20.000
Watt sotto i mari
Ci
sono varie forme d'energia:
potenziale, cinetica, radiante,
atomica e il calore,
tuttavia
per l'Uomo, la
più comoda tra tante
è certamente
l'Elettricità.
Nulla
potrebbe oggi funzionare,
industrie, treni, luci
di città,
se non ci fosse
dato di pigiare
a
cuor leggero quell'interruttore.
Una
semplice azione manuale
che, accendendo
la luce od un motore,
oggi ci sembra
tanto naturale.
Accendiamo
la luce a cuor leggero,
dimenticando
spesso ch'è l'azione
l'ultimo passo
di un processo intero
dai tecnici chiamato Conversione
dell'Energia: vuoi
termica (il calore
ottenuto bruciando la
benzina
ci fa bollire
l'acqua, ed il vapore
fa girare a sua
volta una turbina),
vuoi potenziale
(l'acqua di un laghetto
cade in basso,
sfruttando un dislivello,
e, cadendo
veloce, fa l'effetto
di girare con
forza il mulinello).
L'asse
della turbina è collegato
a una dinamo,
in pratica a un motore
elettrico (di rame
inviluppato).
La
dinamo, girando con fervore,
converte il movimento
rotatorio,
appunto, proprio in
elettricità
che, portata dai
fili – è ben notorio –
arriva a illuminare
le città.
Mettiamo
i due sistemi fianco a fianco,
il termo- e
l'idro-elettrico, ed invero
è fuori dubbio
che il Carbone Bianco
è più pulito
del carbone nero:
innanzi
tutto (fatto importante),
a
differenza degli idrocarburi,
il sistema è
assai meno inquinante
(di
questo, almeno, siamo già sicuri).
Inoltre
basta poco: è sufficiente
un corso d'acqua
nato da una fonte
che, diventato un
rapido torrente,
scende veloce a
valle giù dal monte.
Il
resto è chiaro (non ci fa una riga):
l'enorme energia
potenziale
vien trattenuta
tramite una diga.
Convogliando
poi l'acqua alla centrale
con condotte
forzate, il grande impatto
fa girar le
turbine senza sosta,
l'energia è
convertita, e il gioco è fatto.
Di
qui il torrente (data la batosta
che in fondo a
lui non è costata niente)
continuerà il suo corso
regolare
con molti pochi
danni per l'ambiente
gettando l'acqua a
fiume e poi nel mare.
Considerando
questa situazione
non sorprende
che, chi può farlo, spesso
opti proprio per
questa conversione,
anche
se è ben tener presente adesso
di andarci
cauti, quando noi fermiamo
quell'acqua che
precipita dai mont:
purtroppo ancora tutti
ricordiamo
il tragico
disastro del Vajont.
Fermare
l'acqua con gran dighe e muri
non è un'azione
proprio naturale,
e non possiamo
essere sicuri
che qualche volta
non finisca male
e quindi, per
raggiungere il buon fine,
non guasterebbe
certo una trovata,
come questa: di
metter le turbine
direttamente
dentro una cascata.
La
cosa non è facile di certo,
ma si potrebbe
fare, in fede mia,
inoltre, ci dirà più
d'un esperto:
"Più
grande la cascata – più energia".
E
qual è la più grande, tra le tante?
quella
ch'è più difficile trovare,
perché non è segnata
sull'atlante,
e sai perché? È
cascata… in fondo al mare!
Questa
cascata di mia conoscenza
è situata in
una fredda landa,
sospesa un po' tra
Storia e Fantascienza,
tra Groenlandia e
l'isola d'Islanda.
I
primi ad arrivarci, in fede mia,
furon Danesi,
giunti allora in barca,
che in onor della terra natia
chiamarono lo stretto
"Danimarca".
Per
una cosa sola forse vale
di menzionare
ancora quello stretto:
per la famosa
battaglia navale,
che, a
ripensarci, ci fa ancora effetto.
La
corazzata Bismarck affondò
nel quarantuno, a
maggio, in quelle acque,
l'incrociatore
Hood, che a picco andò,
saltando in aria. E
poi lo stretto tacque.
Facciamo
adesso un tuffo in quegli abissi
e scopriamo una
cosa inaspettata:
proprio là sotto,
infatti, come dissi,
si nasconde la
nostra Gran Cascata.
Se
ci tuffiamo, infatti, sotto l'onde
delle acque di
quella fredda landa,
scopriamo che là sotto
si nasconde
una gran diga,
tra Groenlandia e Islanda:
una catena di
montagne unisce
le due terre, e
separa, laggiù in fondo
l'Atlantico
dall'Artico, e impedisce
che dall'Artico,
ch'è meno profondo,
dalla cima dei
monti cada in basso
l'acqua più
densa, in quanto più gelata.
Ma
tra i monti, si sa, c'è sempre un passo,
e proprio là troviam la Gran Cascata.
La
cateratta piomba giù dall'alto
tre kilometri
buoni, ovverosia
tre volte più
dell'Angel, ch'è il Salto
più alto in
terraferma che ci sia.
La
sua portata d'acqua, cari miei:
tre kilometri
cubici al secondo
(ma c'è chi dice addirittura sei).
Pensate
quanta acqua cade in fondo:
son venti-trenta
volte o forse più
il Rio dell'Amazzonica
foresta.
Insomma,
al suo confronto, l'Iguassù
diventa cascatella
assai modesta.
Ora,
pensate quanta energia
si potrebbe
ottenere facilmente,
usando solo la
tecnologia
di cui siamo
padroni al presente.
Quello
che oggi è certo un'utopia,
domani forse diverrà
realtà:
basta un pizzico di
tecnologia
e il mare ci
darà elettricità.
Basterebbe
soltanto "seminare"
il
"fondovalle" con turbine apposta,
che poi
continuerebbero a girare
per
anni ed anni ed… anni, senza sosta.
Da
lì, non è poi cosa complicata
far arrivare con
cavi in terraferma
quell'elettricità,
così creata.
Ma quando dico
"cavi in terraferma"
mi
riferisco a Groenlandia e Islanda…
e voi direte
certo, giustamente,
che ai residenti
della fredda landa
il Bengodi gli serve
poco o niente,
almeno fino a che
decideranno
d'illuminare a
giorno quei ghiacciai
nei mesi tra
settembre e Capodanno,
cosa che certo non
faranno mai.
Insomma,
e qui concludo questo tema,
potremmo usare
l'energia del mare
in movimento,
poi però il problema
ci resta, di
doverla trasportare
dove questa ci
occorre veramente,
dove c'è gente che
ce n'ha bisogno…
Comunque,
non prendete seriamente
tutta 'sta storia,
che per ora è un sogno…
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