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L’Europa a marcia indietro

 

 

La fine del Secondo Millennio ha segnato uno degli avvenimenti più importanti della Storia Europea: L’Europa Unita.

 

Ma ne siamo veramente sicuri? Ridiamo un’occhiata alla Storia Europea di tanti anni fa, ed a quella... del prosimo futuro, e ci renderemo conto che questi... Europei furono, sono e... saranno tutt’altra cosa di quello che... vorrebbero far credere a... loro stessi...

 

1. Mille, e non più mille

2. Storia Europea: il prossimo capitolo

3. La Cultura “Europea”

4. Gli Underesi

5. La Svizzera l’è una Nazion!

6. Cro-Magnon Rh negativi

 

 

 

1. Mille, e non più Mille

(Sei-settecento sì, però!)

 

Re Carlo tornava dalla guerra

lo accoglie la sua terra cingendolo d'allor.

Al sol della calda primavera

lampeggia l'armatura del Sire vincitor.

Il sangue del Principe e del Moro

arrossano il cimiero d'identico color

ma più che del corpo le ferite

da Carlo son sentite le bramosie d'amor.

                        

La canzone “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” dell’indimenticabile Fabrizio De André, ci narra le gesta del padre di Pipino il Breve e nonno di Carlo Magno dopo la famosa battaglia che nell’anno 732 decise le sorti dell’Europa Cristiana. Non entreremo qui in discussione con alcuni storici che parlano della battaglia di Poitiers come poco più di una scaramuccia e sostengono che gli Arabi non avevano nessuna intenzione di conquistare la Francia, il fatto sta che a Poitiers finalmente si fermò quella valanga musulmana, partita solo cento anni prima dall’Arabia, che aveva conquistato tutta la Spagna in poco più di vent’anni.

La Storia non si fa con i ‘se’, ma... se la battaglia di Poitiers fosse andata diversamente, non solo non avremmo ora  con noi la simpatica canzone di Fabrizio De André, ma l’Europa Cristiana che conosciamo, non sarebbe mai esistita.

 

Date alla mano, al tempo dello scontro il Cristianesimo aveva da poco superato i 700 anni.

Il Mare Nostrum, per sette secoli  un mare Romano era ora diviso in due: il nord in mano cristiana, il sud in mano musulmana. La divisione era netta, tranne qualche ‘neutrale’ che serviva per mantenere un filo di contatto con il ‘nemico’.

 

L’Europa si trovava nella più profonda ignoranza culturale: Signorotti, servi della gleba e qualche monaco. Gli Europei non pensavano. Seguivano come pecore i Precetti della Chiesa, senza minimamente discuterli.

 

Il Mondo Arabo, alimentato dai contatti con la cultura greca da una parte e da quella indiana dall’altra, si sviluppa enormemente dal punto di vista culturale. Gli Arabi fanno enormi progressi nelle Scienze, nella Medicina, nella Matematica. Per il Mondo Arabo è incominciata l’Età dell’Oro.

 

Stanno per passare mille anni dalla nascita di Cristo. Nell’Europa ignorante e bigotta è facile vendere la storia che la fine del mondo si sta avvicinando a grandi passi:

“Mille, e non più Mille” è stato scritto. Fate Penitenza!

 

Ma l’anno Mille passa indisturbato. Il tanto temuto ‘bug’ si rivela una grande fregnaccia, inventata dai preti, per tenere a bada il popolino credulone.

L’Europa comincia a fermentare. Ancora in forma molto nebulosa ci si cominciano a chiedere quei ‘perchè?’, che sono i peggiori nemici della Religione.Quando si comincia temere la rivoluzione, si cerca un nemico esterno... storia vecchia, eh?. Per fortuna della Chiesa Cristiana il terreno è buono per i Fondamentalisti: Iddio ci ha risparmiato dalla distruzione, dandoci il compito di diffondere il Cristianesimo in tutto il mondo, cominciando dagli Infedeli, che tra l’altro hanno in mano i Luoghi Santi (leggi altrimenti: Gli infedeli hanno bloccato tutte le lucrose vie del commercio con l’Estremo Oriente: perché dipendere da loro per la seta, le spezie, l’oro e l’avorio? Mettiamo su un bell’esercito, e, con la scusa di liberare Gerusalemme, apriamo la via a... Marco Polo).

 

L’Europa bigotta e Fondamentalista si butta nell’avventura delle Crociate. All’inizio c’è un certo successo, ma già della Terza Crociata gli interessi privati indeboliscono le Forze Cristiane. Gli Arabi, che difendono casa, hanno il definitivo sopravvento e, in meno di un secolo ributtano i Cristiani dalle coste sudorientali del Mediterraneo.

 

Il braccio di ferro dura sette secoli. Solo nel 1492 i Re Cattolici riescono a ripulire la Spagna dai Miscredenti. Musulmani ed Ebrei (collaborazionisti) sono cacciati dalla penisola Iberica.

 

Ma in Europa è successo nel frattempo anche qualcos’altro. Qualcosa di inaspettato, qualcosa che ha cambiato le sorti del continente. Dal 1347 al 1351, è scoppiata la più grande epidemia di peste bubbonica che la storia dell’Europa ricordi. In soli cinque anni, un terzo della popolazione viene cancellato dal suolo del continente.

 

La Gente finalmente riconosce la fallacità degli insegnamenti bigotti. Se Dio c’è veramente, ed E’ cosi misericordioso come si dice, perché ha lasciato morire tanti innocenti? E se la Chiesa è veramente ‘in contatto’ con Dio, perché non è riuscita ad intercedere?  Prima della Morte Nera c’era gente come Dante, che filosofeggiava sulle questioni di fede medievale, Dopo la peste era nata la Gente dell’Evo Moderno, come il Boccaccio, che derideva i bigotti ed ineggiava a godersi la vita.

 

Non entreremo qui nella Storia del XV secolo. Diremo solo che fu proprio la decimazione della popolazione  europea in seguito alla Peste Nera quella che iniziò l’Espansione Europea nel mondo. Sia dal punto di vista demografico-etnologico (prima colonizzazione, poi colonialismo), sia dal punto di vista filosofico-scientifico-tecnologico (dal Rinascimento al Risorgimento).

 

Ma notate che gli Europei si espansero un po’ da per tutto, tranne che nel Momdo Arabo. Lì la porta era ben chiusa. In pratica l’attrito continuò molto a lungo, grazie ai Turchi, che continuarono la pressione musulmana sull’Europa ancora più in là dell’anno della scoperta dell’America.

 

L’ultima partita del braccio di ferro non fu, come si potrebbe pensare, la Battaglia di Lepanto, ma quella di Vienna del 1683.

Vienna era assediata dall’esercito turco (quei mammalucchi assassini!) sin dal 13 Luglio. I turchi, forti di trecento cannoni, avevano ormai aperto varie brecce nelle mura. L’ultima notte, prima dell’attacco finale, i Viennesi mandarono un ultimo messaggio di aiuto per l’Esercito Cristiano: “Fate in fretta, per l’Amor di Dio!”.

 

Era l’11 Settembre.

 

Il giorno dopo arrivarono i nostri. Soprattutto i Polacchi alla guida di Sobieski, che caricarono all’arma bianca i Turchi, annientando i musulmani.

A nome di Sobieski fu dedicata una costellazione in cielo (lo scudo) e da quel 12 Settembre in poi, la presenza musulmana in Europa andò sempre più diminuendo. I Turchi stessi sono da quasi un secolo ‘Musulmani europeicizzati’ che non ci tengono ad essere confusi troppo con gli Arabi.

 

Nel corso dei secoli abbiamo visto una specie di pulsazione del mondo Arabo, come un cuore (od un ameba, se preferite), che si espande (700 D.C. – 1400 D.C), e che poi si contrae (1400 D.C. – 1918 D.C).

 

Anche l’Europa Cristiana si è espansa (1480 D.C. – 1945 D.C.), invadendo il mondo, ma da una cinquantina d’anni a questa parte il Mondo ha cominciato a riconquistare... l’Europa. Molto di questo mondo è Africano, molto di questo mondo è musulmano.

 

Negli ultimi vent’anni abbiamo conosciuto l’infiltrazione pacifica dei ‘Vo’ Cumpra?”, il sorgere della moschea a poche centinaia di metri in line d’aria dal Cupolone, ed alla fine i treni di Madrid.

 

Alla fine?

 

Signori Europei, date un’occhiata alla Storia!

 

Mille Anni fa i Fondamentalisti Crociati Europei hanno fatto la Guerra Santa contro il civilissimo impero di Saladino e compagni.

 

Mille e non più Mille: meno di mille anni dopo la frittata si rivolta: Bin Laden è Pietro l’Eremita (o forse Goffredo di Buglione).

 

La Guerra santa (Jiad) è cominciata da un pezzetto. Se non ve ne siete ancora accorti:

 

E’ PROPRIO QUESTA LA FAMOSA TERZA GUERRA MONDIALE.

 

Fino adesso ce la stavamo prendendo con il nemico sbagliato.

 

La rivincita di Vienna è stata già presa.

Il Re Cattolico Spagnolo è stato spodestato.

Sotto a chi tocca...

 

A  proposito..... a chi tocca?

 
 

2. Storia Europea: il prossimo capitolo.

 

“… questo sarà considerato il più importante momento storico…”

 

E’ questa la frase, ormai trita e ritrita, che abbiamo sentito uscire mille volte dalla bocca dei politici di ogni nazione, in ogni ‘importante momento storico’, ed ancor più spesso, nelle miriadi di momenti non storici e non importanti affatto.

 

Questo di dichiarare troppo spesso e troppo a sproposito le pietre miliari della Storia è diventato un vizio che fa ormai alle nostre orecchie l’effetto di quel famoso ‘Al lupo! Al lupo!’ della favola: agli ‘importanti momenti storici’ non ci crediamo più… e se, poi, la Storia dimostrerà che un certo momento vissuto da noi sarà stato veramente importante, a noi che ce ne frega? Tanto saremo ormai pure noi parte… della Storia. 

 

E allora, tanto per cambiare, scriviamo, per una volta, la Storia Europea col sistema dei gamberi: cominciando dal Prossimo Capitolo:

 

“L’Europa nel primo ventennio del Ventunesimo Secolo”

(2001-2020)

 

Il primo ventennio del XXI secolo, può essere considerato, a ragione, il più importante momento storico del Continente Europeo, a partire… dall’Età della Pietra in poi. Gli unici due eventi storici parzialmente paragonabili al ‘Ventennio dell’Unificazione’ sono stati quelli che hanno segnato l’inizio e la fine del cosiddetto Medio Evo, cioè le Invasioni Barbariche che posero fine all’Impero Romano d’Occidente (V-VI secolo) e la ‘Morte Nera’, l’epidemia di Peste Bubbonica che uccise uccise un terzo della popolazione europea (1347-1351), dando inizio, con il Rinascimento, all’Età Moderna.

 

Il Comune Multiplo di questi tre periodi storici, specialmente degli ultimi due, è il fatto che in tutti e tre i periodi, un certo avvenimento/processo storico ha interessato contemporaneamente e soprattutto nella stessa maniera tutta la popolazione del Continente Europeo. 

 

Questa affermazione può sembrare quanto mai azzardata, se pensiamo ad altri periodi storici, come quello della Rivoluzione Francese e della Seconda Guerra Mondiale, e forse azzardata lo sarebbe veramente, se oggi, a metà del XXI Secolo, non potessimo vedere i risultati del processo storico dell’inizio del secolo. Risultati che, purtroppo, sono stati ben diversi dalle aspettative di inizio-secolo.

 

È vero, il processo di unificazione ha creato una nuova entità Politico-culturale che possiamo definire a ragione Europea, ma essa è ben diversa da quella che era nelle intenzioni dei Fondatori della seconda metà del XX Secolo, Adenauer, Moro, De Gaulle e Willy Brandt. L’Europa c’è, ma non è l’Europa che avevamo programmato pazientemente per cinquant’anni. E tutto perché ci siamo accorti troppo tardi che, sì, il nostro programma aveva cominciato a funzionare egregiamente, ma nel nostro computer si era insediato un ‘worm’ che nessun antivirus sapeva neutralizzare.

 

Oramai ci abbiamo fatto il callo. L’Europa, ora che è finalmente diventata Europa, non è più Europa. Della nostra cultura sono rimasti solo i monumenti. Il futuro è ormai in mano a questi barbari, provenienti dall’Africa e dall’Asia. Noi Europei abbiamo fatto il lavoro. Loro se ne stanno godendo i frutti. Ce lo meritiamo. A fare l’Europa ci abbiamo messo cinquant’anni di troppo.

 

Ma andiamo per ordine: Prima di tutto la ragione per cui osiamo affermare che il primo ventennio del Ventunesimo Secolo è stato il periodo storico più importante del continente, sin dall’Età della Pietra.

Ci sia consentito di far notare al lettore che questa è stata l’unica volta, negli oltre tremila anni di Storia Europea che l’intero continente si è unificato in modo incruento e non sotto l’egemonia di uno dei suoi popoli, a differenza di quanto è accaduto in passato, quando in alcuni periodi storici, per lo più effimeri, il continente si era unificato quasi completamente, sotto i Romani, sotto Napoleone e sotto il Terzo Reich.

Questa volta, l’unificazione Europea è differente. È nata per ragioni economiche, dopo aver capito che l’unico modo per collaborare era quello di smussare le differenze tra i vari popoli, cercando un denominatore comune: l’Euro.

I Popoli europei, dopo duemila anni di reciproco accoppamento, hanno finalmente imparato la lezione della Svizzera: Rispettare la cultura altrui, senza credere la propria superiore.

È stato duro convincere la generazione nata a metà del secolo scorso (XX). I Tedeschi erano appena usciti da una guerra persa per aver creduto alla superiorità della Razza Ariana, i Francesi non riuscivano ad uscire da quel complesso di inferiorità nei confronti degli Anglofoni, da quando il Francese, in Europa, non lo imparava più nessuno. Gli Italiani credevano ancora che tutte le strade portano a Roma. E i Russi, quelli, poi, dopo aver… russato per secoli, si credevano i migliori, perché sono i più grossi!

 

Ma per fortuna è arrivata la nuova generazione, quella nata col telecomando in mano per accendere il televisore (che cosa è la manopola di accensione?). Quella nata con il PC. Quella nata con l’Internet, il Chat e l’e-mail. In Inglese, in tutta Europa… HOW R U?   dot-iu-key, point-ef-er, punto-i-ti. Chicciolina. Smiley : - )

Quella nata senza il passaporto e con l’Euro in tasca. Quella dei giovani tutti uguali, che si ricordano vagamente che… i bisnonni avevano fatto la guerra uno contro l’altro. Chissà perché, poi?

 

Che idillio! Questa nuova generazione aveva non solo un presente in comune, ma anche una storia in comune: i loro bisnonni si erano accoppati a vicenda, sì, ma almeno lo avevano fatto da EUROPEI.

 

Ma allora, che c’entrano con la Storia Europea tutti questi Extra…?

 

I leaders europei delle nazioni emergenti, ormai esauste, dalla seconda guerra mondiale, avevano gettato le basi dell’Europa Unita, prima con la CECA e con il MEC, comprendente Francia, Germania, Italia e Benelux. Poi venne la costituzione degli organi parlamentari europei (dove i vari stati mandavano i politici di cui i propri partiti nazionali volevano disfarsi elegantemente). Infine, alla fine degli anni ‘80 del secolo passato, ci fu il crollo dell’Unione Sovietica. Se l’Europa è nata, alla fine, anche questa volta dobbiamo ringraziare l’America. La fine della Guerra Fredda, che permise all’Europa di prendere la forma attuale, fu causata soprattutto dalla decisione presa da quel Cow-boy hollywoodiano di Ronald Reagan, che mise in gioco, nel braccio di ferro con i Russi, l’intera potenza economica americana. I Sovietici, già indeboliti dalla Perestroika di Gorbachev, non poterono dare una risposta al progettato ‘scudo stellare’ di Reagan. Il presidente americano aveva letto troppi libri di fantascienza, ma i Russi caddero nel tranello e si arresero alla potenza economica. Finita la guerra fredda, ognuno pensò ai fatti suoi. In Europa, cioè si formò finalmente un assetto politico Naturale, impedito da secoli, prima dalle lotte di supremazia nazionalista, poi dal confine tra Est ed Ovest, tracciato nel ’45 dagli Alleati vincitori.

 

Questo nuovo assetto politico, che qui noi chiameremo, a ragione, ‘Naturale’, consiste nel definire finalmente i vari stati europei, ognuno nei suoi confini etnici naturali (la creazione di uno stato Basco indipendente ha preso un po’ di più, per l’opposizione della Spagna). All’inizio dell’ultima decade del secolo scorso abbiamo assistito ai primi tre assestamenti etnici naturali, con l’unificazione delle due Germanie, la divisione politica tra Cechi e Slovacchi, e la purtroppo più cruenta disintegrazione della Yugoslavjia tra Croato-sloveni (cattolici italo-germanici), Serbi (ortodossi slavi) e minoranze musulmane (albanesi).

Gli stati occidentali, sia del nord-ovest, sia del sud del continente, composti ognuno di un’entità etnica omogenea o ben amalgamata, nello stesso decennio non hanno avuto bisogno di ritoccare i confini tra di loro. Le uniche incongruenze Stato-ethnos rimaste irrisolte nei paesi europei occidentali, a quel tempo, furono i due problemi interni degli Irlandesi del nord e, naturalmente, dei Baschi.

 

Si è giunti così, finalmente, alla fine del Ventesimo Secolo, al presente assetto politico, inventato originariamente dalla Svizzera, che si è dimostrato la chiave per creare finalmente questa Europa Unita: Ogni stato rimane una nazione indipendente, nei cui affari interni nessuno stato vicino mette il naso. Nel frattempo, però, l’Economia diventa una cosa comune. Proprio come in Svizzera, ogni stato è diventato un cantone: indipendente e sovrano, ma di fatto con la cassa in comune agli altri.

 

La decisione se trasformare questa Confederatio Europica un uno stato unitario o meno, è stata lasciata in mano a quella generazione nata agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, i figli ed i nipoti di quei casinari dei ‘sixties’ europei.

 

O meglio, questo sarebbe stato il programma. Permettendo a questa generazione di gironzolare per l’Europa, senza la necessità del passaporto, sin dall’adolescenza, si sarebbe dovuta creare una approfondita interconoscenza dei membri della nuova generazione di Euro-tedeschi, Euro-francesi, Euro-italiani eccetra, che in poco tempo avrebbe creato il ‘Nuovo Cittadino Europeo’. La cultura in comune già c’era. La Storia in comune pure (a parte che i bisnonni stavano al di qua o al di là dello stesso fronte, che oggi si passa senza passaporto), La lingua in comune si era formata grazie all’internet + un miscuglio dei vari linguaggi dei giovani.

 

Sarebbe andato tutto a posto, senonché il nuovo Continente del Latte e del Miele, nel frattempo aveva attirato non solo Mosca ma anche... le mosche e le moschee.

 

Il giovane smaliziato lettore di queste righe, a questo punto, alzerà un sopracciglio, accompagnato da un malcelato sorrisetto di sufficienza. “Ma chi è questo vecchio decrepito che si permette di analizzare un ventennio che lui ha vissuto ormai da pensionato?”. Forse il giovane lettore ha ragione, ma si conceda almeno a questo vecchio decrepito di dire che all’inizio del secolo XXI il lettore non era ancora nato!

 

Ma continuiamo a spiegare a quei pochi lettori che hanno ancora la pazienza di ascoltarci, come è successo che l’Europa ha cessato di essere Europa, il giorno che è diventata Europa.

 

La più grande colpa che si può fare alla generazione nata a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, è senza dubbio quella di aver smesso di fare figli. Noi del Baby-boom eravamo troppi. Ci piaceva la vita, ci piaceva la carriera. Grazie alla famosa (o meglio famigerata) pillola Pincus, ed alle liberali leggi sull’aborto, non dovevamo più preoccuparci di avere figli indesiderati. E perché poi avere figli? Per passare loro in eredità questo mondo pieno di fallout atomico, di distruzione ecologica, di incertezza economica? Essere in pochi significava avere di più per ognuno di noi. Tutto il mondo progredito, Europa compresa, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, smise di fare figli. Le coppie ne facevano al massimo uno, tanto per averlo. Ma per mantenere una popolazione stabile, ogni coppia deve fare 2 virgola 1 figli (quel virgola uno rappresenta il cinque percento della popolazione che non arriva a fare figli per cause naturali). La popolazione europea cominciò a declinare, sempre di più, e chissà dove serebbe andata a finire, se non fosse stata, fortunatamente, rinvigorita e ricostituita (quantitativamente) dal contributo dei paesi del Terzo mondo, che non solo erano popolosissimi, ma continuavano a fare figli a quartetti ed a cinquine per coppia.

A dire il vero questa ‘infusione vitale’ ha avuto, all’inizio, un carattere leggermente diverso nelle varie nazioni europee: Alcune nazioni hanno sperimentato sin dall’inizio l’invasione pacifica come un fatto naturale, incominciato molti decenni prima. I paesi ex coloniali, Gran Bretagna, Francia ed Olanda, avevano già concesso i diritti di permanenza ai cittadini delle ex colonie, ritrovandosi pieni di Indiani, Marocchini ed Indonesiani, i quali però avevano già una buona infarinatura di cultura europea, inculcata nei loro padri dai colonizzatori. Per la Germania si potrebbe fare un discorso a parte. La grande immigrazione era composta da cittadini europei, un po’ meno colti, ma sempre europei: per la maggior parte Italiani, Turchi ed Est Europei. Per l’Italia, poi, le cose andarono in maniera del tutto particolare. Il Paese che aveva per più di un secolo esportato emigranti nelle Americhe, in Australia, in Germania ed in tutto il resto del mondo, si vide invaso, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, da una miriade di Extracomunitari di origine soprattutto nordafricana, senza avere nemmeno le leggi per limitare questa pacifica invasione. Tutte le leggi italiane sull’immigrazione erano intese a sancire i diritti, non a limitare. Questo perché uno stato democratico che ‘esportava’ emigranti, non avrebbe mai potuto fare discriminazioni nei confronti degli inesistenti immigranti. Ma quando, all’inizio degli anni ’80 la frittata si rivoltò, ci si accorse che la popolazione del Terzo Mondo poteva chiedere Asilo Politico ed insediarsi in Italia senza problemi. Quando si decise di aggiornare le leggi alla nuova situazione, era ormai troppo tardi: Gli Albanesi (ma sono Europei, dopo tutto), i Marocchini ed i Ganesi (o si dice Ghaniani?) erano ormai dapertutto. Già all’inizio degli anni novanta, il martedì, a Piazza dei Cinquecento, sotto il lampione, non si davano appuntamento le coppiette, come ai tempi di questo vecchio decrepito, ma alcune centinaia di ‘colorati’ in abiti tradizionali.

 

Che il lettore non mi tacci di razzismo. Non ho parlato male, né intendo parlare male di questi ‘Non Europei’. Voglio solo raccontare come essi hanno trasformato l’Europa in un continente che Europa non è ormai più.

 

La mia generazione, che ora sembra così bigotta, è stata, al contrario, molto più open-minded di quanto si possa credere. In Italia, per esempio, sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, si erano concessi pieni diritti di culto e di ostentazione delle tradizioni a tutti quei cittadini e residenti ‘differenti’. Questa forma di assoluta democrazia a protezione delle minoranze, sancita dalla Costituzione, era stata intesa principalmente a correggere le ingiustizie fatte nei riguardi della minoranza israelita durante gli ultimi anni del Ventennio Fascista, ma va ricordato che questa minoranza rappresentava lo 0,5 per mille scarso della popolazione nazionale, e non il 30% e passa delle minoranze extracomunitarie a pieno diritto di oggi. Quando le minoranze sono insignificanti, è facile essere buoni con le stesse, ma quando diventano una buona fetta della popolazione, si rischia di perdere l’identità nazionale e la tradizione originale del Popolo. Se si vuole mantenere una certa tradizione, bisogna autoproteggersi dalle minoranze, prima che queste diventino maggioranze.

 

In Europa, lo sappiamo tutti, era una guerra persa in partenza. Ormai sono le minoranze di origine extra europea a dare il tono. Benché questi Non Europei siano ancora meno degli ‘Europei purosangue’ essi compongono ormai la maggioranza della forza lavorativa. Il Terzo Mondo Europeo è diventato, da una decina d’anni a questa parte, la maggioranza della popolazione europea sotto i quaranta.

 

All’inizio, prima della fine del secolo, questi Africani ed Asiatici erano pochi e, soprattutto, perfettamente integrati nella popolazione locale. Specie in Gran Bretagna, dove Gli Indiani e i Keniatti si comportavano in tutto e per tutto da Inglesi. In Italia, poi erano arrivati da neonati, adotatti dalle coppie senza figli. Ma fossero Brasiliani, Indiani o Cinesi, questi ragazzi crebbero da Italiani in tutto e per tutto:  conoscevano solo gli spaghetti ed urlavano ‘Forza Roma’.

 

I veri Non Europei erano gli altri, quelli venuti a gruppi familiari consistenti, soprattutto dalle nazioni di estrazione islamica. Queste minoranze diventarono, col tempo sempre più consistenti, mantenendo accanitamente (ed in fondo giustamente) le tradizioni portate da fuori. In poco tempo, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, sorsero, a pochi passi dal Cupolone, il simbolo del Cristianesimo, le moschee. Il diritto di culto spettava a tutti, non solo ai pochi israeliti.

 

Improvvisamente, al volgere della fine del secondo millennio, queste minoranze capirono di aver ormai partita vinta. In seno ad esse sorsero i Movimenti di Avanguardia, quelli che speravano di calcare la mano e di anticipare i tempi. Si credevano, a ragione, i più forti. I Partigiani dell’Autonomia si dedicarono alle azioni cruente, contro la maggioranza locale, moralmente indebolita: allora le azioni intese a rivendicare i diritti delle minoranze furono chiamate dai giornali bigotti ‘Atti di Terrorismo’. Ma gli attentati di Madrid e di Londra, perpetrati da Al Qaida, lo sappiamo ora, sono stati solo atti di forza, intenzionati ad insegnare alle Minoranze Europee Derelitte, che esse erano invece forti, che la loro cultura stava per vincere, e stava per prendere il sopavvento in un Europa decrepita, che si cullava su Glorie del Passato ormai dimenticate.

 

Ma forse non ci sarebbe stato bisogno di fare tanto chiasso. Non era necessario cercare di accellerare il proceso evolutivo: I giovani della seconda e terza generazione ignorano chi fosse stato Napoleone e non hanno niente in comune con la storia Romana (Chi erano i Romani? Quelli che hanno fatto il Colosseo?). Oggi la Tradizione è diversa: Allah-hu-akbar.

 

Questo è stato l’ultimo capitolo della Storia Europea:

 

Gli Europei hanno unificato l’Europa. Grazie tante. Il Terzo Mondo ne farà buon uso.

 

Forse la continuerà a chiamare così, in mancanza di un nome migliore.

Ma L’Europa non sarà mai più Europa.

 

 

L’AUTOPSIA

 

Ora che la Cultura Europea non è più con noi, ci si chiede quali siano state le cause della sua morte.

 

A posteriori ci si chiede perché non si sia fatto nulla per tentare di salvarla. O, meglio, chi se lo chiede siamo solo noi, quei pochi vecchi nostalgici che alla Storia ed alla Cultura Europea ci credono ancora.

 

Agli inizi del secolo ci si accorse che la ‘pseudocultura’ del Terzo Mondo la stava vincendo, ma fu impossibile creare una linea di difesa comune per salvaguardare la Cultura Europea vecchio stampo. Il problema era che l’unico sistema che era riuscito ad unificare l’Europa dal punto di vista economico, era basato sulla cantonizzazione di modello svizzero: Gli ex stati europei, ancora diversi per lingua e costumi locali, potevano andare d’accordo solo grazie all’astensione reciproca di immischiarsi nelle faccende interne di ognuno di essi (a parte l’Economia, ovviamente).

L’Errore, se di errore si può parlare, fu che il problema dell’immigrazione del Terzo Mondo fu elencato tra i ‘problemi interni’ di ogni stato, invece di essere considerato una minaccia culturale comune.  Il problema della Francia con i Marocchini era esattamente lo stesso della Germania con i Turchi, ma ogni stato si tenne le sue rogne per se, per non accollarsi quelle degli altri, che non aveva.

Gli unici Europei che fecero un po’ di rumore, furono le ex Destre Nazionaliste, che, salendo un gradino, fecero dell’Europa la nuova definizione della loro Fede. Erano pochi, oggi sappiamo che avevano ragione a mettere in guardia gli Europei ‘Purosangue’ dalla perdita della loro Identità storica e culturale, ma all’inizio del secolo la loro presa di posizione puzzava ancora di Nazionalismo Represso. Fascisti erano, Fascisti erano rimasti. Razzisti erano, Razzisti erano rimasti. I loro nonni se l’erano presi con gli Ebrei, ineggiando al Duce e all’Impero, i nipoti si dichiaravano Europei Veri, distinguendosi da gli ‘Pseudoeuropei’ del Terzo mondo.

 

La maggioranza degli Europei Originali non poteva accettare questa evidente ipocrisia. Se siamo tutti uguali, questo vale anche per gli Extracomunitari.

La democrazia è una gran bella cosa... in teoria, ma cosa si fa, quando ci si accorge che la tua cultura, proprio grazie a questa democrazia, sta andando a farsi friggere?

 

Le varie nazioni, lasciate in balia del problema, tentarono delle stentate soluzioni che a volte furono, a dir poco, addirittura ridicole. La più ridicola di tutte fu quel provvedimento del Governo Francese, che tentò di arginare l’uso, sempre maggiore, del velo sul volto delle giovani musulmane. In nome dell’Egalité, fu imposto di togliere tutti i segni religiosi nelle scuole pubbliche. Per Uguaglianza, ovviamente, ciò comprendeva anche il divieto di ostentare le Croci al collo (per i Cattolici) e di coprirsi il capo con la papalina (per gli Israeliti). Ma era evidente che l’ingiusto provvedimento era indirizzato contro i musulmani: i Cristiani si limitarono a mettere la catenina con la croce dentro il colletto, così fecero gli Israeliti con la Stella di Davide (per il copricapo, poi, era solo il ritorno ad una regola vigente da sempre...). Ma non c’era nessun verso di tenesi il velo sul naso... levandoselo!

 

Il provvedimento, alla fine si rivelò incostituzionale, quando si scoprì che l’Egalité imponeva la Liberté di culto. L’ostentamento di simboli religiosi non violava nessuna legge, essendo una Sacrosanta Libertà Personale.

Dopo una lunga discussione giudiziaria, alla fine il provvedimento fu giustamente abrogato.

 

Non stiamo a piangere sul latte versato. Non facciamoci illusioni che sarebbe potuto andare diversamente.

Per creare un entità culurale Europea Purosangue, si sarebbero dovuti aspettare altri cinquant’anni, senza il Terzo Mondo in Europa. Non ci siamo riusciti.

 

La Cultura Europea è morta.

 

Viva la cultura Mondiale!

 

3. La Cultura “Europea”

 

 

Nel capitolo precedente abbiamo sostenuto che nella prima metà del secolo ventunesimo la Cultura Europea è andata a farsi friggere, a causa  dell’invasione del Terzo Mondo, ma, prima di fare una simile affermazione, sarebbe giusto verificare se questa Cultura Europea sia veramente esistita prima, oppure se il termine ‘Cultura Europea’ è una definizione di comodo, che non ha mai avuto riscontro nella realtà.

 

Anche se studiosi più qualificati sapranno dare una definizione più raffinata di Cultura, definirei ‘Cultura di un Popolo’ l’insieme della Letteratura, dell’Arte, delle Scienze e dei Costumi accumulati da detto popolo con gli anni, cioè nel corso della sua Storia.

 

L’Europa è un accozzaglia di popoli diversi, quindi, a primo acchitto, parlare di ‘Cultura Europea’ sembra un controsenso. Sarebbe più giusto parlare di cultura italiana, francese, e così via, ma possiamo veramente separare le interazioni e le influenze reciproche? Ogni popolo europeo ha dato il suo contributo ad una cultura polimorfica. Ogni popolo ha portato nel calderone qualcosa di speciale, conservando al contempo la sua particolarità. E tutti i popoli europei hanno raccolto il meglio dei prodotti culturali dei vicini, facendone tesoro.

 

Carlo V, Re di Spagna, Imperatore di Germania, eccetra, eccetra… quello, insomma, sui quali Possedimenti non tramontava mai il sole, usava dire:

“Io parlo Francese con gli uomini, Italiano con le donne, Spagnolo con Dio, e Tedesco con il mio cavallo!”.

 

Al tempo di Carlo V il Francese occupava il posto dell’odierno Inglese. I diplomatici ed i regnanti usavano il Francese nei rapporti internazionali. L’Italiano era anche allora la lingua della Musica, della Poesia e dell’Amore. Lo Spagnolo era la lingua madre di Carlo V, quindi lui la usava per pregare. Infine Carlo V si rivolgeva al suo cavallo solo per dargli ordini. E per dare un ordine, non c’è niente di meglio del Tedesco!

 

Immaginatevi il nostro Carlo V in occasione di una ‘scappatella’ sentimentale.

Ecco quello che avrebbe detto:

(Al maggiordomo) “Je m’absent pour un important... Affair d’Etat... Vous comprend...”

(Al Padreterno) “Me perdone, Dios, por esta ves, porqué ella es una chica muy bonita...”

(All’Amante) “Signora mia, oggi vi vedo più bella che mai...”

(Al cavallo, sulla via del ritorno) “Mio brafo testriero, fai achtung ke nein ti feda la regina, Zennò zono Tolori!”

 

Il figlio di Juana la Loca (Giovanna la Pazza) e nipote di Isabella di Castiglia, Signore di tre quarti di America e di mezza Europa, sapeva che non esiste una Lingua Universale, ma che ogni lingua è adatta ad esprimere un aspetto della Cultura Umana meglio delle altre lingue. Storicamente parlando, possiamo dire che alcune branche della cultura hanno adottato una determinata lingua, perché essa è stata quella del popolo che ha creato o sviluppato enormemente tale branca.

Una questione poco studiata è quella dell’interazione tra il carattere di un popolo (in un certo momento storico) ed il suo modo di esprimere questo carattere, cioè la sua lingua. È un po’ la storia dell’uovo e della gallina: in pratica è impossibile stabilire se determinate espressioni linguistiche sono una derivazione del comportamento oppure la sua origine. Alcune espressioni ricorrono quasi uguali in lingue molto diverse, altre sono così particolari, che sono state adottate da altri popoli nella lingua e nella forma  originale, proprio perché il concetto espresso non aveva un equivalente nell’altra lingua. Questa transazione di espressioni linguistiche ha fatto ‘sì che nel corso della Storia della Cultura Umana, è sempre esistita, parallelamente alle varie ‘lingue pure’ anche una ‘lingua internazionale’ atta ad esprimere concetti ‘internazionali’. Ma va notato che, proprio per la storia uovo-gallina, con l’adozione di un’espressione in lingua straniera, un certo popolo acquista anche un pezzetto del carattere dell’altro popolo. Tanto per dare un esempio di termini ‘internazionali’, diremo che un musicista tedesco che usa regolarmente l’espressione ‘Allegretto con brio, ma non troppo’, diventa, nell’atto, un po’... Italiano, mentre tutti diventano un po’ Spagnoli, quando dicono, con lo stesso significato, ‘Que serà, serà’.

 

L’Europa è stata da sempre formata da popoli profondamente diversi gli uni dagli altri, ma girando il continente è facile scoprire che un po’ dovunque ci sono zone di trasizione, esattamente come in alcune nazioni, soprattutto in Italia, si possono scoprire delle sfumature a metà strada tra regione e regione. Gli Yugoslavi dell’Istria e gli Svizzeri del Canton Ticino sono molto ‘italianizzati’, ma al pari, gli Altoatesini sono piuttosto ‘Crucchi’.  A volte alcuni aspetti del comportamento sono il frutto di avvenimenti storici ormai dimenticati. Tempo fa uno studioso americano fece un’osservazione molto interessante: Nell’Italia del Sud i paesani usano due modi diversi per dire no. In Sicilia ed in Puglia, alzano la testa all’indietro (movimento opposto al ‘sì’), mentre in campania e più a nord, per dire ‘no’ si muove la testa da destra a sinistra e viceversa. In Grecia, incidentalmente, per dire ‘no’ si usa il sistema ‘Siciliano’. Si tratta di un caso? Lo studioso andò di paese in paese per l’Italia del Sud e riuscì a tracciare il ‘confine geografico’ dei due modi di dire ‘no’ e... sorpresa! Scoprì che questo confine corrisponde esattamente a quello dell’antica Magna Grecia!

Da allora sono passati duemilacinquecento anni, ma il ‘no alla Greca’ è usato tuttora in quei paesini colonizzati un tempo dagli Ioni e dai Dori... venticinque secoli di influenza Romana, Ostrogota, Araba, Normanna, Francese, Spagnola ed Austriaca, non sono riusciti a cancellare l’uso della terra dove il ‘No’ suona... ‘in su ed in giù’, invece che ‘di qua e di là’...

 

Volendo parlare, dunque, di “Cultura Europea” a tutti i costi, potremmo dire che la cultura europea è il complesso dei contributi apportati dai molti popoli che si sono avvicendati, nel corso dei secoli, sul territorio del continente, formando, strato su strato, un sedimento, che, al pari di un sedimento geologico, possiedie alcune caratteristiche comuni, ma che, osservato al microscopio, presenta infinite differenze nei particolari.

Cercando di definire le caratteristiche comuni dei popoli europei, possiamo notarne due, esistenti, storicamente parlando, da circa quindici secoli a questa parte, dalla caduta dell’Impero Romano di Occidente in poi: la Religione Cristiana e l’alfabeto latino. I popoli europei di oggi, tranne poche eccezioni, sono cristiani, per precisione Cattolici, Ortodossi e Protestanti. Tranne i Greci ed alcuni popoli Slavi, gli Europei usano, per scrivere, l’alfabeto latino. Gli altri usano l’alfabeto greco o quello cirillico, che ne è una derivazione. Circa l’alfabeto latino, però è importante notare come ogni lingua abbia inserito nell’alfabeto latino alcune aggiunte, specie di accenti e segni particolari associati alle cinque vocali e alle consonanti c, g, h ed s. La ragione di queste aggiunte è abbastanza logica: ogni linga possiede alcuni suoni caratteristici. In italiano puro (se esiste un Italiano puro!), le vocali sono sette: a, è, é, i, ò, ó, u. A volte alcuni suoni sono trascritti con gruppi di lettere: alcuni stranieri (e non pochi Italiani!) che cercano di imparare l’Italiano, si cimentano con difficoltà quasi insormontabili nel tentativo di pronunciare il suono ‘gli’ di Oglio, e non capiscono perché la i della precedente parola sia... muta, trasformando il nome del fiume in quello del compare di... Stanlio!

In Italiano andiamo ancora discretamente. Gli Inglesi ed i Francesi, per quanto riguarda il nesso scrittura-pronuncia, stanno assai peggio di noi.

 

Eppure l’alfabeto Latino-greco e la religione Cristiana sono comuni a quasi tutti gli Europei. Esiste un nesso? Ovviamente la risposta è positiva: sono stati i preti ad insegnare a leggere e scrivere ai Barbari. Non solo, ma lo hanno fatto in stretta concomitanza alla Cristianizzazione dei vari Ostrogoti, Visigoti e Vandali che, a partire dal V secolo, si sono insediati nell’ex Impero Romano, assoggettandoli alla Cultura Romano-Cristiana.

Quando ci hanno spiegato a scuola la Storia della caduta dell’Impero Romano, però, si sono completamente dimenticati di spiegarci il perché questi Barbari siano stati cristianizzati con tanta facilità. I nostri insegnanti, a quanto pare, hanno dato per scontato che quei ‘Popoli Primitivi’ sono stati incantati dalla ‘Superiore Cultura’ dell’ex Impero del Mare Nostrum. Ma questo modo di vedere è esattamene quello di considerare Gli Ostrogoti delle scimmie. Non fa specie se poi, gli stessi Europei abbiano ripetuto l’esperimento con i Maya e gli Incas, popoli progreditissimi, e con quasi tutto il resto del mondo. La ragione va cercata altrove. Se osserviamo la Cristianizzazione dei Barbari, notiamo che ogni volta il loro Re o la loro Regina accettarono il Cristianesimo, ed il Popolo si è convertito seguendo il leader.

Il Cristianesimo portava con sé soprattutto l’Organizzazione:  quelle leggi chiare e scritte (da Dio o dai legislatori latini), che permise ai popoli precedentemente nomadi, di divenire popoli sedentari. Quando più tardi nella Storia Europea, ci fu il contrasto con il Mondo Musulmano, che di regole organizzative ne aveva non meno, il Mondo Cristiano ebbe un osso ben più duro da rodere. Lo stesso si può dire della Storia del Cristianesimo posteriore alle grandi ‘scoperte’ geografiche. Gli Europei si impossessarono delle Americhe, dell’Africa e dell’Asia del sud, ma non poterono nulla contro i Cinesi, che, in fatto di Governo organizzato, potevano dare loro dei punti. Gli Imperatori Cinesi, incidentalmente, nel XV Secolo, scelsero la via dell’Isolazionismo. Se, invece di rimanere in Cina, avessero cominciato ad espandersi verso ovest, chi sa dove sarebbero arrivati... Ma le Culture Superiori, si sa, preferiscono la vita sedentaria.

 

Siccome nel secolo XXI, finalmente il Mondo ha deciso di conquistare l’Europa, e non si sa cosa rimarrà della ‘Cultura Europea’ nel secolo XXII, ad uso e consumo dei posteri, faremo un giro per i vari Popoli Europei di oggi, per esaminare il loro contributo alla Cultura Europea, prima che il ricordo sia definitivamente cancellato o, come minimo, diventi incomprensibile.

 

E, tanto per cominciare, una lista incompleta di quelli che possono, a buon diritto, essere considerati i maggiori contributi dei vari popoli europei alla Cultura Europea in agonia:

 

 

 

POPOLO

PERSONA

INVENZIONE/

SCOPERTA

CIBO

 

 

 

 

Albanesi

Pirro

Vedi nota

Vedi nota

Austriaci

W.  Amadeus Mozart

Il Walz

L’Apfelstrudel

Baschi

Vedi nota

Il Baschetto e la Baionetta

Vedi nota

Belgi

Katerine Spaak /Eddy Mercx

Il Menneken Pis

La cioccolata belga

Bulgari

Un Re spodestato che poi è diventato Presidente della Repubblica

Vedi nota

La Marmellata di rose

Cechi

F. Kafka

Vedi nota

Vedi nota

Danesi

H. C. Andersen

La Sirenetta

Il burro

Finlandesi

I lanciatori di giavellotto ed i saltatori dal trampolino

La Sauna

Qualunque cosa, basta che sia caldo!

Francesi

Giovanna d’Arco (Napoleone era Italiano)

La Rivoluzione Francese

La Mayonnaise

Gallesi

Sean Connery

Il Gaelico (lingua crittografata illeggibile)

Vedi nota

Greci

Socrate

La  Leva

La Mousaka

Inglesi

I Beatles

La Macchina a vapore

Niente!

Irlandesi

Il Birraio

Il Pub irlandese

La Birra

Italiani

Pulcinella

La Chiave di Volta

Il Parmigiano-Reggiano

Norvegesi

Erik il Rosso

Le navi Vichinghe

Il Salmone

Olandesi

L’Olandese Volante

Le Dighe e gli zoccoli

Il formaggio olandese

Polacchi

Giovanni Paolo II

La Testardaggine (vedi dove è arrivato Lech Valensa)

A me non piace il cibo polacco

Portoghesi

Amalia Rodriges

Il  Brasile

Vedi nota

Rumeni

Il Conte Vlad (Dracula)

Il buco nella bandiera

La mammaliga (polenta)

Russi

La Zarina Caterina (Stalin era Georgiano)

La Babuchka

Vedi nota

Scozzesi

Tutti quanti, dianime!

Il Kilt

Vedi nota

Siciliani

Don Corleone

La Mafia

Il cannolo siciliano

Slovacchi

Dubchek

Il Malto per fare la birra irlandese

Vedi nota

Spagnoli

Il Real  Madrid

Don Quijote de la Mancha

La paella

Svedesi

Le Svedesi

La Dinamite

Lo Smorebord

Svizzeri

Eulero

L’Orologio a cuccù

La cioccolata svizzera

Tedeschi

(purtroppo) Adolf Hitler

La Fisica Atomica

La salsiccia

Turchi

Kamal Ataturk

Il colore turchino

Il Rahat-lokum

Ungheresi

Listsz Ferenc

La penna Biro/ilcubo di Rubik

La Paprika

Yugoslavi

Iosip Broz (Tito)

I Partigiani

Le palacinke

Zingari

Meglio non fidarsi

La Musica Zigana

Meglio non fidarsi

 

Nota: Si accettano suggerimenti.

 

 

 

 

4. Gli Underesi

 

I popoli europei attuali sono nati, salvo poche eccezioni, circa quindici secoli fa, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Una parte di essi sono sorti dalla frammentazione dello stesso, gli altri dall’immigrazione nel continente di popoli precedentemente residenti in Asia. In alcuni casi, come i Francesi, questi sono risultati dalla fusione delle popolazioni preesistenti con quelle immigrate. A distanza di molti secoli, ancora oggi, possiamo vedere l’origine dei vari popoli grazie al differente ceppo linguistico: quelli parlanti le lingue Neolatine (Portoghese, Spagnolo, Francese, Italiano e Rumeno, nonché vari dialetti, come il Ladino del Canton Grigioni) e quelli parlanti le lingue del ceppo Germanico (Tedesco, Inglese, Olandese, Danese-Norvegese e Svedese). In Europa esistono anche altri ceppi linguistici. Le lingue Slave, dell’Est europeo, sono probabilmente nate dalla fusione del Latino e soprattutto del Greco con le lingue dei popoli locali. Tutti e tre i grandi ceppi linguistici hanno, un’origine comune: quella Ariana, cioè Indiana. In Europa, però ci sono altri ceppi linguistici minori: la lingua Basca e quella Albanese,che fanno a sé, i dialetti Gaelici (Gallese e Scozzese), derivanti dalla lingua degli antichi Celti, il Turco (di origine Tartara) e soprattutto il ceppo Ugro-finno (Ungherese e Finlandese-Estone).

A parte i Greci e la maggior parte dei popoli slavi, che usano l’alfabeto Cirillico, i Popoli Europei usano per scrivere l’alfabeto latino, aggiungendo però, spesso e volentieri, accenti e segni vari, secondo le necessità fonetiche della propria lingua.

 

Quando a scuola ci insegnarono la Storia dell’Alto Medioevo, ci raccontarono delle Invasioni Barbariche che misero fine all’Impero Romano di Occidente, nominando i vari Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Longobardi e Franchi, entrando, qua e là in particolare sulle loro conquiste (mai a chiamarle tali, Diosanto, queste invasioni di Barbari!), ma ignorando il quadro generale: Le invasioni Barbariche furono, di fatto, una delle ennesime ondate di quel processo storico globale, chiamato La Migrazione dei Popoli. Allo stesso processo storico appartengono non meno l’Espansione Romana attorno al Mediterraneo e l’ondata che originò il colonialismo nel XIV secolo. L’ondata di migrazione dei popoli centro-asiatici in direzione ovest durò di fatto circa cinque secoli, col sistema del domino: un popolo più forte ne spinse un altro più debole, che a sua volta ne spinse un terzo, e così via...

I popoli Germanici, residenti nella Mittel-Europa, furono spinti ad occidente da quelli poi chiamati Slavi delle steppe russe, i quali a sua volta erano spinti dai Tartari, meglio conosciuti col nome di Unni (quelli che facevano la guerra agli Alltri). Un paio di popoli Germanici, più fifone degli altri, scappò molto lontano dal luogo di origine: i Longobardi arrivarono in... Longobardia, mente certi Vandali se la filarono addirittura in Vandalusia ed altri nuotarono fino in Tunisia!

 

Gli Unni, invece, quelli che spaventavano tutti, arrivati finalmente in Europa, decisero che questo continente non era di loro gradimento e, dopo essere stati rintuzzati dal famoso Ezio, si ritirarono ad Est e sparirono dalla scena, forse decimati da qualche malattia, forse dando origine, molto più tardi, ai Talibani dell’Afghanistan. Scherzi a parte, la ritirata degli Unni dalla zona nord delle penisola balcanica, avvenuta attorno al VI-VII secolo D.C., lasciò un certo vuoto. Mentre i Franchi si stabilivano in Gallia, ributtando i Gallesi, a gomitate, otre la Manica, i vari -Goti si fondevano con i Fratelli (Germani) ed i Longobardi (=Barboni, dall’Inglese: Long Beard) diventavano Milanesi, i vari Russi imparavano a scrivere il Greco dal Monaco Cirillo. Tutti, insomma, diventarono più o meno sedentari, dando origine, con lo scorrere dei secoli, ai popoli dell’Europa moderna.

 

A quei tempi la maggiore forza politica dei Balcani era rappresentata dall’Impero Bizantino, in perenne decadenza, pressato soprattutto dal sud dai Turchi. La sua superiore tecnologia (il famoso fuoco greco) permise a Costantinopoli di reggere ancora per quasi mille anni, ma il cosiddetto Impero d’Oriente era di fatto composto da un mosaico di popoli parecchio differenti tra di loro, che si guardavano e si sono guardati in cagnesco praticamente fino al giorno d’oggi. I Balcani, si sa, sono sempre stata la regione più controversa e contestata d’Europa.

 

A questo contesto Storico-geografico parecchio confusionario, si aggiunge, attorno la IX secolo un ulteriore popolo, molto diverso da tutti gli altri: i Madiari.

 

I Madiari erano originari della Siberia occidale (laddove scorre il fiume Ob), a ridosso degli Urali, ma dalla parte... di là. In quelle zone, si sa, fa piuttosto freddino, cosicché i Madiari decisero di passare gli Urali e di trasferirsi in Europa. Si divisero, così, in due gruppi: i Madiari Calorosi, quelli settentrionali, presero la dritta ed arrivarono in Finlandia, dove inventarono la sauna ed i Madiari Freddolosi, i terroni, che cercarono fortuna in direzione del sole a mezzogiorno. Sbagliarono la mira, prendendo l’azimut verso Sud-Ovest e, passata la steppa russa e valicati i Carpati, si insediarono finalmente in una bella zona pianeggiante, solcata proprio nel mezzo, da nord a sud, da un grande fiume, ai loro tempi ancora Blù. Credevano di essere arrivati in un oasi sulle sponde del Mediterraneo? Forse. Tanto è vero che chiamarono Duna quel corso d’acqua, che ricordava loro l’Ob degli antenati ed il Volga, passato strada facendo.

 

I Madiari si sparpagliarono così in quella splendida pianura circondata dai Carpati, dalle Alpi Transilvaniche, da quelle Dinariche e dalle ultime propagini delle Alpi... e basta, proprio quella lasciata mezza vuota quattro secoli prima dagli Unni in ritirata.

I Madiari parlavano una lingua tutta loro, con tutte le parole accentate sulla prima sillaba, una lingua che ‘suonava’ così stonata alle orecchie  dei popoli limitrofi, che questi preferirono allontanarsi da quel popolo così “cacofonico”, lasciando la piazza libera (gli unici che, possedendo anche loro una lingua “cacofonica”, non rinunciarono a contendere la pianura della Duna ai Madiari, furono, più in là nella Storia, i Turchi).

Questi Madiari, insomma, erano considerati un popolo “Diverso” sia dagli Slavi, sia dai Germanici, sia dai Neolatini, e non fa specie che la loro Storia sia stata piena di “diversità”, anzi di avversità.

 

Ma cominciamo dall’inizio: il fondatore della casa regnante si chiamava Àrpad. Curioso notare come in Ebraico la parola arpàd (naturalmente con l’accento sulla seconda a) significhi vampiro. L’associazione di idee con il Conte Dracula è di prammatica, specie se si considera che la Transilvania (ora parte della Romania) ha fatto parte per molti secoli del regno dei Madiari, anche se in effetti il famoso Conte Vlad fu un personaggio storico, vissuto in Valachia (Romania). Il soprannome deriva dal Rumeno Dracul (Demonio), datogli dai... Turchi.

 

Alla fine del X secolo i Madiari, secondo il sistema in uso allora, diventano finalmente un popolo sedentario, convertendosi al Cristianesimo e cominciando ad usare l’alfabeto latino. E qui cominciarono le disgrazie. A partire da quel momento, qualcosa cominciò ad andare storto. I suoni della lingua dei Madiari non si accordarono nemmeno con l’alfabeto latino, soprattutto quella “d”, che non era il suono della ‘nosta’ d. Così i nostri Underesi la trascrissero ‘gy’. Insomma, se non l’avevate capito finora, Magyar, in Ungherese, significa Ungheria, ma si pronuncia ‘Madiar’: il paese dei Madiari.

 

Nel corso del X secolo, i Madiari avevano, tra l’altro, rintuzzato il tentativo dei popoli germanici di insediarsi nella pianura del Danubio, facendo un grosso favore alla Chiesa, cosicché il Papa Silvestro II, nellanno 1000 mandò una corona al giovane re Vajk, della famiglia degli Árpád, che dopo essere stato battezzato con il nome di Stefano (in Ungherese István) durante la sua infanzia, era succeduto sul trono nel 997 a suo padre Géza. Secondo la leggenda, la Sacra Corona arrivò in Ungheria con la croce ‘sulle ventitré’, quasi a significare che il Papa mandava al re Santo Stefano (Stefano in Greco significa, appunto, corona) la benedizione Apostolica ed anche… l’avvertimento profetico che per i Madiari, qualcosa nella Storia sarebbe adato sempre… di traverso. La leggenda è inventata di sana pianta, perché la croce in cima alla corona è di fattura posteriore, ma i Madiari hanno sempre avuto buone ragioni per prendere la leggenda sul serio, tanto è vero che la Sacra Corona (trasferita alcuni anni fa in una teca, nel palazzo del Parlamento a Budapest) è da allora il Simbolo dell’Underia.

 

 

Il resto della Storia dei Madiari lo potete trovare sui libri.

 

Il contributo dei Madiari alla Cultura Europea (Goulash e Paprika a parte): La penna Biro (dal nome dell’inventore) e, ultimamente, il Cubo di Rubik.

 

Ah, quasi mi dimenticavo… tra le altre stranezze della lingua, gli Ungheresi scrivono sempre il cognome prima del nome proprio… proprio così: il loro maggiore calciatore si chiama PUSKAS FERENC (pronuncia tuttinsieme, con l’unico accento sulla U: Pùsc-kasc-ferentz !

 

 

 

 

 

5. La Svizzera, l’è una Nazion!

 

Il Paradiso è quel Paese dove i poliziotti sono Inglesi, i cuochi Francesi, i meccanici Tedeschi, gli amanti Italiani, ed è tutto organizzato dagli Svizzeri.

(l’Inferno, invece, è quel Paese dove i cuochi sono Inglesi, i meccanici Francesi, i poliziotti Tedeschi, gli amanti Svizzeri, ed è tutto organizzato dagli Italiani!).

 

Quando ero ancora bambino mio padre suoleva canticchiarmi una filastrocca:

 

ripetere 5 volte:

 “Su quel sasso c’era scritto, c’era scritto su quel sasso...

poi ripetere 5 volte:

La Svizzera, la Svizzera, la Svizzera, la Svizzera...

E finire con:

La Svizzera, la Svizzera, la Svizzera... l’è una Nazion!”

 

All’eta di tredici anni, durante un campeggio estivo sulle Dolomiti, andai all’Estero per la prima volta in vita mia. Il campeggio organizzò una gita a S.Moriz. Da giovane adolescente mi rimasero impresse due cose: le strisce pedonali erano dipinte di giallo, invece che di bianco, e le strade erano... troppo pulite.

 

Da allora sono stato in Svizzera varie volte, ed ho incominciato a capire che gli Svizzeri non esistono. Una metà di essi sono e si comportano da Tedeschi, un terzo da Francesi e nel Canton Ticino sono Italiani Purosangue. Eppure... la Svizzera l’è una Nazion. Come e perché?

 

Alcuni anni fa ho avuto la risposta a questo irrilevante quesito:

 

Ero nuovamente in gita estiva in quel favoloso paradiso europeo. Da buon Italiano affittai per un paio di giorni una Zimmer (camera in tedesco) da una gentile signora di estrazione francese. Più che di una camera, la mia Zimmer era un vero e propri chalèt (francese) prefrabbicato, tutto di legno di pino, completamente arredato, con coperte, stoviglie e televisore compresi.

La sera mi dedicai allo ‘zapping’. Ovviamente c’erano tre canali: quello Tedesco, quello Francese e quello Italiano. Davano il Telegiornale locale. Non alla stessa ora. Gli Svizzeri sono organizzati: dopo un quarto d’ora di notiziario sul canale tedesco, le stesse immagini apparvero su quello francese ed, alla fine di questo, su quello Italiano. Il telegiornale stava trasmettendo delle notizie locali, punto interessanti: un dibattito del Parlamento Confederativo di Berna. Cenando, ascoltai annoiato. Era in atto la perora di un cantone, che protestava contro un altro. Pare che il cantone perorante avesse richiesto di far deviare un ruscello, che nasceva nel cantone limitrofo, al fine di irrigare una valle, ma che il cantone vicino si era rifiutato. La perora era basata sulla logica che l’acqua (e non che mancasse acqua in Svizzera!) era un ‘Bene Comune’, e veniva richiesto al Parlamento di imporre al cantone vicino la deviazione idrica necessaria all’agricoltura.

 

Il dibattito parlamentare non stava discutendo, però, la questione del ‘Bene Comune’, cosa peraltro ovvia, ma piuttosto se il Parlamento avesse l’Autorità di discutere la questione in se stessa. In parole povere, se la questione del ‘Bene comune’ fosse o meno di sua competenza.

Il risultato del dibattito fu esattamente il contrario di quello che ci si sarebbe potuto aspettare. Il parlamento Confederativo stabilì che l’argomento NON era di sua competenza. In parole povere: se un cantone si rifiutava di dare l’acqua al cantone limitrofo, la Svizzera non aveva l’autorità di immischiarsi. Se i due cantoni si mettevano d’accordo tra di loro, bene. Sennò, il cantone perorante si poteva attaccare al Tram. Ognuno aveva il diritto di fare della SUA acqua quello che gli pareva e piaceva. Se gli piaceva di regalarla ad un altro, bene. Sennò, il Parlamento faceva da Pilato.

 

Guardando quel Telegiornale ebbi finalmente la Rivelazione.

Gli Svizzeri sono Svizzeri, perché hanno imparato a limitare al massimo le imposizioni maggioritarie sulla minoranza. La Svizzera, come Nazione, non esiste. Quello che esiste sono i 22 Cantoni, oguno nel suo... cantone. I cantoni sono legati da un buon vicinato, ma godono di autonomia assoluta. Lo Stato non si sogna di immischiarsi nelle loro faccende private.

 

Eppure... la Svizzera l’è una Nazion!

 

Nossignori! La Svizzera non è una nazione, è una CONFEDERAZIONE, cioè l’associazione di piccoli Cantoni che, di loro volontà, hanno deciso di rimanere associati in un’entità statale che li comprende tutti. Il giorno che un Cantone decidesse di staccarsi dalla Confedereazione, per diventare indipendente, o per unirsi alla Germania, alla Francia o all’Italia, non c’è niente che lo possa impedire. La Svizzera non ha la minima autorità per impedirglielo, e tanto meno quella di mandare le Guardie Svizzere per farlo.

 

Naturalmente gli Svizzeri stano benissimo... in Svizzera, e non hanno nessuna intenzione a separarsene. A livello di Stato vige la stessa logica: come i cantoni mantengono accanitamente la loro autonomia, così la Svizzera mantiene la sua indipendenza grazie al fatto che ostentatamente non si immischia nelle ‘beghe’ degli Stati limitrofi. I Tedeschi della Germania, i Francesi della Francia e gli Italiani dell’Italia si sono presi a botte parecchie volte, ma i montanari Elvetici, sono rimasti sempre fuori dalle guerre. Con tutta la simpatia per le relative popolazioni consanguinee, i Tedeschi/Francesi/Italiani Svizzeri si sono sempre ritirati nel proprio... cantone.

Per evitare di essere coinvolti, gli Svizzeri hanno dichiarato la Neutralità Perpetua, cioè il principio di restare al di fuori dalle beghe tra le nazioni (innanzi tutto quelle limitrofe, poi in generale). Gli Svizzeri sono amici di tutti e... di nessuno. Il messaggio è molto chiaro: “Avete tutti ragione e tutti torto... non rompeteci i coglioni, a noi interessa solo la cioccolata!. Se vi va bene... Bene!, se non vi va bene... non veniteci a cercare... CUCCU’ !!!”

 

Molti si sono chiesti perché, durante la Seconda Guerra Mondiale, Hitler non abbia invaso la Svizzera Tedesca. C’è chi sostiene ad una questione di interessi, ma forse anche quel dittatore sapeva che gli Svizzeri è meglio lasciarli stare. Da tempo dei Lanzichenecchi quei montanari sono stati i migliori soldati d’Europa. Ogni paesino arrancato in cima ad una valle sarebbe diventato una roccaforte inespugnabile per i Panzer. E perché, poi cercare di conquistare un cantuccio di Germania che sta lì, senza dare fastidio a nessuno?

Non fate la guerra agli Svizzeri, I TELL YOU,

L’ ORSO (in Tedesco: BERN) è un animale simpaticissimo, ma attenti a non pestargli i calli!!!

 

E, per finire una domanda:

Cosa fanno due paia di Cori Yodl, formati da un centinaio di Svizzeri a testa?

 

Risposta: Quattro Cantoni !

 

 

 6. Cro-Magnon Rh negativi  (capitolo incompleto)

 

“Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt ... Aquitani ... Hi omnes lingua, institutis, legibus inter se differunt. Gallos ab Aquitanis Garumna flume … dividit … … Aquitania a Garumna flumine ad Pyrenaeos montes et eam partem Oceani quae est ad Hispaniam pertinet; spectat inter occasum solis et septentriones…”

 

Nella sua meticolosa descrizione all’inizio del De Bello Gallico, Giulio Cesare cita gli Aquitani, un popolo residente quella zona dell’odierna Francia sud occidentale, compresa tra la Garonna, i Pirenei e la costa dell’Oceano Atlantico, a nord-ovest. Gli Aquitani, ce lo dice il Nostro, erano un popolo, con leggi e costumi differenti da quelli dei Celti e parlavano una lingua differente dagli stessi, una lingua che non era certamente nemmeno del ceppo germanico, come quella parlata dai Belgi, citati nello stesso passo.

 

La Garonna scorre in direzione sud-nord, nascendo dai Pirenei e gettandosi in mare nel grande estuario della Gironda, insieme alla Dordogna. Quest’ultimo fiume proviene da est, passando per l’omonima regione francese, rinomata non solo per il vino e per le cavità nasali di Cirano di Bergerac, ma anche per le famose cave. In quella di Cro-Magnon, vicino a Les Eyzies-De-Tayac, furono scoperti nel 1868 i resti di un uomo preistorico.

Questo Dordognano del Paleolitico Superiore è proprio il nostro diretto antenato, appartenendo, come noi alla specie Homo sapiens sapiens. Nella nomenclatura scientifica si usa dividere gli animali in classi, ordini, famiglie e specie. Noi facciamo parte della classe Mammiferi, ordine Primati, famiglia Homo (scritto con la maiuscola), specie sapiens (questo scritto con la minuscola). In Europa sono stati trovati anche i reperti di una sottospecie, ora estinta, l’Homo sapiens neanderthalensis, di fattezze distinte dal nostro diretto antenato, quello col sapiens ripetuto due volte, ad indicare che la sua (e nostra) sottospecie è quella avente le principali caratteristiche dell’Homo sapiens.

L’Uomo di Neardenthal, benché sapiens pure lui, a quanto pare era meno evoluto dell’Uomo di Cro-Magnon e, a differenza di questi, non sapeva parlare. Le due sottospecie convissero in Europa ed in Medio Oriente per diverse decine di migliaia di anni, fino a che il più evoluto Cro-Magnon decretò, probabilmente in forma cruenta, l’estinzione del Neanderthal.

Si pensa che i lontani progenitori della specie Homo siano arrivati dall’Africa, ma non sappiamo né dove, né quando si sia originato l’Homo sapiens sapiens, che oggi popola tutto il mondo. Potrebbe essere originario parimenti dell’Africa, o dell’Asia, oppure dell’Europa. In America ci è arrivato certamente più tardi, passando all’asciutto lo stretto di Bering. Sarebbe proprio interessante scoprire se esiste da qualche parte del mondo una razza ‘pura’, discendente direttamente dal nostro antenato di Cro-Magnon...

 

La ricerca della ‘Razza Pura’ è un argomento delicato: purtroppo ne è stato fatto più volte, anche nel vicino passato, un uso ignominioso, associando ingiustamente all’aggettivo ‘Puro’ quello ‘Superiore’, ignorando quello che ci insegna la Teoria dell’Evoluzione di Darwin, cioè che proprio nelle popolazioni ‘pure’ i ripetuti accoppiamenti in seno alle stesse causano l’amplificazione della frequenza dei ‘geni cattivi’, cioè di certe malattie. Dal punto di vista strettamente genetico, semmai, sono proprio le popolazioni ‘impure’, con il loro alto polimorfismo, quelle che sopravvivono meglio la Selezione Naturale.

 

Ma lasciamo da parte le disquisizioni di Genetica e torniamo a visitare quella landa di terra, che si estende tra la Francia sud-occidentale e la Spagna nord-orientale. Il Paese ha diversi nomi: Biscaglia, Guascogna, Pays Vasco e, nella lingua dei residenti, Euskal Herria: la Basca Terra.

 

 

 

 

 

 

[i passi seguenti sono ancora da ordinare]

 

Cesare non ci parla molto di questi Aquitani, ma al tempo di Augusto essi dettero parechio filo da torcere ai Romani, che furono costretti più volte a sedare le loro sommosse,con esito incerto.

 

La Spagna era - come sappiamo- divisa in due province, la Citeriore e l'Ulteriore, ma la parte nord-est della penisola iberica era pressoché indipendente e le sue fierissime popolazioni, Cantabri, Asturi, e Vaccei,

Rabanus Maurus's De rerum naturis, also known as De universo, is an encyclopedic compilation which he assembled between 842 and 846.

 Vacca oppidum fuit iuxta Pirineum a quo sunt cognominati Vaccei. De quibus creditur dixisse poeta, Lateque Vagantes Vaccei, hi Pirinei iugis per amplam montis habitant solitudinem, idem et Vascones quasi Vaccones, c in s litteram demutata, quos Gneus Pompeius e domita Hispania ad triumphum uenire #129b# festinans de Pirinei iugis deposuit et in unum oppidum congregauit, unde et conuenarum urbs nomen accepit

 

 

Di grande rilevanza per la storia delle terre basche è l'anno 778 durante il quale le truppe dell'imperatore Carlo Magno, di ritorno dall'attacco sferrato contro i musulmani a Saragozza, distrussero le mura della città di Pamplona; ciò provocò una prima grande esperienza di coesione fra i Vascones, ossia l'unione di tutti i baschi per punire il potente esercito aggressore. A Roncisvalle venne sbaragliata la retroguardia dell'esercito dell'imperatore e venne ucciso Rolando, suo paladino. La storia del Paese Basco inizia quindi con una sollevazione popolare contro un'aggressione, con una gigantesca azione antirepressiva. "La Chanson de Roland" attribuisce falsamente ai musulmani l'attacco di Roncisvalle, anticipando così altri due strafalcioni della successiva storia ufficiale: quello secondo cui il paese Basco non esiste e quello per cui i fatti storici saranno stravolti completamente dagli invasori di turno. Il regno di Pamplona si forma agli inizi del IX secolo ed assume la denominazione di Regno di Pamplona e Najera alla fine del X secolo, per trasformarsi più tardi nel Regno di Navarra che manterrà la sua assoluta indipendenza fino agli inizi del XVI secolo.

 

Allo scoppio della guerra civile il governo autonomo basco, guidato da Josè Antonio Agirre appoggia la legalità repubblicana contro l'esercito spagnolo e la borghesia che volevano rovesciarla), così come fa anche la stragrande maggioranza della popolazione basca. Le motivazioni della scelta di campo sono differenti, ma convergenti: chi si schiera con la Repubblica per difendere la causa nazionale, chi per difendere la causa della classe lavoratrice, che per difendere le libertà repubblicane. Il popolo basco scende quindi in armi contro l'esercito spagnolo, formando battaglioni propri. Tristemente noto è quanto accadde nel 1937: resistendo come baluardo insuperabile la Bizkaia, difesa strenuamente dai battaglioni repubblicani baschi, maturò in seno alle forze strategiche franchiste la decisione di chiedere ai tedeschi della legione Condor di bombardare la città di Durango e Gernika, provocando il primo triste episodio di bombardamento aereo di centri cittadini. La guerra civile termina nel sud basco mestamente ne l 1937 con la caduta di Bilbao.

 

Guernica è la città simbolo dell’indipendenza dei baschi, il centro della loro tradizione culturale. Nell’aprile 1937 i paesi baschi si trovano al centro di un’offensiva franchista, ma la cittadina è in posizione assai arretrata rispetto alla linea del fronte. Quella che si compie lunedì 26 aprile 1937 non è un’operazione bellica ma una premeditata azione di sterminio nei confronti dei civili inermi: gli unici possibili obiettivi militari della zona non sono toccati. A compiere l’incursione sono i bombardieri e i caccia della legione "Condor" tedesca; i franchisti sostengono che ciò è avvenuto a loro insaputa, ma questo appare poco credibile, poiché tutte le forze nazionaliste rispondono agli ordini di Franco. L’incursione aerea inizia alle 16.35 e continua per oltre tre ore. Dopo i primi lanci di bombe, i caccia mitragliano a volo radente la popolazione, che fugge atterrita: le bombe dirompenti e incendiarie completano la distruzione degli edifici. Le vittime superano il migliaio, nella città restano solo macerie. Nelle campagne circostanti gli aerei fanno terra bruciata per un raggio di otto chilometri.