davano il minimo peso a quei miseri centocinquantanni della Gloria di Atene, che influenzarono tutta la Civiltà Occidentale per i duemila e cinquecento anni successivi. Perché?

 

Cercai la logica dell’autore del libro di Storia delle Elementari di mia figlia e, alla fine, la trovai:

La Bibbia si ferma al Libro di Ester ed a quello di Ezra, al tempo delle Guerre Persiane, delle quali i Cittadini dell’Impero Persiano di allora non avevano nemmeno... sentito parlare. Il Libro dei maccabei, del II secolo A.C., ci riferisce della lotta contro ‘I Greci’ e contro i ‘collaborazionisti Grecizzanti’, che noi conosciamo con un titolo molto meno spregevole: ‘Gli Ellenisti’.

 

In Terra Santa, parte del grande Impero Persiano, nel V e nel IV secolo Avanti Cristo, semplicemente... non successe niente di rilievo storico, degno di memoria per il Popolo Ebraico.

Cosa ci volete fare che nel contempo, nella non troppo lontana Attica, furono poste le basi della Civiltà Moderna.

 

La Storia è piena di buchi.

 

Qualcuno lo abbiamo tappato.


10. La Morale )relativa) della favola.

 

Si racconta che il patriota francese Lafayette chiedesse un giorno a George Washington se, a suo parere, la Costituzione del 1776 fosse ‘La Migliore, in senso assoluto’. Il Presidente gli rispose: “Non so se sia La Migliore in senso assoluto, ma certamente è la migliore in Senso Americano!”.

 

Washington sapeva quello che diceva. La Costituzione rappresenta l’insieme delle Leggi Fondamentali di una[49] Società Umana, l’insieme dei Principi, sui quali una Società è fondata, e pone le basi ed i limiti a tutte le altre leggi che provvedono le regole particolareggiate per le persone che fanno parte della Società in questione, regole che possono essere di carattere organizzativo o di ‘costume’, cioè regolanti il ‘comportamento’ generale in seno alla Società.  I Latini chiamavano quest’ultimo al plurale Mores, e da questo termine è derivato quello di ‘comportamento morale/immorale’ o, sinteticamente, ‘La Morale’. 

Spesso e volentieri noi consideriamo La Morale qualcosa di assoluto, dimenticandoci l’origine del termine. La Morale di una determinata società umana è semplicemente l’insieme delle regole di comportamento accettate dalla stessa. Se vogliamo, l’isieme dei ‘Buoni Costumi’.

Le Regole Morali di una Società Umana, vengono generalmente definite al momento della nascita di questa, e ne costituiscono la colonna vertebrale. Per questo le Regole Morali sono poche, chiare, e vengono modificate molto di rado. In pratica si può dire che quando tali regole vengono modificate sostanzialmente, la Società in questione non è più quella di prima[50].

Nei Paesi Democratici degli ultimi due secoli le Regole Morali sono spesso sanzionate proprio nella Costituzione, in passato li abbiamo trovate sulle Dodici Tavole e nei Dieci Comandamenti.

 

Alcune regole ci sembrano universali, perché appaiono in tutte le Società a noi conosciute, ma... attenzione! Non bisogna confondere: una regola che è buona in tutte le Società, non per questo è Universale ‘in Senso Assoluto’. Limitiamoci a dire che ‘probabilmente è valida per ogni tipo di Associazione Umana’. La Regola è strettamente legata all’Esistenza e all’Essenza della Società che la applica.

 

Prendiamo per esempio la legge “Non Rubare”. Il principio è chiaro: in ogni Società i membri della stessa hanno delle proprietà non comuni agli altri membri. Per salvaguardare queste proprietà, la Società stabilisce una legge che la protegge e, naturalmente, decreta la punizione per chi trasgredisce la regola. Lo stesso si può dire di “Non Fornicare”. È la necessità sociale di proteggere il nocciolo della stessa, il nucleo familiare, che ha spinto i Legislatori a sanzionare il ‘Dovere di Fedeltà Coniugale’. “Non Uccidere”, poi, sembrerebbe proprio una legge universale, ma sappiamo bene che le varie Società hanno dato a questa legge interpretazioni molto diverse. Se osserviamo la Storia, anzi, possiamo dire che la legge di Non Uccidere è quasi sempre stata valida solo in seno alla Società di appartenenza, mentre non è valsa nei riguardi dei rapporti di questa con un’altra Società. Se così fosse stato, gli Uomini non avrebbero fatto le guerre né avrebbero tratto in schiavitù altri membri della ‘Società Umana’.

 

Diamo un occhiata alla legge “Non Rubare” ed alla punizione contemplata da alcune Società per i trasgressori. Ancora nel XIX secolo, in Inghilterra ed in altre nazioni ‘progredite’ il furto era punito con la pena di morte. Ci si aspetterebbe che la punizione sancita dalla Bibbia fosse egualmente severa, considerando che il furto è contemplato nei Dieci Comandamenti, ma non è così. Nella Bibbia è vietato rubare, ma la pena per il trasgressore è molto sensata e..proporzionata. Il ladro deve restituire il maltolto[51], più pagare il ‘risarcimento dei danni’, anche questo in proporzione alla natura del furto: Per una mucca rubata e macellata ne deve restituire altre cinque, ma per una pecora rubata, il risarcimento è limitato a sole quattro pecore.

Ogni professione ha i suoi ‘rischi del mestiere’, anche quella di scassinatore: “... il ladro colto nell’atto nottetempo[52]” può essere ucciso impunemente, senza che il derubato sia accusato di omicidio, ma se il furto è avvenuto di giorno, il delitto di omicidio c’è, eccome! La legge ha una sua logica: Uno scassinatore che arriva di notte, potrebbe anche essere un nemico, venuto ad uccidere. Il derubato può giustamente ventolare il diritto di Legittima Difesa, ma se il sole è già spuntato, il derubato è tenuto ad urlare “Al ladro! Al Ladro”, prima di farsi giustizia da sé. Lo scassinatore, dopotutto, potrebbe essere disarmato e catturabile con l’aiuto di qualce vicino.

 

A Sparta le regole erano ancora più Draconiane: il derubato poteva uccidere impunemente il ladro colto sul fatto, a tutte le ore, ma se lo scassinatore la faceva franca, il malloppo diventava di sua proprietà. La militarista Società Spartana pretendeva dai suoi cittadini la capacità di mantenere un occhio vigile sulle loro proprietà. Chi non era in grado di farlo, ne subiva le spiacevoli conseguenze. La Società Spartana amava i “winners”. Il Rubare non era un delitto. Il Farsi ‘beccare’ sul fatto, lo era. Possiamo dire con questo che gli Spartani fossero immorali? Nossignori! Le leggi di Dracone, per draconiane che fossero, erano adeguate alla Società per le quali erano state create.

 

Passiamo al “Non Fornicare”. Nella Bibbia l’Adulterio era punito con la Pena di Morte per lapidazione. Più tardi Gesù Cristo stesso si permise di ‘ammorbidire’ questa regola draconiana, sollecitando la pietà ed il buon senso del popolino. Evidentemente già al Suo tempo i costumi erano cambiati. Quanti dei presenti erano sicuri di avere la coscienza a posto su certe scappatelle? “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra!”. I risultati parlarono chiaro. Non che l’adultera non fosse colpevole. Gesù, semplicemente, l’amnistiò: “Vai a casa tua e non peccare più!”, le disse.

 

Gli Antichi Romani, in fatto di adulterio, la vedevano diversamente. In maniera molto più pratica, se vogliamo. A Roma il Nucleo Familiare era non meno sacro che nelle altre Società, ma qui i Romani erano più sensati: lasciavano la decisione al pater familias. Se una moglie metteva le corna al marito, era ua questione da risolvere tra i due interessati. Lo Stato non si immischiava. Ma lo Stato pretendeva e richiedeva di definire lo Status dell’eventuale bambino nato dall’unione illegittima. Se i due coniugi erano disposti a fare pace tra di loro, non c’era ragione che Roma si immischiasse nelle loro faccende private. Tra moglie e marito non mettere il dito. L’essenziale era che la familia restasse unita o, casomai, che fosse sciolta con un regolare divorzio. Nella Società Romana, come in altre Società, il pater familias poteva rifiutarsi di riconoscere e di allevare anche un figlio legittimo, se questi era nato gracile o deforme. Quella che oggi ci sembra un’usanza crudele, aveva una sua logica: Sostentare un figlio era un onere pesante, che lo Stato richiedeva a tutti i capifamiglia. Una volta che hai accettato il figlio, te lo devi tenere e ne hai la Responsabilità. Ma i Romani erano un popolo sempre in guerra. Succedeva speso che un marito si assentasse da casa per un anno e passa... O.K., per soddisfare i suoi impellenti bisogni sessuali, lui poteva trovare qualche Barbarella compiacente... come avrebbe potuto accusare la moglie di non avere gli stessi bisogni? A Roma succedeva spesso che il nostro bravo centurione, partito per una campagna nelle Gallie, trovasse al ritorno che la moglie gli aveva preparto, in regalo, un nuovo pargoletto. Che fare? Dipende. Se il nostro centurione ci andava in puzza, divorziava, ma se il neonato gli piaceva e lui era un uomo di mondo, allora prendeva il figlio della moglie, lo alzava in alto, di fronte a lei e alla gente di casa e da quel momento il figlio era suo, nel bene e nel male. “Pater est qui nuptiae demonstrant” Sanciva la Legge. Il Padre di un Figlio era, per legge, il Marito della Madre. Punto e basta. Il padre naturale si poteva attaccare al tram. I benefici e la Responsabilità del neonato andavano al nostro cornuto centurione, se a lui andava bene così. Morale Elastica? Legge Immorale? Per i Romani legge praticissima. Dopotutto, anche oggi, il Padre di un Figlio, legittimo, illegittimo o adottato che sia, è quell’uomo che... il figlio chiama: “Papà!”.

 

Insomma la Morale è un cosa relativa al tempo ed alla Società in seno alla quale esiste. Non possiamo criticare il ‘comportamento immorale’ degli Uomini secondo il metro della Nostra Società. La Morale è qualcosa di dinamico. In ogni Società c’è gente ‘bacchettona’ e gente ‘liberale’. Gli Inglesi dicono che è la Differenza di opinioni che permette le Corse dei Cavalli. E vince chi punta sul cavallo giusto.

 

Anche il Profeta Samuele, che pure era un uomo ligio alla Morale, scelse un cavallo (dal pelo rosso), che di ‘Morale’ ne aveva proprio poca. Ma era un ‘winner’, e per vincere la corsa anche i Profeti qualche volta devono passarci sopra.

 

I fatti raccontati nella Bibbia, furono trascritti nella forma definitiva a partire dal periodo ellenistico, ma certamente si basano su una tradizione orale molto più antica. Si può presumere che il Pentateuco, per esempio, abbia preso forma a partire dal periodo dei Giudici, e sia stato messo per iscritto forse già al tempo del Re Salomone, mentre è presumibile che il periodo successivo, cioè quello dell’insediamento dei Figli di Israele in Palestina, sia stato scritto, già con un certo ordine, al tempo delle Guerre Persiane. Dopo Salomone è probabile che i fatti storici siano stati messi per iscritto contemporaneamente al loro accadere, infatti nella Bibbia troviamo i due libri delle Cronache, che sono un noisissimo diario, parallelo ai due libri dei Re. L’uso di scrivere le cronache, come abbiamo già visto, non era limitato al Popolo di Israele. 

Gli Studiosi saranno certo in grado di fornirci date più esatte, ma a noi, qui, questo interessa relativamente. Quello che ci interessa è di notare che la Tradizione Orale ha un pregio ed un difetto. Il pregio è, naturalmente, quello di tramandarci i fatti. Il difetto è quello di tramandarceli col sistema del telefono rotto: dopo tanti secoli, vattelapesca quali sono le storie vere e quali i fatti inventati stradafacendo di sana pianta. Dobbiamo però ammettere che molti racconti sono, se non veri, almeno verosimili. Questo lo possiamo assumere soprattutto dalla pignoleria con la quale ci sono stati tramandati. Noi siamo abituati a prendere gli avvenimenti remoti come leggende, ma si sa che in ogni leggenda c’è un fondo di verità. Basta pensare alla Guerra di Troia, presa per leggenda fino a che Schliemann, Iliade alla mano, la ritrovò, Tesoro ‘di Priamo’ compreso. Farebbe bene tener presente anche che la tradizione orale ha il pregio di essere tramandata di padre in figlio (o di Profeta in Profeta) in forma più o meno completa, senza ‘aggiustamenti’ ad hoc, mentre, quando qualcuno decide di metterla finalmente per iscritto, la può accomodare secondo il suo tornaconto e noi, convinti erroneamente che la Storia Scritta sia, proprio perché è scritta, più credibile, cadiamo nel tranello e ci dimentichiamo di quello che oramai non sarà più tramandato oralmente.

Gli scrittori, per bravi che siano, hanno il difetto di scrivere per chi li paga, ritoccando la ‘storia’ dei suoi antenati per fargli piacere o per fargli comodo. Lo abbiamo visto in Virgilio, dove Augusto discende da Venere, lo abbiamo visto nei Vangeli, dove Gesù è fatto discendere dal Re Davide, lo vediamo nella storia dello stesso Re Davide, scritta con ogni probabilità dai suoi discendenti, proprio per sanzionare la loro legittimità al trono.

Ma la vera storia di Davide fu scritta poco tempo dopo il suo regno, e la gente aveva sentito dal nonno, di prima persona, come erano andate le cose. Chi scrisse la storia del Re Davide, non potè ‘accomodarla’ a suo piacimento. Al massimo potè dare un significato ‘accomodante’, una buona scusa, insomma, a certe azioni che, sotto molti aspetti, sono state veramente ‘immorali’ e punto degne del capostipite della Casa Regnante. Oppure, come detto prima, chi scrisse la storia di Davide, non vide nel suo comportamento qualcosa di immorale. Ai Profeti l’Ardua Sentenza.

 

Ma andiamo per ordine[53]:

I figli di Israele si sono indìsediati grossomodo nella zona collinosa, che è ancora popolata da una miriade di tribù preesistenti. In pianura ci sono i Filistei, mentre più lontano, al nord, troviamo le Città Stato Fenicie ed a sud l’Egitto. Il Popolo di Israele è formato da dodici tribù autonome, undici delle quali si insediano nel Paese, passando da un’economia di pastori nomadi ad una vita di agricoltori. La Dodicesima Tribù, quella di Levi (da cui proveniva Mosè), invece, occupa alcune città, ed i suoi membri si dedicano alle funzioni legislative e spirituali, senza diventare proprietari terrieri. Come e perché sia sorta questa strana divisione dei compiti non si sa, ma pare che il sistema funzionasse molto bene. I Leviti erano il Clero dei Figli di Israele. Gente colta, affidabile, che ricevava di comune accordo le tasse (il 10%) per il suo mantenimento, liberando il Popolo dal problema dell’Organizzazione Comune. I Leviti erano, insomma, gli Impiegati Statali dello Stato in costruzione.

Parallelamente alla ‘casta’ dei Leviti, però, all’epoca dell’insediamento, troviamo due funzioni particolari: i Profeti ed i Giudici, dai quali prese nome il periodo storico. I Profeti, l’abbiamo già accennato, erano gli Onbusman, la cui funzione principale era quella di ‘tirare le orecchie’. I Giudici, invece, avevano grossomodo la funzione di ‘Capo del Governo’. Durante i rari periodi di pace fungevano da paceri nelle dispute tra le tribù, mentre (più spesso) in caso di guerra, chiamavano a raduno l’esercito, che funzionava anche allora col sistema dei riservisti: una bella strombettata di corno di ariete ed i soldati di Giuda, di Beniamino, di Efraim e delle altre tribù si riunivano per dare (o ricevere) le batoste contro i vari Filistei, Fenici e Gebusei. Se i Giudici stavano a sentire i Profeti, le cose andavano bene. Se, invece le cose non andavano tanto bene, i Profeti tiravano fuori la solita scusa che i Figli di Israele ‘avevano fatto quello che è male agli occhi dell’Eterno’. Vacci a discutere, con i Profeti! Avevano sempre ragione loro. Beh, questo non fa specie... la Bibbia, dopotutto, è  la loro versione dei fatti!

Col tempo, l’insediamento in Terra Santa prese una forma più consistente ed il Popolo sentì il bisogno di concentrare le redini del Potere. Samuele, l’ultimo della serie, fu sia Giudice che Profeta. Era una persona molto rispettata, ma, come al solito, i suoi figli non ne erano all’altezza. Il Senato lo capì fin troppo bene e chiese, anzi pretese, di cambiare il sistema di Governo[54]. Il Popolo di Israele voleva un Re. Voleva, insomma diventare un popolo ‘normale’, come tutti gli altri popoli limitrofi.

Samuele, ormai già vecchio, cercò di opporsi. Il Popolo Eletto era tale, in quanto la sua elite gli aveva inculcato che tutti gli Uomini sono uguali grazie a Dio: di Eterno ce n’è Uno Solo. È Lui che comanda. È la Legge che comanda. Questa era e sarà la fondamentale differenza tra il Popolo Ebraico e tutti gli altri popoli. Questa sarà la differenza che manterrà la particolarità e garantirà la spravvivenza. Bisogna essere Diversi, non simili agli altri. Nel Bene e nel Male.

Il Senato non si convince. C’è un problema pratico: il popolo è troppo grande. Ci vogliono Istituzioni, ci vuole un Esercito Regolare.

Samuele fa un ultimo debole tentativo, avvertentoli dei rischi, ma è costretto a cedere. Il Senato gli fa l’onore di cercare la persona più adatta a reggere le redini del potere e Samuele, tutto preso dai ‘princìpi’, fa una scelta affrettata e... sbagliata: Saul.

 

Il vecchio Samuele, prima di andare in pensione, vuole dare una lezioncina ai membri più influenti del popolo, che probabilmente si aspettano che il Re sia scelto tra le loro famiglie. Ma Samuele, proprio per ribadire il concetto che il re è solo un primus inter pares, va a trovarlo tra i membri della famiglia più insignificante della tribù più piccola.

A giudicare dalla figura che ci ha tramandato di lui la Bibbia, Saul era un bel fusto, alto “una testa più degli altri[55]”, ma era un tipo molto timido[56]. Samuele stesso non sembrò troppo convinto della scelta, infatti lo ‘intervistò’ a lungo, prima di ungerlo re. Insomma Saul era un tipo un po’ ‘grosso e frescone’. Non come Sansone, ma quasi. Quello che lo stesso Samuele, però, non poteva sapere all’inizio è che Saul era afflitto da un complesso di inferiorità e da un insicurezza che lo portarono rapidamente alla mania depressiva ed alla paranoia.  Samuele se ne accorse quasi subito, quando Saul, alla prima occasione, volle fare di testa sua, offrendo un sacrificio senza aspettarlo[57], quando vide che il popolo radunato si stava ormai disperdendo. Samuele non imputava a Saul tanto il fatto non averlo aspettato, ma piuttosto il fatto di non aver avuto fiducia nella sua propria leadership di Re. Un vero leader non può comportarsi in modo da far piacere al popolo, ma deve guidarlo, seguendo la Legge e facendola rispettare. Un altro errore dello stesso tenore[58] ed il vecchio Samuele capisce che bisogna cercare in fretta un altro Leader. Questa volta, però, secondo la tradizione, Samuele ci sta più attento.  Scelta la famiglia, esamina uno per uno sette fratelli e li scarta. Bei fusti, forse, rispettosi, magari, ma da nessuno di loro trapela quel senso di sicurezza un po’ sfacciato che fa il vero leader. Eppure gli avevano parlato bene di uno dei figli di Ishai. Alla fine arriva l’ultimogenito: Rosso di capelli, begli occhi, un bel fusto anche lui, ma di tipo diverso. Acuto di ingegno, un po’ furbacchione, ma al contempo cantautore col sorriso sulle labbra. Di quelli ai quali si perdonano anche le marachelle. Di quelli che fanno girare la testa alle donne ed innamorare pure... gli uomini. Un “winner nato”. Le vie del Signore sono infinite. Samuele, così ci tramanda la Bibbia, decide di andare in pensione, lasciando il Popolo in mano alla Generazione dei Giovani e, chissà, forse pensando:  “Che Dio ce la manni bona...”.

 

Tutti si ricordano della famosa vittoria di davide contro Golia. Forse fu una leggenda. Forse no. I giornalisti del tempo erano tutti dalla parte di Davide. Non abbiamo la versione dei fatti da parte filistea...

 

Ma i giornalisti ci hanno tramandato altri ‘fattarelli’ di quel roscio...

 

Davide si conquistò l’amore di Gionata[59], l’erede al trono di Saul. Non vorremmo sembrare blasfemi, ma quest’amore sembra un po’ promiscuo... forse Gionata era di tendenze... e Davide se ne approfittò?...

 

Per un certo periodo Davide fece anche il brigante, o perlomeno si dedicò alla protection[60]. Insomma era un po’... mafioso?...

 

Poi, se ne andò addirittura a servizio del Nemico[61], lasciandosi astutamente la porta aperta per fare il voltafaccia a tempo debito. I filistei, però, che non erano stupidi, mangiarono la foglia e lo licenziarono[62]. Sapevano bene con chi avevano a che fare.

 

Anche dopo che Davide diventò finalmente re, non la smise di farne di tutti i colori. In cauda venenum quella di rendere vedova la bella Bat Sheba[63], moglie di Uria lo Hittita e, poi madre del Re Salomone. Il profeta Natan gli tira le orecchie[64], ma Saul aveva perso il regno per molto meno.

 

Comunque un po’ di punizione se la piglia pure lo spregiudicato Davide. Sotto forma dei figli. In Ebraico si dice “La mela non cade lontano dall’albero”.

Il figlio Amnon si macchia di incesto e l’altro figlio Assalonne quasi riesce a spodestarlo[65]. Chi semina vento, raccoglie tempesta.

 

La storia di Davide è stata certamente scritta dai posteri, quella tribù di Giuda che, in seguito alla dispersione dei Figli di Israele da parte degli Assiri e dei Babilonesi, rimase da sola, insieme ai membri del Clero (i Leviti) in seno ad essa. Non abbiamo altre fonti. Volenti o nolenti, noi siamo costretti a prendere per buona la figura del Re Davide, come capostipite della Dinastia Regnante Legittima del Popolo Ebraico, così, come ce la hanno tramandata.

 

Buono, Poco di buono, morale, immorale... poco conta. Il Re Davide fu un ‘winner’.

E questa è la morale della favola.


11. Il Giorno del Giudizio

(Non spingere, per favore. C’è posto per tutti!)

 

 

Inebria l’aria come il vino,

tra i colli s’ode un suon,

sussurra il vento, odora il pino,

campane fan din-don.

 

Dormono i sassi nella sera

e tra le mura sta

come in un sogno prigioniera,

da sola la Città:

 

Gerusalemme tutta d’oro,

di rame e luce, che splendor!

Suona un violino, innalza un inno

il tuo cantor…

 

“Yerushalàyim shel zahàv”, scritta[66], da Neomi Shemer è forse la più famosa delle mille canzoni scritte in onore della Città Santa a tre religioni.

Si parla, naturalmente della Città Vecchia di Gerusalemme, quella che (come in un sogno prigioniera) tra le mura sta.  

 

Gerusalemme, in Ebraico Yeru-shalàyim, significa ‘Città Intera’, ma la radice Shalèm (intero) è stata interpretata anche Shalòm (Pace), da qui che Gerusalemme è anche ‘La Città della Pace. Gli Arabi la chiamano El-Quds, ‘La Santa’. I Cristiani la chiamano a volte la Città Eterna, titolo condiviso con Roma, oppure ‘L’ombelico del Mondo’.

Il nome ebraico contiene quel suffisso ‘-ayim’ al plurale, anzi al duale, ricorrente anche nel nome greco di Atene (Aqhnai), quasi a significare ‘La città doppiamente intera’.

 

Gerusalemme è situata a cavallo dello spartiaque dei ‘monti’ di Giudea, a 750 m di quota, piuttosto lontana dalle due principali vie di comunicazione (l’una passante per costa del Mediterraneo, l’altra per la depressione del Mar Morto), che collegano il crocicchio tra tre continenti: Asia, Africa ed Europa. Insomma, per andare a Gerusalemme, ci si deve andare apposta ed, andandoci, si va solo là e basta. Gerusalemme non è posta nemmeno in un punto strategico. Uno dei suoi molti soprannomi è: ‘Contornata dai Monti’. I colli di Giudea che la circondano, sono più alti di quel Monte Morià, in cima al quale si stende la spianata sulla quale troneggia, dorata, la Moschea di Omar (la Cupola della Roccia).

Gerusalemme, dunque, da tremila anni a questa parte, da quando, cioè fu conquistata dal Re Davide, è la Santa capitale degli Ebrei. Ma la storia ci dice che già i Gebusei, fondatori di Yivùs, antico nome di Gerusalemme, la consideravano la loro Città Santa.

Dal punto di vista topografico Gerusalemme non si innalza, dunque, al di sopra dei monti del circondario, eppure sembra[67] farlo, per via che è posta all’estremo sud di un crinale. I monti di Giudea sono composti di calcare, e l’erosione ha creato tre valli strette e profonde attorno al crinale, sui lati Est, Ovest e Sud. Queste strette valli sono chiamate in arabo Wadi ed in Ebraico Gay.

Tutti i conquistatori, che nei secoli hanno preso Gerusalemme, tranne uno, sono arrivati dal lato di più facile accesso, quello Nord, e da qui è nato il detto ebraico che ‘Il Male verrà dal Nord’[68].

La valle occidentale ha segnato, fino alla Guerra dei Sei Giorni, la ‘Terra di Nessuno’ tra lo Stato di Israele e la Giordania e, prima ancora, il passaggio che dalla porta di Jaffa conduceva al mare o, meglio, che... dalle sponde del Mediterraneo portava a Gerusalemme, perché, ovviamente, i pellegrini andavano a Gerusalemme e tornavano da Essa.

La valle meridionale, la più profonda delle tre, separa la Città Vecchia dal monte Siòn, detto anche ‘La Città di Davide’, in quanto il Re Davide ne fece la sua capitale e, secondo la leggenda, qui si trova la sua tomba. Per questo fatto Siòn è sinonimo di Gerusalemme, e da qui deriva il termine Sionismo. La valle è chiamata in Ebraico Gay-ben-Hinnom (la valle del figlio di Hinnom), traslitterato in epoca cristiana in Gheenna: L’Inferno.

Nessuno sa dove si trovi con precisione questa famosa Porta Oscura per la quale si va per la Città Dolente, ma per chi vive a Gerusalemme, basta prendere l’autobus numero 18 (tante volte bombardato dai kamikaze palestinesi) il capolinea, se non vado errato, è proprio lì a Gay-ben-Hinnom.

La Porta dell’Inferno, secondo la tradizione, è a due passi dalla Porta del Paradiso, detto anche ‘La Gerusalemme di Sopra’, ma dove sarà, di preciso, questa porta? Per ora noi poveri mortali non l’abbiamo ancora trovata: l’entrata a tutte e due le porte è riservata a quelli che hanno lasciato da poco la Vita Terrena.

 

E qui arriviamo alla terza valle, quella ad Oriente del Monte Morià, sul quale si innalzava un tempo, al posto dell’odierna moschea di Omar, il Santuario. La Valle di Giosafatte, che separa Gerusalemme dal Monte degli Ulivi.

Visto che le entrate al Paradiso ed all’Inferno sono ad un passo, sarà proprio lì, nella Valle di Giosafatte che il Padreterno chiamerà a raccolta tutti gli Uomini il Giorno del Giudizio. Secondo la Tradizione Ebraica (post-biblica) e quella cristiana, quel Giorno i morti risorgeranno, saranno giudicati e se ne andranno (anima e corpo), dove deciderà il Padreterno.

Bisogna notare che tra la religione Cristiana e quella Ebraica c’è una sostanziale differenza: secondo quest’ultima, infatti, l’Aldilà non esiste. L’anima di una persona esce dalla stessa alla morte, ma non va da nessuna parte. Inferno e Paradiso sono un’invenzione cristiana. La Tradizione Ebraica parla del Giorno del Giudizio come il Giorno della Resurrezione della Carne, senza spiegare dove si sia ‘rifugiata’ l’anima, tra il momento della morte ed il Giorno del Giudizio. Forse il Cristianesimo è nato proprio per fornire una risposta a questo quesito irrisolto della religione Ebraica.

 

Ma ritorniamo a passeggiare per la Valle di Giosafatte. Scendendo da Nord, a destra vediamo le Mura orientali di Gerusalemme. La Porta dei Leoni, da cui entrarono le truppe Israeliane, ché non erano Conquistatori (per questo non entrarono da Nord), ma Liberatori, poi la Porta d’Oro, detta in Ebraico Porta della Misericordia, in corrispondenza a quella che un tempo era l’entrata principale del Santuario. Più avanti, ai piedi delle mura, un cimitero cristiano.

Alla nostra sinistra per tutta la lunghezza della valle, ci sovrasta il Monte degli Ulivi, con la Chiesa delle Nazioni ed il giardino del Getsemani (Eb. Frantoio). Più avanti l’enorme cimitero ebraico, restaurato dopo la Guerra dei Sei Giorni.

 

Non vi sembra che ci siano un po’ troppi camposanti, qui attorno?

 

La cosa non vi deve sorprendere. Pensateci: il Giorno del Giudizio, nella Valle di Giosafatte, ci sarà un gran bell’ Acciaccapista! Meglio prenotarsi un bel posto in prima fila! Non ci ridete su. La Resurrezione è una cosa seria. Chi ci crede la prende veramente sul serio... riposando in una tomba a due passi dal botteghino.

 

Per gli Ebrei il Messia non è ancora arrivato. Forse arriverà solo il Giorno del Giudizio. Ed entrerà a Gerusalemme... ricodate? Da Oriente a cavallo di un asinello bianco. Per i Cristiani, ovviamente il Messia è già arrivato, ma al tempo dei Bizantini e nel medio Evo c’era ancora chi temeva che gli Ebrei avrebbero potuto aver ragione loro. Come la mettiamo se alla fine si scopre che Gesù era un impostore e gli Ebrei hanno ragione? Bisogna impedire al Messia degli Ebrei di entrare a Gerusalemme! Qualcuno ebbe una pensata geniale: prendere due piccioni con una fava: “Il Messia degli Ebrei è un Sacerdote, un Cohen. Ai Cohen è vietato, secondo la legge Ebraica, entrare nei cimiteri, perché questi sono considerati Territorio Impuro. Mettiamo un bel cimitero cristiano nella Valle di Giosafatte, proprio sotto le Mura Orientali, ed il Messia degli Ebrei non potrà passare. In più ci guadagnamo un posto in primissima fila per il Giorno del Giudizio”.

 

I Musulmani, sulle prime, usarono lo stesso sistema, fino a che quacuno di loro, che aveva letto l’Antico Testamento un po’ meglio degli altri, fece presente che il Messia degli Ebrei è ‘Figlio di Davide’, cioè appartiene alla Tribù di Giuda, e non di Levi, come i Cohen... attraverso i cimiteri ci può passare come gli pare e piace...

 

Fu così che i Musulmani trovarono un sistema molto più efficace: murarono la Porta d’Oro...

 

Sono tanto curioso di sapere come farà il Messia ad entrare a Gerusalemme il Giorno del Giudizio...


12. Il Big Bang Biblico (BBB)

 

A rigor di logica “La Bibbia tra le Righe” si sarebbe dovuta aprire proprio con questo capitolo, ma come al solito, a certe sottigliezze ci si pensa sempre col senno del poi.

 

La Bibbia si apre con il racconto della Creazione. Secondo la Tradizione Ebraica, Dio Creò i Cieli e la Terra nell’anno 3359 A.C.  (la data è stata ottenuta dai Saggi, sommando le età dei Patriarchi, meticolosamente elencate nel Pentateuco). Circa il mese ed il giorno del mese, come vedremo più avanti, i Saggi non si pronunciarono categoricamente, mentre per il giorno della settimana non ci sono dubbi: era sicuramente una domenica.

 

La Creazione durò sei giorni, secondo il noto ordine messo in versi dal poeta Hayim Hefer[69]:

 

All’Inizio Iddio creò i Cieli e la Terra

E la Terra era il Caos e Tenebre sopra l’Abisso.

 

Ed il primo giorno la luce dal buio Iddio separò.

Luce fu.

E venne il mattino che illuminò

e nera la notte cadde giù.

E fu sera, fu mattino. Primo dì.

 

Il secondo giorno creò il firmamento,

meraviglioso e blù.

Uscita dall’acqua la cappa d’argento

salì e restò lassù.

E fu sera, fu mattino. Lunedì.

 

Ed il terzo giorno creò la terra asciutta,

le valli, i monti ed il mar.

Creò delle piante, i fiori, la frutta,

‘si belli da far incantar.

E fu sera, fu mattino. Martedì.

 

Ed il quarto giorno creò il sole e la luna,

migliaia di stelle segnarono il corso

dei mesi, degli anni e della fortuna,

nel loro percorso.

E fu sera, fu mattino, Mercoldì.

 

Ed il quinto giorno creò gli animali del mare:

le cozze, i caimani, i palombi.

Creò anche gli uccelli e li fece volare:

rondoni, avvoltoi e colombi.

E fu sera, fu mattino. Giovedì.

 

Ed il sesto giorno creò ogni altro animale:

La jena, la gazzella, l’elefante.

E fece anche l’uomo, lo fece speciale:

Immagine a Sé somigliante.

E fu sera, fu mattino. Venerdì.

 

Il Settimo Giorno, come sappiamo, Iddio non creò. In chiave umoristica possiamo dire che, visto che nessuno lo pagava, Dio... entrò in sciopero, oppure, usando l’umore nero, potremmo dire che l’ultima Creatura (l’Uomo[70]) del sesto giorno (un venerdì, naturalmente!), non risultò all’altezza delle aspettative.

 

Il problema, con Adamo ed Eva e discendenti, è che l’Uomo è un animale curioso. L’unico che (appena mangiato il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male) incominciò subito a chiedesi il perché delle cose. Ed a trovare le risposte al di fuori della Fede. La Scienza e la Tecnologia, secondo la Bibbia, sono nate proprio con quel famoso Peccato Originale.

 

Adamo ed Eva furono cacciati dal Giardino dell’Eden. Essi ed i loro discendenti, all’inizio, si guadagnarono il pane col sudore della fronte, ma poi, piano piano, gli Uomini inventarono il Progresso. Dove ci porterà alla fine questo progresso ce lo suggerisce Hayim Hefer nelle strofe successive della stessa poesia:

 

E l’uomo sottomise gli animali.

E l’uomo coltivò i cerali.

E l’uomo inventò la ruota e carri.

E l’uomo navigò sui sette mari.

E costruì la macchina a vapore.

E l’uomo diventò un aviatore.

Verso le stelle, come una colomba...

...E poi l’Umanità creò La Bomba.

 

E la Terra fu il Caos, e Tenebre sopra l’Abisso.

 

Vi risparmio la conclusione della poesia, nella quale Iddio ripete la Creazione con un piccolo cambiamento: Tutto come prima, ma, questa volta, senza l’Uomo.

 

Ma lasciamo da parte la Poesia ed il Futuro.

Da quando l’Uomo ha consolidato il Pensiero Scientifico solo poche persone prendono la Creazione Biblica alla lettera. Chiunque abbia un minimo di cultura scientifica sa oggi che l’Universo è molto più vecchio di quei miseri 5764 anni calcolati dai Saggi. La Fisica Moderna ci dice che l’Universo è nato circa 15 miliardi di anni fa, con quel famoso Big Bang di cui hanno sentito parlare anche i profani. Il Sistema Solare è vecchio di circa 5 miliardi di anni e l’Uomo di uno-due milioni di anni, a seconda di dove mettiamo il punto di diramazione dallo scimpanzè.

 

Oggi la stragrande maggioranza degli uomini civili tratta con un sorrisetto di sufficienza quei pochi bigotti ignorantoni che sostengono accanitamente la versione letterale originale della Bibbia. Ma il Progresso Scientifico ha fatto una grande fatica a prendere piede. Ancora un centinaio di anni fa l’età accettata della Terra era tutt’al più di qualche milione di anni, per non parlare dell’Evoluzione della Specie di Darwin, che ancora oggi annovera parecchi dubbiosi. Il famoso “Processo delle Scimmie”, nel quale un maestro fu radiato dai ranghi, per aver ‘osato’ insegnare la Teoria dell’Evoluzione, risale agli anni trenta. Ed il Vaticano, se non vado errato, l’ha accettata solo di recente, a patto che venga trattata come un’alternativa possibilistica alla Creazione. Ma forse è solo una questione di psicologia: a nessuno di noi piace sentirsi dire di discendere da una scimmia, anche se molti di noi non avrebbero difficoltà a convincersene, pensando ad un certo parente, un certo vicino, o un... vecchio compagno di scuola...

 

L’annosa discussione tra Scienza e Religione è, come al solito, dovuta all’incapacità dei discutenti di separare la Fisica dalla Metafisica. Ogni tentativo di spiegare ‘scientificamente’ le parole della Bibbia è destinato al fallimento, perché le Sacre Scritture non sono mai state intese come un trattato scientifico. O ci si crede (e quindi non si mette in discussione) o non ci si crede, e si crede, invece nella Scienza.

 

Un momento! L’ultima frase è troppo categorica. Chi ci assicura che il racconto biblico della Creazione sia (dal punto di vista scientifico) un’accozzaglia di boiate?

 

Ridiamoci una letta, a questa Genesi, con un libro della Teoria del Big Bang[71] a portata di mano, ed un altro di Geologia e Zoologia sullo scaffale accanto. Usiamo un po’ di buon senso, e scopriremo che la Genesi ed i libri scientifici non fanno affatto a pugni tra di loro, anzi...

 

“All’Inizio[72] Iddio Creò i cieli e la terra. E la terra era un caos, e tenebre sull’abisso, e lo Spirito di Dio aleggia(va) sulle acque. Disse Dio: ‘Sia la luce’. E luce fu. Vide Dio che la luce era buona, Distinse Dio tra la luce ed le tenebre. Dio mise nome alla luce ‘giorno’ e alle tenebre ‘notte’. Fu sera, fu mattino: Un Giorno”.

 

La Teoria del Big-Bang[73] è una teoria sulla nascita dell'Universo come lo conosciamo ora. Il Grande Scoppio è avvenuto circa 15 miliardi di anni fa.
Chiaramente nessuno scienziato si pone il problema di studiare per quale motivo ciò è avvenuto: agli studiosi interessa conoscere il "come" e il "quando", mentre il "perchè" è di pertinenza della religione. I conflitti nascono quando la religione si occupa del come e del quando del mondo, oppure quando lo scienziato pieno di fede in una certa religione affianca ai risultati sperimentali una spiegazione sul "fine" dei fenomeni osservati.

La teoria del Big-Bang non è in grado di dirci ciò che accadde ‘all’Inizio’, cioè al ‘Tempo Zero’, ma ci dice che da quel ‘momento in poi’ L’Universo era un ‘entità’ in espansione e raffreddamento. Estrapolando all’indietro, si ‘presume’ che all’Inizio l’Universo era qualcosa di puntiforme e di temperatura ‘infinitivamente’ alta. In Fisica la temperatura è direttamente proporzionale all’energia: quindi si potrebbe dire egualmente che l’Universo era un punto privo di dimensione, contenente energia infinita… la stessa definizione che la Religione ci dà di Dio!

C’è di più: secondo la Teoria della Relatività, energia equivale a massa. La massa produce Forza di Gravità. La Forza di Gravità rallenta il Tempo. Nei primi momenti del Big Bang il Tempo tendeva a zero, cioè… non esisteva! Il Tempo, secondo la Fisica, è nato… dopo l’Inizio del Big Bang.

 

Troppo complicato? Andiamo avanti: l’Universo è ancora piccolino ed estremamente caldo. Alla temperatura di centinaia di migliaia di gradi non si può parlare di Materia ed di Energia in forma distinta, perchè, secondo la Fisica, all’interno del nostro universo la concentrazione di energia creava le particelle elementari, ma al contempo le distruggeva istantaneamente, ritrasformandole in energia pura. Per quanto piccolo e caldo, il nostro universo era, internamente, estremamente disordinato, un vero casino, se vogliamo: letteralmente un Caos.

Dulcis in fundo: i fotoni che ‘gironzolavano’ nella ‘Grande Zuppa’ erano trattenuti dalla soverchiante Forza di Gravità. Proprio come in un immenso Buco Nero, la luce non poteva ‘uscire’. L’Universo, non solo era un Caos, ma era anche buio pesto. Cosa c’era al di là dell’universo fisico? Non lo sappiamo, anzi… dal punto di vista della fisica c’era… il Niente. L’Abisso.

 

Perché sprecare tante parole e tante formule complicate, per dare una spiegazione, che non è una spiegazione? Ecco la Teoria del Big Bang formulata in forma estremamente chiara e concisa:

 

“E la terra era un caos, e tenebre sull’abisso”.

 

Sono passati ‘centomila anni’ (ma il tempo va a rilento... quanti anni sono passati veramente?). L’universo in espansione si è ‘raffreddato’ a sufficienza, al punto che le particelle elementari, Protoni ed Elettroni, attratte dalla Forza Elettromagnetica, si accoppiano, formando atomi di Idrogeno. I fotoni se la possono finalmente ‘squagliare’, iniziando la loro folle corsa a 300000 km all’ora, portando con loro, anzi essendo loro la Luce.

 

“... Sia la Luce, E Luce fu...”.

 

Niente male, eh?

 

“...Vide Dio che la luce era buona, Distinse Dio tra la luce ed le tenebre...”.

 

Facciamo un salto in avanti. Secondo la Genesi è passato “Un Giorno”.

Badate bene: non c’è scritto “Il Primo Giorno”, ma proprio: “Un Giorno”.

Non a caso: il termine ‘primo’ è un aggettivo numerale relativo... Si può parlare di primo solo relativamente a secondo, terzo e così via, ma... alla fine di Un Giorno, il Secondo Giorno non era stato ancora creato...

 

Facciamo lo stesso salto, questa volta con i libri di Scienze alla mano.

Sono passati una decina di miliardi di anni. Si sono formate le Galassie, il Sistema Solare, la Terra.

Il nostro pianeta è ancora piuttosto caldo, al punto che il vapore acqueo, fuoruscito dalle viscere della Terra, ha formato una spessa coltre di nubi. La luce del Sole non trapela. Per la Terra è ancora buio. Poi comincia a cadere la pioggia, tanta pioggia, da coprire tutta la Terra. L’acqua è di sotto, l’aqua è di sopra. La coltre di nubi comincia a diradarsi ed appare il Firmamento stellato. ‘Guardando’ all’orizzonte, sembra che il Firmamento nasca dalla distesa delle acque[74]. E dall’alto continua a cadere la pioggia, perché ‘Lassù’ c’è l’acqua, e da lassù essa proviene: Acqua, in Ebraico si dice Màyim. Là si dice Sham. ‘Là, [dove c’è] l’acqua’ si dice Sham-Mayim: il cielo.

 

“Disse Dio: ‘Ci Sia un firmamento dentro l’acqua, ed esso Divida tra acqua ed acqua’. E Fece Dio il firmamento, Separando l’acqua che stava sotto il firmamento da quella che stava sopra il firmamento. E così fu. Dio Diede al firmamento il nome cielo. Fu sera, fu mattino: Secondo Giorno”.

 

A questo punto, è il caso di fare una piccola pausa nella Creazione, per notare una cosa molto importante. Il linguaggio scientifico è basato sulla Definizione dei Concetti. In termini adatti all’Età dell’Internet, direi che la superiorità del pensiero scientifico deriva dalla capacità di trasmettere (di scienziato in scienziato) in forma non ambigua, determinati  concetti (in Fisica: Grandezze), e le relazioni tra di loro. Per non creare concetti ambigui, la Scienza usa il metodo della Definizione: per esempio in Fisica Classica la Velocità è la Lunghezza divisa per il Tempo.

Attenzione! Il concetto di Velocità non ha nessun senso, se non abbiamo definito prima in forma non ambigua i tre concetti di Lunghezza, Tempo e... Divisione!

Andando all’indietro con questo sistema, si arriva agli Assiomi, che sono assunti come punti di partenza ovvi, ma indimostrabili. I pilastri sui quali si basa tutta la torre (c’è chi dice: d’avorio) della Scienza.

Insomma... la famosa Scienza è fondata su un pugno di assiomi, indefinibili, che vengono accettati così come sono e, senza questi assiomi, la Torre della Scienza diventa un castello di carte.

Ma che differenza c’è, poi, tra gli assiomi scientifici e i precetti di Fede? Se non sono la stessa cosa, almeno si somigliano moltissimo.

 

Abbiamo trovato un altro punto di incontro inquietante tra Scienza e Fede: di fatto la Scienza si basa sul concetto di assioma, che, pensandoci bene, è un concetto di Fede: o ci si crede, o non ci si crede. Non ci sorprenda, dunque, se nella Bibbia scopriamo qua e là qualcosa che credevamo, sino a questo punto, essere di prerogativa del pensiero Scientifico: le Definizioni.

 

 “All’Inizio Iddio Creò i cieli e la terra. E la terra era un caos, e tenebre sull’abisso, e lo Spirito di Dio aleggia(va) sulle acque. Disse Dio: ‘Sia la luce’. E luce fu. Vide Dio che la luce era buona, Distinse Dio tra la luce ed le tenebre. Dio mise nome alla luce ‘giorno’ e alle tenebre ‘notte’. Fu sera, fu mattino: Un Giorno”.

 

Notiamo che ‘giorno’ e ‘notte’ sono (dal punto di vista scientifico) definizioni, mentre ‘Dio’ ed  ‘Acqua’ sono da considerare invece assiomi, in quanto non vengono definiti.

Anche il ‘cielo’, chiamato così da Dio il secondo giorno della creazione, è una definizione. Da ciò dobbiamo considerare la prima frase: “All’Inizio Iddio Creò i cieli e la terra”, come il titolo del capitolo ‘Creazione’. Se il cielo è stato definito solo nel Secondo Giorno, la ‘Terra’ viene definita solo l’indomani, quando le acque (quelle sotto il cielo) si raccolgono in basso, lasciando allo scoperto l’Asciutto[75], che viene chiamato da Dio: Terra. Contemporaneamente Dio chiama ‘mari’ l’acqua che si è raccolta in basso.  Buono anche questo. Ma questo martedì Iddio continua a creare: visto che la terraferma già c’è, ci aggiunge l’erba e gli alberi. E siccome anche questo è buono, in Ebraico si dice ancora oggi “Martedì, due volte buono!”. Con venerdì, giorno della creazione dell’Uomo, questo giorno della settimana è considerato un giorno particolarmente propizio. Molte coppie si sposano proprio di martedì o di venerdì.

I Cristiani, seguendo la nota logica del Bastian Contrario, inventarono il detto:

 

“Né di Venere, né di Marte,

non si sposa, non si parte,

non si mette mano all’arte”

 

Chissà su che cosa è basato il detto cristiano. Quello ebraico, almeno, ha un senso...

 

 


 

La Bibbia tra le righe, come il Satyricon, è stata lasciata incompiuta. Al lettore è data la facoltà di immagginare da solo la continuazione...


 



[1] La pronuncia esatta della lettera  Het (come anche in Hyksos) è fortemente aspirata, come in Hasa (casa alla Toscana). Questo suono, simile alla Ch tedesca è  inesistente in Italiano, ed è stato a volte traslitterato con H, a volte con C, a volte lasciato muto. Va distinto dal suono della lettera He, che è, invece come l’H aspirata inglese, o lo spirito aspro greco, che dir si voglia.

[2] Giudici, 1,19

[3] Matteo  1.1 e Luca  3. 23-38

[4] Il principale strafalcione è quello di sostenere che il Cristo si chiamasse Gesù di Genazareth (paesino sul Lago Tiberiade), invece che Gesù di Nazareth. Questo è assurdo: in Ebraico i due nomi provengono da radici completamente diverse, non suonano affatto simili, e non hanno niente a che vedere. Genazareth è Genossàr o Ganèi-Sar (I giardini del Fuggente), mentre Nazareth (Natzràt) significa “strettoia”, in quanto si trova in una valle stretta tra due colline.

[5] Due paesi, uno in Bassa Galilea ed uno in Libano meridionale si contendono la paternità.

[6] Giovanni, 2, 1-11

[7] Ibid. 2, 3-5

[8] Catullo dice in un poema che, per ubriacarsi, voleva bere un bicchiere di vino non annacquato!

[9] Cioè che probabilmente Gesù non fu invitato, ma piuttosto convocato al suo proprio matrimonio, magari con una sposa che non conosceva nemmeno. Non sorprende che quando la madre gli si rivolse, lui fosse un po’ teso e che le rispondesse male!

[10] Anche oggi in Ebraico moderno per dire padre si usa “Av”  e per dire Papà si usa “Abba”.

 

[11] I Re (I) 18, 38

[12] i Re (II) 4, 19-35

[13] Di Medicina, nell’Antico Testamento, si parla molto poco. Principalmente di Medicina Preventiva e di Igiene, ma possiamo presumere che alcune figure, specialmente i Profeti, ne sapessero qualcosa di più del ‘popolino’.

[14] i Re (II) 4, 31

 

[15] Di Mosè, infatti si dice (Deut. 34, 5-6) che mori sul Monte Nebo e che non si conosce il luogo del suo sepolcro.

[16] I Re (II) 2, 11.

[17] Ezechiele 1, 1-28

[18] Ibid. 1, 4. Le traduzioni ufficiali della Bibbia dicono ‘rame sfavillante’. Il Nostro usa la parola Hashmàl, che non appare altrove nella Bibbia. I rinnovatori della lungua ebraica moderna lo scelsero per tradurre Elettricità, ed il termine prese piede... ma se per  ‘l’occhio di hashmàl’ Ezechiele intendesse proprio... lampada elettrica?

[19] La traduzione è un po’ diversa da quella classica, ma è più aderente all’Ebraico.

[20] Ezechiele 1, 12

[21] Ibid. 1, 15

[22] Ibid. 1, 16-21

[23] Ibid. 1, 22

[24] L’Ebraico usa qui la parola Rakìa, che è proprio il ‘Firmamento’ della Creazione, e non la parola ‘shamàim’ che è, invece, il cielo azzurro che contiene le nuvole – shamàim deriva forse da: Sham – Maìm (là [c’è] l’acqua). 

[25] Ezechiele 1, 24

[26] Ezechiele 1, 26-28

[27] L’Ebraico dice: Of, che è propriamente ‘volatile’ e non ‘Tzipòr’ (uccello), infatti tra i volatili proibiti è compreso anche il pipistrello, che vola, pur non essendo un uccello!

[28] L’Ebraico dice ‘Shèretz Of’, che si potrbbe rendere come ‘animaletto volante’. Subito dopo i volatili più grossi (cioè gli uccelli), vengono elencati i volatili piccoli (gli insetti volanti). Gli altri insetti non volanti sono raggruppati insieme agli altri piccoli animali che ‘brulicano sul terreno’, tra cui vedremo anche il topo. La Classificazione Zoologica è un po’ diversa da quella alla quale siamo stati abituati dalla scienza moderna, ma non lascia fuori nessuno.

[29] Levitico 11, 3

[30] I muli sarebbero esclusi comunque, perché sono animali ibridi, benché quest’ultima legge sia posteriore alla Bibbia.

[31] Secondo la definizione moderna: il Dromedario, con una sola gobba. Il cammello a due gobbe vive nel deserto del Gobi, e non era conosciuto in Medio Oriente.

[32] Levitico 11, 4

[33] Levitico 11, 5 . L’Ebraico dice Shafàn, che è un animale selvatico che vive sulle rocce, nei pressi del Mar Morto. E’ stato reso dai traduttori erroneamente con coniglio, errore ancora frequente nell’Ebraico moderno nel linguaggiodei bambini. Il Procavia è  simile ad un grosso scoiattolo, ma è un parente lontano... dell’elefante!

[34] Levitico 11, 6. In Ebraico Arnèvet, che è sia il coniglio che la lepre. Sulla esatta identificazione degli animali ci sono alcuni dubbi. Gli zoologi  israeliani moderni hanno cercato di fare un po’ d’ordine, ma non si è sicuri che siano riusciti a localizzare al cento per cento di quali animali parlasse la Bibbia (leggi più avanti la nota sull’Avvoltoio).

[35] Ovviamente né il procavia, né la lepre sono ruminanti veri, ma gli antichi li consideravano tali, per via che ‘rimasticano’ l’erba di cui si cibano. La distinzione tra ruminanti e non ruminanti è una distinzione ‘fenotipica’ e non anatomica.

[36] Che potrebbe essere stato anche... un cinghiale, beninteso!

[37] Levitico 11, 7

 

[38] Levitico 11, 9-12. Gli animali (che vivono) nell’acqua, sia nei mari (ma forse sarebbe più giusto dire laghi) che nei torrenti. Il legislatore usa il plurale ‘i mari’. Potrebbe non essere un caso: il Mare, nella Bibbia è usato al singolare, ma viene usato anche per indicare, per esempio il Lago di Tiberiade (in Ebraico letteralmente : Mare del Liuto, per via della forma ovale). Anche per i corsi d’acqua l’Ebraico usa la parola Nahal (fiumiciattolo) e non Nahàr (usato per i grandi fiumi, come  il Tigri e l’Eufrate). La distinzione è appropriata: in Israele non ci sono ‘Fiumi’. Al massimo ci sono ‘torrenti’.

[39] Lago costiero del Mediterraneo, all’estremo nord del Sinai.

[40] E non l’Aquila, come è spesso tradotto erroneamente. Le aquile vivono in Europa. Il nome ebraico dell’avvoltoio è Nesher, dalla radice di un verbo che significa ‘perdere il pelo/le foglie)’, per via del collo ‘nudo’, come se gli fossero cadute le penne.

[41] Levitico 11, 20

[42] L’Ebraico usa un termine usato anche per indicare le zampe delle galline. In effetti la forma degli arti posteriori delle cavallette ricorda molto... le cosce di pollo!

[43] Levitico 11, 29

[44] La precisa datazione di un’antica eclisse, avvenuta in Mesopotamia, ci ha permesso di calcolare, per esempio, il rallentamento della velocità di rotazione della Terra!

[45] Ester 2, 23; 6, 1; 10, 2.

[46] Ezra 1, 8

[47] Nella fattispecie non Dario I il Grande, quello di Maratona, ma Dario II, quello dell’Anabasi di Senofonte.

[48] Che aveva, tra l’altro un gran rispetto per gli Uomini di Dio delle altre religioni, tanto è vero che accolse con tutti gli onori S. Francesco da Assisi, ambasciatore del Pontefice.

[49] Essenziale notare l’uso dell’articolo indeterminativo. A scanso di equivoci: non si parla qui de “La Società Umana”.

[50] L’esempio della diffidenza a cambiare le ‘Leggi Basilari’ ci viene dato proprio dal famoso ‘Secondo emendamento alla Costituzione Americana’, che permette a tutti i Cittadini di portare le armi. Quando l’Emendamento fu stabilito, in America c’era la necessità pratica della sopravvivenza, che lo imponeva. Oggi questa necessità non esiste più, ma gli Americani sono restìi a rinunciare ad un Diritto che ha definito per quasi due secoli il Carattere dell’ American Way of Life. Gli Americani, senza la possibilità (se pur teorica) di mettersi il revolver al cinturone, si sentirebbero privati della loro Americanità.

[51] Esodo 22, 1

[52] Ibid. 22, 2

[53] I particolari di questo paragrafo sono narrati nel Libro dei Giudici.

[54] Samuele(I) 8, 1-5

[55] Ibid. 9, 2; 10, 23

[56] Ibid. 10, 22. L’Ebraico moderno ancora usa il termine ‘si nasconde tra i bagagli’ col significato di timido.

[57] Samuele(I) 13, 8

[58] Ibid. 15, 1-30

[59] Samuele (I) 18, 1-4

[60] Ibid. 25

[61] Ibid. 27

[62] Ibid. 29

[63] Samuele(II) 11

[64] Ibid. 12

[65] Ibid. 15-18

[66] Qui riportata nella versione italiana, dalla penna dell’autore di queste righe.

[67] O, almeno, sembrava farlo, prima che ci costruissero tutt’attorno la nuova città Ebraica e la nuova città Araba!

[68] Poi esteso a tutto il Paese, significando che il Nemico Irriducibile di Israele è la Siria.

 

[69] Qui riportati nella versione italiana, dalla penna dell’autore di queste righe.

 

[70] E, per non essere considerati misogeni, ricorderemo che la Donna non fu creata, ma estratta dalla costola di Adamo. In ogno caso la Donna fu l’ultima cosa che Iddio fece, prima di entrare in sciopero, e questo è tutto dire: dopo una simile faticaccia!

[71] La teoria sarà qui riportata in forma molto semplificata. E’ preferibile che il lettore abbia  una certa conoscenza della materia.

[72] Ovviamente...Genesi 1, 1 e seguenti.

[73] Proposta Nel 1946 dall'americano di origine russa George Gamow (1904-1968) per spiegare l'origine dell'universo.

 

[74] In Ebraico le parola Acqua  (Mayim) e Cielo (Shamayim) sono Pluralia tantum, percui nelle traduzioni della Bibbia in genere sono rese con  ‘Acque’ e ‘Cieli’. É un errore di traduzione, ma oramai ci siamo abituati...

[75] il termine Ebraico è Yabashà (dalla radice YBSh=asciutto), generalmente tradotto ‘Terra ferma’, ma la traduzione letterale dovrebbe essere ‘cosa asciutta’.